Lo straordinario progetto europeo per la tutela degli impollinatori, coordinato dal Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano, nella Riserva di Biosfera dell’Appennino tosco-emiliano a Tg 2 Dossier, la storica rubrica del Tg2 dedicata all'informazione e all'approfondimento su temi di attualità. A realizzare il servizio Angelica Fiore, vicecaporedattrice Tg2, che ha intervistato alcuni protagonisti di Life BEEadapt del Parco nazionale dell'Appennino tosco-emiliano. Ai microfoni si sono alternati Willy Reggioni, project manager di questo progetto e Giovanni Carotti, entomologo senior, con riprese sul posto, immagini dal drone su Bismantova e inquadrature anche sul Centro Laudato Si'.
Come mai l’Appennino?
“Abbiamo visto il lavoro nel Parco nazionale per la sopravvivenza degli insetti, e per far capire quanto sono importanti soprattutto a chi ci vede e ci ascolta quanto sono importanti gli insetti impollinatori non solo per la conservazione della biodiversità ma anche, soprattutto per quello che arriva sulle nostre tavole. Purtroppo lo abbiamo visto quest’estate: ci sono stati molti problemi in agricoltura a causa dei cambiamenti climatici e questi colpiscono molto anche gli insetti impollinatori”.
“Molto bello, io non lo conoscevo, devo dire. Insomma, l’ambiente merita una visita, questo è sicuro. E poi devo dire che ho visto una cosa bellissima: siamo stati mattina alla Pietra Bismantova, candidata a patrimonio mondiale dell’umanità coi vicini Gessi triassici. Probabilmente sarà anche un motivo per rivederci. Intanto vi facciamo i migliori auguri perché questa candidatura effettivamente si realizzi”.
“È un tema che è molto delicato. Ritengo che tutta l’informazione abbia un ruolo e naturalmente, anche importante. Con i social certo la fruizione della televisione sta cambiando, ma la radio, per esempio, che sembrava un media un pochino d’antan invece sta conoscendo una nuova vita. È così anche la carta stampata. Tutta l’informazione è importante anche che quella che va su tutti i nuovi canali social”.
Ben venga il progetto per la tutela degli impollinatori, se serve o contribuisce alla rivalutazione e valorizzazione del nostro Appennino, la cui pregevolezza e “preziosità”, io credo, va però ben oltre le singole iniziative, per sostanziarsi nel suo dolce e incantevole paesaggio, unico o quasi mi verrebbe da dire, in una con le sue tradizioni e col fascino di tutto ciò che richiama il suo passato.
Il progetto in questione è certamente pregevole, ma da semplice osservatore mi viene nondimeno da constatare la continua crescita, in estensione, delle superfici incolte, il che sembrerebbe configurarsi di per sé come situazione favorevole al mantenimento e sviluppo degli insetti impollinatori (lo scrivo come mia personale impressione, priva di base scientifica e dunque opinabilissima).
Se invece gli insetti impollinatori necessitassero di campi coltivati, basterebbe allora sostenere la nostra agricoltura, quella che ha fin qui resistito, e incoraggiare semmai altri a rimettere in attività i propri campi andati in disuso, visto che un tempo, quando la pratica agricola era da noi piuttosto diffusa, non ricordo esistessero problemi per la salvaguardia degli insetti pronubi-impollinatori.
Mi pare, in buona sostanza, che la montagna dovrebbe innanzitutto riscoprire valore e centralità della sua agricoltura, quale vocazione naturale di tanti suoi luoghi, ma per farlo occorre un’autentica convinzione, che non si limiti alle parole di circostanza (ma qui non lascia granché sperare il fatto che alla Fiera di San Michele non si sia tenuto il mercato bestiame, come leggiamo in altra parte di Redacon).
P.B. 16.10.2022
P.B.
E’ leggermente diverso: gli impollinatori necessitano di campi fioriti. Molti campi coltivati (es medica), sono sfalciati in prefioritura quando il contenuto proteico della pianta è massimo. Da qui un progetto che, se ho inteso bene, mira a mantenere la presenza di aree fiorite (minimali) anche in zone coltivate. A beneficio, anche, dell’agricoltura.
(Commento firmato)
L’argomentazione addotta in “Commento firmato” mi sembrerebbe aver fondamento nella eventualità che gli insetti impollinatori richiedessero fioriture specifiche, vedi appunto quelle delle foraggere, come la medica, ma qualora non fosse invece così, se cioè gli impollinatori si “accontentassero” anche di altre fioriture, i numerosi incolti dovrebbero disporne in abbondanza, almeno in teoria, senza dover pertanto ricorrere alle “aree fiorite minimali anche in zone coltivate” (gli incolti possono inoltre ospitare una pluralità di specie erbacee o arbustive, e più in generale botaniche, con tempi di fioritura differenti, il che mi parrebbe andare a favore degli impollinatori).
P.B. 16.10.2022
P.B.