Ultimamente certe insegnanti, mi hanno chiesto se potevo recarmi a scuola, per spiegare ai bimbi certe cose che esistevano ai miei tempi. Fino all’anno scorso l’ho fatto “e qui diamo pure la colpa all’età” non mi sento più di farlo, così mi scuso pubblicamente con loro.
Mi hanno riferito che avevano cominciato ad affrontare coi loro alunni l’argomento acqua.
Bene, anche se questi bambini non mi vedranno di persona, racconterò loro da queste pagine ciò che ricordo io.
Come forse ho già detto altre volte, sotto la Pietra dalla parte di Castelnovo esistevano molte sorgenti d’acqua, difatti sulla strada che porta a Cà di Patino, quando io ero piccola esistevano già due acquedotti che portavano l’acqua in paese, come potete anche vedere da questa foto di una 1° comunione alla Pieve negli anni ’30, (sono quelle due casette bianche che notate dietro la testa dei maschietti).
Ma poi più su sulla sinistra nascosto nel boschetto, c’era un altro pozzetto, con tanto di leva da spingere su e giù così l’acqua sgorgava da un grosso rubinetto e lì in estate i contadini potevano far dissetare i loro animali.
Adesso scendiamo al bivio sulla statale che porta a Reggio e da lì da una parte si sale alla Pieve, dall’altra al cimitero, per intenderci meglio, dove adesso hanno messo quella fontana colorata. Dovete immaginare questa zona senza case solo prati e campi, il paese iniziava al Polivalente. Torniamo al bivio che vi ho spiegato, allora si chiamava “Arbiaccio” e forse si chiamerà ancora così, ebbene lì esisteva una grossa fontana, anzi le fontane erano tre, tre tubi di ferro che buttavano in continuazione acqua, sotto le prime due un “arbi” vasca lunga e stretta in cemento che serviva per appoggiarci i secchi, la terza si sfogava dentro un vascone di cemento serviva per gli animali. L’acqua che usciva in abbondanza si divideva in due parti, la prima attraversava la strada e scendeva fino ai “Piani” ora piscina dell’Onda, l’altra parte scendeva a cielo aperto, in un grosso ruscello sul fianco della strada, fino all’inizio del paese dove si trasformava in quel torrente che si chiamava “Dorgola” ora tutto interrato e arrivava fino al Fiume Secchia.
In paese non esisteva l’acqua nelle case “forse in alcune si” però c’erano parecchie fontane di ghisa dipinte di rosa munite di una maniglia rotonda che girandola faceva uscire un grosso getto dal rubinetto
Lì poi facevano la fila le comari coi secchi da riempire e portare in casa a mano o in spalla “cul basle”, poi gli assetati si attaccavano al rubinetto per bere, ricordo mia madre che ci faceva sempre questa raccomandazione:
“Non attaccatevi con la bocca al rubinetto dove si attaccano tutti, se non volete prendere la “Bucarȇola”.
Che poi non era altro che quelle ragadi che allora venivano spesso ai lati delle labbra, questo era ciò che poteva succedere allora non altre malattie.
La prima di queste fontane si trovava e c’è ancora anche se lo stile è cambiato a Bagnolo vicino all’allora Municipio ora diventato sede dell’Asl, poi un’altra nei pressi dell’albergo “Tre Re”, andiamo pure avanti, una alla Sarzassa vicino alla casa di Leurini, poi vicino a Capanni posto ora conosciuto come Rosatea, in piazza Peretti, in piazza da Magnani, ora chiamata piazza della Libertà, ma spostata in fondo verso via Della Scimmia, ora Vittorio Veneto, poco distante da questa poi, sbucava dal muro, una sorgente purissima proveniente da sotto Monte Castello, dove le massaie la prendevano spesso, perché aveva la proprietà di far cuocere prima i fagioli, ma col tempo incanalata e fatta sparire da un privato che se l’era portata nella sua proprietà. Andiamo avanti, forse un’altra di queste fontane rosa la trovavi al Buio e a Rovina vicino ai Silvetti, infine il paese terminava con Fontanaguidia, anche lì come l’Arbiaccio , tre grossi tubi che buttavano in continuazione acqua purissima. Forse ce n’erano delle altre, ma io ricordo solo queste e tutte quasi sempre col codazzo di donne coi secchi in mano.
Allora poi esistevano anche molti pozzi, noi ne avevamo uno vicino a casa con tanto di lavatoio, poi ricordo quello di Bagnolo ora chiuso nel giardino dei Marconi, un altro nel giardino del Palazzo Ducale un altro che apparteneva agli Agostini si trovava proprio sotto al voltone dove ora c’è la Tazza d’Oro. Tutti questi solo in località Bagnolo chiamato così, perchè nelle stagioni delle grandi piogge facilmente si allagava e i suoi abitanti avevano ereditato il soprannome di “Ranai”. Vi dirò ancora che nelle cantine dell’allora Municipio esistevano delle grandi “cisterne” raccoglitori di acqua. Entravi dal portone e subito trovavi la scala che portava al piano superiore dove c’era l’abitazione del sindaco Sozzi, ma lì appena entrata scendevi anche qualche gradino aprivi una porta d’acciaio e dietro a una ringhiera di ferro vedevi questo grande contenitore di acqua, ma ce n’era talmente tanta che ti metteva paura. Un’altra di queste cisterne la trovavi anche vicino alla casa dei Teggi che poi erano i contadini degli Agostini e qui devo ringraziare la mia amica Mirella Massari che è cresciuta nei paraggi e mi ha aiutato a ricordare queste cisterne.
Lasciamo Bagnolo e andiamo pure avanti scendendo in via 1° Maggio alla famosa Maestà trovavi un altro grosso pozzo e se guardavi nel giardino della signora Giulietta “Toschi” ce n’era un altro, naturalmente dopo c’erano i lavatoi pubblici, ancora oggi esistenti e conservati, dove le lavandaie si davano appuntamento giornalmente. Uno da non scordare, ma molto importante si trovava in Castelnovo vecchio sopra quella piazzetta che ora mi pare che si chiami 1°Maggio dove c’era anche una di quelle famose fontane rosa, in cima alla scalinata dietro all’allora Palazzo Monzani dove loro tenevano la scuderia, esisteva sto grande pozzo, poi potevi trovarne un altro nella corte dietro al palazzo dei Rabotti e chissà quanti altri, lascio a voi il compito di scoprirli.
Una fontana molto conosciuta e apprezzata per la sua acqua purissima e freddissima che sgorgava continuamente da un grosso tubo si trovava ai Pavoni sempre sotto la Pietra nel versante di Castelnovo.
Sulla strada che porta al Santuario poi c’era il Fontanone, la Fontanina, la fontana della Zita, quella di Secondo, che alimentava anche quella di Cà di Bugino che si trovava più in basso, poi il Fontanaccio e infine quella sul sagrato del Santuario che sgorgava direttamente dalla roccia e che dicevano avesse proprietà curative.
Certo che ora voi potete lavarvi a volontà, ma una volta quando l’acqua si portava col “basle” in spalla ne consumavamo molto meno “il bagno una volta la settimana in un mastello con dentro non più di dieci centimetri di acqua e alle volte serviva per me e poi per mio fratello…..
Elda Zannini
Bravissima Elda, sono già in attesa del prossimo racconto.
Ivano Pioppi
Complimenti Elda, una pagina di storia vera che andrebbe raccontata nelle scuole; l’acqua è sempre stata un elemento indispensabile per i nostri Vecchi, come lo è per noi e lo sarà per i nostri figli
Lino Franzini
Franzini Lino Presidente della Municipalità di Ramiseto