Che Appennino sarebbe senza il nostro dialetto. Più volte ne abbiamo scritto e questa volta, nel nostro piccolo, abbiamo voluto impegnarci a tema, con la produzione di video che rimarranno per sempre disponibili online.
Un progetto dal titolo “Benedetto dialetto” che abbiamo costruito assieme a due voci, tra le più conosciute a tema nella nostra montagna. Sono Elda Zannini, scrittrice e nostra collaboratrice, e Ugo Viappiani, esperto di dialetto e calligrafo, oltre che pittore e incisore. Entrambi castelnovesi accomunati dall’essersi spesi più e più volte per la nostra lingua madre.
“Abbiamo deciso di investire una piccola parte del nostro tempo e delle nostre risorse in questo progetto – spiegano Gabriele Arlotti e Maria Grazia Vasirani, presidente e vicepresidente della Novanta scs – perché riteniamo sia giusto prodigarsi per il territorio a partire da quanto ci accomuna, oltre alle montagne, alla storia, alle tradizioni: il dialetto appunto. Fa parte della nostra mission per altro ben definita dal nostro manifesto editoriale. Era ed è giusto farlo con chi, come già su Redacon ha fatto e continua a fare sapientemente Savino Rabotti, ne ha le doti per farlo: Elda e Ugo, che ringraziamo”.
Iniziamo così da oggi, a pubblicare su Redacon e Radionova una serie di video realizzati negli studi della nostra radio a Castelnovo ne’ Monti, con la regia di Fabio Bramini, Simone Tapognani e il montaggio del nostro responsabile Instagram Elia Biavardi. Oggetto le voci di Elda e Ugo voci intente a immortalare il dialetto. Lo faranno sulla base di un testo, alquanto conosciuto: “I sinch ragasett, I cinque bambini”, la gustosissima opera in dialetto con traduzione in italiano sulle favole raccolte dalla stessa Elda Zannini e che si usava raccontare ai più piccoli sino a una generazione fa.
Uno scrigno di cultura popolare.
Elda come mai ha deciso di scrivere questo libro, “I cinque bambini”?
Ho quattro nipoti che adoro adesso ormai sono grandi; quando erano piccoli ho iniziato a pensare che sarebbe stato bello lasciare loro dei racconti e, perchè no, quelli della mia infanzia. Ed è così che ho cominciato a scrivere la storia della mia famiglia: quel libro raccoglie le favole che ascoltavamo da mia mamma e mio padre e soprattutto da lui che le raccontava a puntate: noi aspettavamo la sera per infilarci nel suo lettore e ascoltarlo ma a un certo punto questo racconto terminava e fingeva di dormire, così noi la sera dopo tornavamo alla carica.
Un libro scritto sia in italiano che in dialetto…
Scritto in dialetto prima di tutto: un dialetto come lo parlo perché non c’è una scuola che ci insegna a parlare o scriverlo; forse non l’avrò scritto neanche bene ma accanto trovate la traduzione in italiano
Come è nata l’idea di registrare dei video?
Da un incontro che ho avuto con Gabriele Arlotti, presidente della Novanta che mi volle a collaborare a Redacon, e Maria Grazia Vasirani, appassionata di dialetto e responsabile di Radionova, cui ha partecipato anche la mia amica Dilva (lei è una vera scrittrice). Ho esposto a loro della mia idea di voler registrare queste storie perché i bambini soprattutto, ma tutti, potessero sentire la pronuncia del dialetto. Io sono convinta specialmente qui nella nostra montagna che il dialetto, anche chi parla in italiano dalla nascita, lo capisce. Ho lanciato questa idea ed è stata subito accolta. È anche un riconoscimento per Benedetto Valdesalici col quale, con Dilva, avevamo accarezzato questo sogno. Il progetto di Redacon e Radionova, infatti, si chiamerà Benedetto Dialetto.
Elda, quanto è importante secondo lei tramandare non solo il dialetto ma proprio le origini, il passato?
Moltissimo. Credo che le nostre generazioni abbiano sbagliato tanto, però abbiamo anche fatto tante cose molto importanti. I sacrifici che si facevano allora non si comprendono. Voi giovani proprio non li fate più: non sapete neanche cosa vuol dire andare a scuola sempre con lo stesso grembiule addosso o con lo stesso fiocco tutto stropicciato per cinque anni. Non capite cosa vuol dire anche restare senza farine in casa e non sapere come fare il pane o non aver soldi perché non c’era una moneta. Allora loro non c’erano soldi e quindi ci scambiava qualcosa, come le patate ad esempio. Noi in casa mia eravamo ricchi, per modo di dire, potevamo tenere una mucca, avevamo cinque o sei pecore e la capra che è quella che ci ha sempre sfamato.
