Quando Emily Dickinson morì, il 15 Maggio del 1886 ad Amherst, nel Massachusetts, dove era nata e vissuta, furono trovati quaranta ‘fascicoli’ di sue poesie. Questi fascicoli erano le belle copie dei suoi versi, copiati dalla stessa Dickinson, e, sempre da lei, cuciti insieme con ago e filo: in totale c’erano quasi 1800 testi. A dimostrazione del fatto che la diffidenza della Dickinson negli editori del periodo era ben fondata, il primo editore si affrettò a separare i fogli dei fascicoli, così amorevolmente preparati dalla poetessa, per poi pubblicarli con criteri tutti suoi, distruggendo, così, la possibilità di leggere la Dickinson come lei voleva essere letta, col contesto che lei stessa aveva scelto per ogni singola poesia. Nonostante gli amici la spronassero a pubblicare, solo undici poesie furono pubblicate durante la sua vita, ma senza il suo consenso e supervisione.
Dopo il 1980 si iniziò a ricomporre i fascicoli originali, a volte, addirittura, studiando il modo in cui l’ago era penetrato nella pagina. Dickinson non datò i testi e non diede alcun titolo, aggiungendo nel tempo varianti alle parole, rendendo così la produzione affascinante, di poesia sempre viva e mutabile, ma di ancor più difficile decifrazione. Nella sua apparente semplicità, Dickinson è spesso enigmatica, giocando coi significati nascosti delle parole: “I know nothing in the world that has as much power as a word. Sometimes I write one, and I look at it, until it begins to shine,” “Non conosco niente nel mondo che abbia tanto potere quanto una parola. A volte ne scrivo una, e la guardo, finché comincia a splendere”, disse. Anche l’impressione di una poetessa reclusa, che vive nella solitudine è inesatta, al contrario amava la conversazione, con la sua ristretta cerchia, come anche le sue numerose lettere confermano, e la vita: “To be alive is power; existence in itself; without a further function; omnipotence”, “ Essere vivi è potere; esistenza stessa, senza altro scopo; onnipotenza”, e ancora: “Dwell in possibility. Find ecstasy in life; the mere sense of living is joy enough”, “Abita nella possibilità. Trova estasi nella vita; il mero senso del vivere è sufficiente gioia”.
E anche in questa poesia:
I dwell in Possibility —
Abito nella Possibilità —
A fairer House than Prose —
Una Casa più bella della Prosa —
More numerous of Windows —
Con più Finestre —
Superior — for Doors —
Più Dotata — di Porte —
Of Chambers as the Cedars —
Di Camere come i Cedri —
Impregnable of eye —
Impenetrabile all’occhio —
And for an everlasting Roof
E come Tetto eterno —
The Gambrels of the Sky —
Le Falde del Cielo —
Questi versi dimostrano l’influenza che i poeti Metafisici inglesi del diciassettesimo secolo ebbero sulla poetessa: come i Metafisici, Dickinson usa immagini tradizionalmente estranee al linguaggio poetico, come in questo caso termini dell’edilizia. La casa della Possibilità, dove la poetessa abita, è come la Poesia stessa, più bella della prosa, con più finestre che aprono a diversi orizzonti di significato, con più porte e camere come i boschi, invisibile all’occhio comune, con un tetto eterno, le cui falde sono il cielo stesso. La Poesia, inoltre, e in modo estremamente appropriato visto che la parola viene dal greco ‘poiein’, fare, quindi creare, accomuna il suo atto di creazione con quello di dio:
It's easy to invent a Life—
E’ facile inventare una Vita —
God does it—every Day—
Dio lo fa — ogni Giorno
Creation—but the Gambol
la Creazione — niente più che la scommessa
Of His Authority——
Della sua Autorità —
It's easy to efface it—
E’ facile cancellarla —
The thrifty Deity
la Divinità parsimoniosa
Could scarce afford Eternity
Potrebbe a malapena concede l’Eternità
To Spontaneity—
alla Spontaneità —
The Perished Patterns murmur—
I Morti Modelli mormorano —
But His Perturbless Plan
Ma il suo Piano Imperturbabile
Proceed—inserting Here—a Sun—
Procede — inserendo Qui — un Sole —
There—leaving out a Man—
Là — escludendo un Uomo —
Il dio creatore è capriccioso, non rende eterna la spontaneità umana, nonostante le proteste di chi è stato eliminato, dà vita ad un sole, ma la toglie ad un uomo, gioca con la vita degli umani: ho scelto di tradurre ‘gambol’ con ‘scommessa’, che sarebbe 'gamble', anziché con ‘salto’, come vorrebbe il dizionario, perché la dizione di Dickinson è spesso ‘scorretta’, non convenzionale, a sottolineare l’individualità marcata di questa donna.
Altro elemento tipico della Dickinson è l'invenzione di neologismi come ‘perturbless’ e l'uso delle maiuscole e delle lineette, che sostituiscono la punteggiatura tradizionale. Come c’era da aspettarsi, i primi editori le eliminarono, sostituendole con i segni convenzionali e alterando così l’originale. Non ci si stupisce quindi che Dickinson fosse restia a farsi pubblicare, di conseguenza anche la relazione con la fama, la notorietà, è contrastata:
Fame is a bee.
La fama è un’ape.
It has a song—
Ha una canzone—
It has a sting—
Ha un pungiglione—
Ah, too, it has a wing.
