Gli effetti dei cambiamenti climatici sulla struttura e sul funzionamento del bosco; gli effetti della fenologia fogliare (apertura e senescenza delle foglie), la sua importanza per l’adattamento al clima che cambia e la relazione fra fenologia e accrescimento, sul ciclo del carbonio e sostenibilità del bosco. Di tutto questo si parlerà venerdì 21 aprile alle ore 18:00, in un incontro on line dal titolo “Studiare l'effetto dei cambiamenti climatici sui nostri boschi: come posso contribuire anch'io?”. Il link per partecipare alla riunione su Zoom: https://us06web.zoom.us/j/89997018426...
Nel corso dell’incontro sarà anche presentato il progetto di Migrazione Assistita in collaborazione con il Parco nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano e del possibile coinvolgimento dei cittadini (studenti, docenti e appassionati) nella preziosa attività di raccolta dati.
Stefano Leonardi è docente di Biologia di popolazioni al corso magistrale di Ecologia ed Etologia per la Conservazione della Natura presso l’Università degli Studi di Parma. Dagli anni ‘90 svolge la sua attività di ricerca nell’ambito della genetica delle piante forestali in Italia e negli Stati Uniti. Ha studiato la diversità genetica di diverse specie forestali, la loro storia evolutiva e le modalità di riproduzione in funzione della dispersione del polline. Negli ultimi tempi si è concentrato sullo studio degli effetti dei cambiamenti climatici sulla fenologia fogliare e su alcune caratteristiche fisiologiche delle piante (es: resistenza alla siccità) che possono essere importanti per permettere l’adattamento al clima che cambia.
Alessandro Petraglia è docente di Botanica e di Cambiamenti Climatici Globali all’Università di Parma e, da oltre 20 anni, studia la biodiversità vegetale negli ambienti di montagna e gli effetti dei cambiamenti climatici sul funzionamento degli ecosistemi. Il tema su cui da sempre lavora riguarda le ragioni per cui specie, ecosistemi e paesaggi sono diversi sul nostro pianeta e cambiano in funzione delle condizioni climatiche ed ecologiche. Sapere perché alcune piante vivono solo in alcuni particolari ambienti e comprendere come piante diverse possano convivere, aiutarsi o competere, sono le principali domande che hanno segnato il suo percorso culturale. Tra i principali argomenti delle sue ricerche vi sono lo studio degli effetti dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi di alta montagna e dei meccanismi che influenzano le possibili traiettorie evolutive di questi ecosistemi.
La crisi climatica sta avendo impatti negativi sulla stabilità e sugli equilibri degli ecosistemi forestali e in Appennino uno dei fenomeni climatici più preoccupanti è certamente l’aumento della siccità.
I sintomi più comuni di deperimento dei boschi in conseguenza alla siccità sono la riduzione della rinnovazione naturale, il disseccamento della chioma, la defogliazione, la riduzione delle dimensioni e la ritardata emissione delle foglie, la fessurazione della corteccia e, in casi estremi, anche la morte degli alberi.
Nei prossimi decenni ci dovremo quindi aspettare cambiamenti nel paesaggio forestale probabilmente anche alle quote più elevate dell’Appennino perché l’atteso peggioramento delle condizioni idriche porterà inevitabilmente alla sostituzione naturale di specie vegetali e quindi, con il trascorrere del tempo, di intere comunità forestali oggi presenti.
La velocità del cambiamento del clima potrebbe inoltre non consentire adattamenti altrettanto efficaci come quelli avvenuti nel passato in risposta a cambiamenti ambientali più lenti.
Allo scopo di dare attuazione a un primo programma ragionato e coordinato di interventi selvicolturali sostenibili per favorire la “migrazione assistita” verso quote maggiori di specie e soprattutto, entro specie, di varianti genetiche più adatte al clima che verrà, il Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano nel 2021 ha elaborato e candidato a finanziamento sullo strumento Parchi per il Clima uno specifico progetto in stretta collaborazione con alcuni Dipartimenti delle Università di Parma, Firenze, Milano e Padova.
Poiché il programma degli interventi concreti di adattamento delle foreste dovrà necessariamente essere costruito a partire da un quadro di conoscenze più solido ed affidabile e pertanto più adeguato, rispetto a quello di cui si dispone oggi, ricercatori dell’Università di Parma impegnati nella realizzazione di specifici studi commissionati dal Parco nazionale nell’ambito del progetto di “migrazione assistita” illustreranno le ricerche in corso e soprattutto in che modo sarà possibile da parte dei cittadini contribuire fattivamente alla raccolta di informazioni relative soprattutto alla germinazione delle gemme del faggio.