Il legame tra la Reggiana e il suo territorio non si sublima solo su quel magnifico rettangolo verde in cui talento, senso di appartenenza ed amore per i colori sociali si esprime al massimo livello.
Quella ‘comunione di amorosi sensi’ sportivi affonda le sue radici anche nella tradizione e soprattutto, negli uomini che hanno vestito la maglia granata, la cui memoria resta indelebile nella memoria di sportivi ed appassionati. Anche a distanza di anni.
Chi era ‘Paolino’
Una memoria che si tramanda di padre in figlio, proprio come quella di Paolo Perugi – per tutti ‘Paolino’ - i cui figli, Leonardo e Simone, portano avanti. Il legame del primo alla Reggiana, è ancor più speciale, perché lavora alla Pro Loco di Toano, proprio dove i granata stanno trascorrendo il ritiro e oggi (link) scenderanno in campo per la prima partita ufficiale.
Paolo Perugi è stato un centrocampista di grande talento e forza fisica. Toscano di Montale, in provincia di Pistoia, ha vestito il granata per un totale di tre anni, in due distinte occasioni: dal 1986 all’88 (con un totale di 37 gare disputate e 5 gol) e nell’89-90 (20 gare giocate e 0 gol), ma con esperienze importanti alla Fiorentina, all’Alessandria, alla Torres e al Monza. Purtroppo, una grave malattia alle ossa, se l’è portato via troppo presto, a soli 44 anni.
Parla Leonardo
Leonardo Perugi, che ricordo ha di suo papà?
“Bellissimo. Anche se l’ho conosciuto poco, perché papà è morto che avevo soli 9 anni, conservo comunque delle memorie indelebili di lui. Mi ricordo ancora di quando allenava la squadra locale di Montale, e al sabato mattina lo accompagnavo all’allenamento. Era un appuntamento fisso. Anche durante il periodo della malattia, non ha mai fatto mancare la sua presenza”.
C’è un episodio in particolare che vuole raccontarci?
“Sì, c’è. Me l’ha raccontato mio zio, perché io non lo ricordavo. Da bambino avevo la fissa di Padre Pio, volevo assolutamente andare in visita alla basilica di San Giovanni Rotondo, così mio papà se lo prese a cuore. Da lì a qualche mese sarebbe venuto a mancare, ed era già consapevole che purtroppo non c’era più nulla da fare. Nonostante questo, andò a parlare con mio zio Marco: ‘E’ l’ultima volta che posso accontentare mio figlio’, gli disse. Lui era perplesso, perché mio papà faceva quasi fatica a camminare; ma lui volle a tutti i costi mantenere questa promessa. La dimostrazione che nonostante tutte le difficoltà, per me e mio fratello ha voluto esserci fino alla fine”.
E’ appassionato di calcio?
“In verità no. Quella parte lì l’ha presa tutta mio fratello Simone (che gioca il torneo della Montagna con la Cerredolese, come ‘figlio di nato’, ndr). Io non ho mai avuto un gran interesse per il pallone, ma ho ben chiaro questo legame speciale che si è creato fra mio papà, la città di Reggio e soprattutto la tifoseria della Reggiana”.
Infatti, il ricordo di suo padre in maglia granata resta vivido e intenso anche al giorno d’oggi tra tanti tifosi dell’epoca e di oggi. E’ così?
“Assolutamente. La verità è che ovunque trovo tantissimi tifosi ed appassionati che si ricordano di mio papà in maglia granata. Me lo raccontano quei tifosi che l’anno scorso e quest’anno ho ritrovato a Toano per il ritiro della squadra. Vuole un esempio?”
Certamente...
“L’anno scorso conobbi in ritiro il titolare del forno dove andava sempre mio papà a mangiare la torta di riso che facevano. Lui andava matto per quella. Fu proprio il titolare a fermarmi e a raccontarmi del babbo. A me fa piacere, perché mantiene vivo il ricordo di mio papà, fuori e dentro di me. Per altro con Maurizio Neri e Gigi Apolloni, tutti e due ex compagni di squadra di mio papà a quell’epoca, i contatti sono sempre stati assidui. Sono due persone meravigliose, e due veri amici di famiglia. Anche questo è un modo per rinforzare un legame con Reggio e tenere vivo il ricordo”.
Come ha fatto, da Montale ad arrivare a vivere e lavorare a Toano?
“Beh è un legame che c’è sempre stato. Mia mamma è di qui, ed i miei nonni erano i gestori del vecchio albergo Posta. Io ho un legame fortissimo con i miei nonni materni, ma, soprattutto, quando a 19 anni avevo terminato la scuola superiore, dopo la maturità, mi ero ripromesso di venire a Toano. E così ho fatto. E da lì non mi sono più staccato. Dal novembre del 2019 sono fisso qui, assieme a mia nonna materna che è tornata dopo aver trascorso degli anni vicina ai miei genitori. Mia mamma, invece, è rimasta a Montale”.
Infine, se è vero che del ‘doman non v’è certezza’, la sua prospettiva di vita è quella di rimanere a vivere a Toano?
“Io penso assolutamente di stabilizzarmi qui a Toano. Ho la fidanzata e qui sento che è veramente casa mia. Non penso minimamente ad andarmene”.