Ah, ha anche un’ala.
La poesia gioca sulla somiglianza delle parole song e sting, canzone e pungiglione: la fama ci porta in alto con la sua musica e ci ferisce col suo pungiglione. Enigmaticamente, la poetessa ci dice poi che la fama ha anche un’ala, ma non ci dice dove quest’ala può portarci.
E ancora:
Fame is a fickle food
La fama è un cibo capriccioso
Upon a shifting plate
Su un piatto instabile
Whose table once a
Al cui tavolo
Guest but not
L’ospite è sistemato una volta ma non
The second time is set
Una seconda
Whose crumbs the crows inspect
Le cui briciole il corvo ispeziona
And with ironic caw
E con gracchiare ironico
Flap past it to the
Svolazza via verso il
Farmer’s corn
Mais del contadino
Men eat of it and die
Gli uomini lo mangiano e muoiono
In questa famosa poesia, nel cui primo verso l’allitterazione del suono f indica immediatamente il focus del testo, il furbo corvo non si lascia ingannare dalle briciole della fama, non sono buone da mangiare, meglio il granturco del contadino. Eppure gli uomini se ne nutrono e ne muoiono.
Il mistero di questa personalità complessa ed affascinante è rafforzato dalla sua abilità nel passare da versi quasi cinici, come quelli che abbiamo appena letto, ad altri dove la disperazione prende il sopravvento:
It was not Death, for I stood up,
Non era la Morte, perché ero in piedi,
And all the Dead, lie down
E tutti i Morti, sono sdraiati
It was not Night, for all the Bells
Non era la Notte, perché tutte le Campane
Put out their Tongues, for Noon.
Avevano le Lingue fuori, perché era Mezzogiorno.
It was not Frost, for on my Flesh
Non era il Gelo, perché sulla mia Carne
I felt Siroccos - crawl -
Sentivo lo Scirocco - strisciare -
Nor Fire - for just my marble feet
Neanche Fuoco - perché solo i miei piedi di marmo
Could keep a Chancel, cool -
Potevano tenere fresco un Presbiterio -
And yet, it tasted, like them all,
E tuttavia, avevano il sapore di tutti loro,
The Figures I have seen
Le Figure che ho visto
Set orderly, for Burial
Ordinate, per la Sepoltura
Reminded me, of mine -
Mi hanno ricordato, la mia -
As if my life were shaven,
Come se la mia vita fosse limata,
And fitted to a frame,
E adattata ad una cornice,
And could not breathe without a key,
E non potesse respirare senza una chiave,
And ’twas like Midnight, some -
Ed era come la Mezzanotte, più o meno -
When everything that ticked - has stopped -
Quando tutto ciò che ticchettava - si è fermato -
And space stares - all around -
E lo spazio guarda fisso- tutt’attorno -
Or Grisly frosts - first Autumn morns,
O le gelate Odiose - le prime mattine d’Autunno -
Repeal the Beating Ground -
Annullano il Suolo Pulsante -
But most, like Chaos - Stopless - cool -
Ma soprattutto, come il Caos - Senza Fine - freddo -
Without a Chance, or spar -
Senza una Possibilità, o albero maestro -
Or even a Report of Land -
O persino la Notizia della Terra -
To justify - Despair.rovare
Per dare una giustificazione - alla Disperazione.
Nell’ultima strofa la poetessa ci dice in che modo si sentiva: nel caos, come in mezzo all’oceano, senza albero maestro, senza la speranza di scorgere terra, senza trovare nulla che desse un motivo alla disperazione.
Le strofe precedenti ci dicono ciò che l’esperienza terribile non era, ma rafforzando allo stesso tempo l’idea che in realtà fosse proprio così. Non era la morte perché lei era in piedi e i morti sono sdraiati. Le campane suonavano, quasi con scherno con le loro lingue, i batacchi, fuori, come fosse mezzogiorno, quindi non era notte. Non era il gelo, perché sulla sua pelle strisciava lo scirocco; non era il fuoco perché i suoi piedi erano gelidi come il marmo di una chiesa. E tuttavia le figure pronte per la sepoltura ricordavano la sua, come se la sua vita fosse stata rinchiusa e avesse bisogno di una chiave per liberarla, mentre tutto attorno si è fermato, con lo spazio enorme che la circonda e come le gelate che in autunno tolgono al suolo il battito della vita.
La misteriosa Emily Dickinson non ci permette di capire cosa realmente è questa esperienza o sensazione, a cosa sono dovuti questi sentimenti, lasciandoci confusi e indecisi. Tuttavia, certamente, la poetessa sapeva, come sanno coloro che l’hanno sperimentata, che la disperazione non sempre ha motivo, che si nutre di se stessa, che va oltre ogni tentativo di spiegazione, che ci circonda e ci avvolge come le onde di un oceano spaventoso.
Le sue frequenti crisi epilettiche la rendevano capace, come per Dostoevskij, di avvicinarsi alla sensazione divina attraverso una percezione al limite dell’umano.
MCB
Complimenti, le poesie scelte e la bellezza dei testi, avvicinano ed arricchiscono la comprensione del poeta, del suo immaginario e del mondo che lo circonda, e restituiscono la bellezza della parola, del testo e della sua traduzione.
Bravissima.
Riccardo Gazzini
Grazie mille.