Si terrà nei giorni 1, 2 e 3 ottobre prossimi la seconda edizione del Festival francescano, la manifestazione che porta il messaggio universale di S. Francesco nelle strade, tra la gente. Si conferma Reggio Emilia come città che ospiterà l’evento di portata nazionale e anche la formula: un mix di spiritualità, spettacoli e conferenze tenute da teologi, psicologi, storici dell’arte, economisti… Un gruppo di circa trenta persone sta mettendo a punto gli ultimi particolari del programma, sotto la direzione di Padre Alessandro Caspoli, direttore anche dell’Antoniano di Bologna, e di Padre Giordano Ferri, frate cappuccino coordinatore del Festival.
Ma chi sono gli organizzatori del Festival francescano? In gran parte sono religiosi appartenenti ai primi due ordini costituiti da Francesco: i frati e le religiose contemplative, ma ci sono anche diversi laici, molti dei quali appartenenti all’Ordine francescano secolare (Ofs): persone che per vocazione decidono di fare una professione pubblica per vivere i valori di una Regola fondata sulla fraternità.
Ad oggi, in Emilia-Romagna l’Ordine francescano secolare è costituito da 64 fraternità dislocate in tutte le province della Regione e conta 1.600 professi, i quali svolgono il proprio “servizio” nei più disparati ambiti della vita sociale ed ecclesiale. Molti sono impegnati presso amministrazioni comunali, centri di ascolto, attività sindacali, progetti missionari, progetti di valorizzazione e sensibilizzazione alla pace e alla salvaguardia dell’ambiente o servizi di mediazione del conflitto.
Il tutto si inserisce nel più ampio tessuto nazionale, che è costituito da 2.200 fraternità, che a loro volta contano complessivamente 40.000 professi. Infine l’Ordine è presente in 110 paesi del mondo, con una significativa presenza all’Onu attraverso la Franciscan International, organo rappresentativo dell’intera Famiglia francescana mondiale.
Afferma Ettore Valzania, presidente dell’OFS Emilia-Romagna: “In un’epoca in cui si tende a riconoscere nell’assenza di regole il massimo della libertà personale che ci siano persone desiderose di abbracciare una Regola di vita può sembrare obsoleto, come pure il legarsi ad un ordine". "Eppure a quest’Ordine – continua Valzania - si aderisce grazie ad una professione che dice come l’appartenenza all’OFS sia un impegno personale molto attivo, dichiarato alla Chiesa, che coinvolge tutta la vita di un individuo per vivere il Vangelo alla sequela di Gesù secondo il carisma di S. Francesco d’Assisi, insieme ai fratelli e alle sorelle di una specifica fraternità con la quale si accetta di camminare con l’impegno di rivestirsi di un 'habitus' che passi assiduamente 'dal Vangelo alla vita e dalla vita al Vangelo'”.
La chiamata a vivere il carisma francescano anche da parte dei laici, sebbene riscoperta oggi con particolare vigore, ha comunque radici storiche antiche quanto la storia del francescanesimo stesso. Inoltre, è proprio il laicato francescano a costituirsi come primo movimento laicale nella storia della chiesa, formula che poi sarà seguita dalle tante forme di spiritualità che costituiscono la ricchezza e il fiorire dello spirito laico all’interno della Chiesa, soprattutto dopo il Concilio Laterano II.
Per informazioni: tel. 334 2609797, [email protected], www.festivalfrancescano.it
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Intervista a Ettore Valzania, Ofs Emilia-Romagna
In che senso oggi vivere autenticamente la fraternità può avere un valore di risanamento sociale?
Il francescano è un uomo di relazione, che impara da Francesco appunto lo stile della relazione declinato nel concetto alto di fraternità.
Una fraternità che, se veramente vissuta, supera l’idea stessa di comunità: l’idea di comunità è alla base di un “civile stare insieme” (per parafrasare una celebre canzone di Giorgio Gaber), mentre l’idea della fraternità va vissuta, oltre che coltivata nel cuore. Francesco infatti porta avanti un coraggio di relazione, che lo porta a vivere un Vangelo dal basso, appunto un vangelo che quasi si trasmette a pelle, nel contatto con l’altro. E questo movimento, coraggioso in quanto onesto fino in fondo, quasi senza la mediazione di alcun compromesso diplomatico, porta a costruire rapporti veri che risanano realmente il tessuto sociale. Insomma anche questa volta la “rivoluzione”, come la storia ci insegna, comincia dalla base e non dal vertice!
Da dove nasce l’idea di portare il francescanesimo in piazza e perché sono interessate a questo anche realtà laiche come l’Ordine Francescano Secolare e una cooperativa sociale francescana come la vostra?
Quest’anno l’organizzazione del Festival è affidata all’intera Famiglia Francescana (per intenderci il Mo.Fra., movimento francescano che comprende l’ordine dei frati, delle suore e dei laici francescani). Questo comporta di conseguenza il fatto che, come laici, assumiano un ruolo di coautori nella realizzazione di un evento di tal portata che appunto vuole testimoniare la freschezza e la novità di un messaggio che da ottocento anni non cessa di smuovere le coscienze e di porre al centro il valore della persona e della relazione fraterna come invenzione dirompente, e poi perché la piazza è il luogo laico per eccellenza.
Perché fondare una Cooperativa sociale francescana?
Perché essa possa essere emanazione sociale e professionale ma soprattutto costruzione di un nuovo modo di interpretare il lavoro e utilizzare le risorse economiche provenienti dai settori artigianali della Cooperativa e impiegarli direttamente nel settore socio-assistenziale.
Se non ricordo male lo slogan di quest’anno sarà appunto “Fratelli è possibile?”, lo stesso nome della vostra Cooperativa…
Sì, il nostro nome è diventato claim ufficiale del Festival, un richiamo dichiarato… probabilmente una sfida di significato per chiederci e chiedere se lo stile fraterno è ancora un’attuale risposta alle tante domande che porta la nostra società, in un mondo non più di religiosi e laici, ma di uomini. A questa domanda tenteranno di rispondere i vari relatori di livello che saranno chiamati ad intervenire al Festival: filosofi, teologi, politici, economisti, uomini del mondo dello spettacolo e della comunicazione e laici francescani…. Ci porremo dunque questa domanda apparentemente teorica, domanda alla quale nessuno può rispondere se prima non l’ha fatta a se stesso.
Perché la piazza ridiventa luogo di missione?
La piazza, come già detto, è il luogo dell’incontro per eccellenza, per questo può benissimo essere anche luogo di missione. Per questo il Festival è prima di tutto un’occasione per incontrarsi in piazza e per vivere la propria “missionarietà”… Chi vive la bellezza di un messaggio non può tenerselo per sé, ha bisogno di comunicarlo agli altri… Quale luogo migliore di una piazza per farlo!
Per citare Giovanni Paolo II, nella sua lettera apostolica “Novo Millennio Ineunte” rivolta a tutti gli uomini alle soglie del Terzo Millennio (si noti bene, non solo ai cristiani): “è lo spirito di comunione che deve crescere”, quello spirito che non valuta più solo il “mio” e il “tuo”, ma si apre al “nostro”. Uno spirito che chiede anche ai laici di essere anima e cuore pulsante di una “nuova evangelizzazione”, prendendo il largo “nell’oceano vasto” che si apre nel nuovo Millennio, non tanto per essere protagonisti ambizioni quanto, piuttosto, testimoni credibili del Vangelo e soprattutto per rispondere alle “attese profonde del mondo”!