E come nasce questo legame con Ugo?
Siamo amici da una vita e ho voluto che leggesse con me. Lui ha accettato volentieri.
Ugo, la abbiamo intervistata a tema più volte: cosa rappresenta per lei il dialetto?
E’ la mia lingua nativa, io sono nato in una famiglia dove si parlava solo il dialetto. Mio padre era analfabeta, mia madre ha fatto la terza elementare, l’italiano era una cosa semisconosciuta e quindi io ho sempre parlato solo in questa lingua. Vi racconto un episodio accaduto quando andavo a quella che all’epoca era chiamata ‘scuola commerciale’. Qui c’era l’idea che il dialetto andasse bandito; dovevamo parlare solo in italiano. C’era addirittura un professore che se sentiva parlare il dialetto puniva l’alunno mettendolo contro la parete. Ritengo sia importante non perdere questa tradizione e, quindi, bene venga questo progetto cui ho prestato la mia voce. Spero sia utile agli interessati, agli appassionati di tradizioni e, perché no, alle nuove generazioni.
Di seguito potrete trovare il collegamento i primi due video. Ogni lunedì pubblicheremo i successivi.
Bellissima iniziativa, un grande applauso!!!
Angela Pietranera
…ma che meraviglia… se le volete avrei le satire di Bernabei (dialetto Toanese) e Bonicelli (di Costabona) da provarvi a fare leggere….
Luca Fioroni
Ho personalmente un’alta considerazione del dialetto – unitamente alle nostre consuetudini e tradizioni, che hanno talora sfumature diverse passando dall’uno ad altro borgo o “campanile”, di cui il Belpaese è abbondantemente provvisto – vuoi perché un tale insieme ci ricorda genitori e nonni, e i loro tempi, e pure i nostri per quanti sono divenuti adesso meno giovani, vuoi anche perché lo vedo quale pregevole elemento di identità ed appartenenza, stati d’animo andati oggigiorno un po’ in disuso, se non malvisti o comunque poco graditi in nome del multiculturalismo (o di una interpretazione di quest’ultimo che a me, francamente, sembrerebbe essere piuttosto forzosa).
Posso naturalmente sbagliarmi, ma a me pare che la nostra società viva una sorta di incoerenza o contraddizione, se pensiamo che sul versante biologico si va comprensibilmente riscoprendo, e rincorrendo, la biodiversità, in campo animale e vegetale (talvolta forse in maniera un po’ troppo ideologica, ma questo è tutt’altra storia), il che si traduce non di rado nella attenzione verso il particolare, e la “nicchia”, mentre invece mal si accettano, o vi si attribuisce scarso valore, sentimenti come il senso di identità e l’attaccamento al proprio “campanile”, che a me sembrerebbero essere abbastanza simmetrici, rispetto alla biodiversità, nonché parenti prossimi del dialetto.
P.B.
Parlando ai bambini delle elementari (un intervento con le prime classi e un altro con seconde e terze) ho dovuto notare che ormai sono pochissimi a sentirne o sentirlo parlare il dialetto. In questi incontri ho cercato di puntare sul valore sociale del dialetto. Quel poco materiale che sono riuscito a raccogliere presenta una società basata su valori che oggi non vengono più sottolineati nella vita, come il rispetto reciproco e quello verso le persone più adulte; la sacralità della parola data; la tolleranza reciproca; il rispetto della natura (oggi usiamo parole greche o inglesi, allora era semplicemente Natura, e coinvolgeva l’aspetto materiale e anche quello spirituale). Negli incontri col pubblico o con gli scolari insisto su questo aspetto perché di solito il tempo è poco, sforzandomi di illustrare parte di quella che possiamo considerare “l’Enciclopedia del saper vivere”, cioè i proverbi in dialetto, nei diversi dialetti. Pur ammettendo che ci sono difficoltà a comunicare su questo tema, ammetto con soddisfazione che oggi c’è molto interesse per il dialetto (teatro, poesia, facebook, attività di studio e conservazione dei testi). Buon lavoro Elda e Ugo.
Savino Rabotti
Grazie Savino il tuo commento ci conforta Elda e Ugo
Elda Zannini