Riceviamo e pubblichiamo da Duilio Cangiari, Europa Verde Reggio Emilia
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Negli ambienti di quelli che contano sono giorni febbrili, come sempre accade alla vigilia di decisioni importanti. Lo si vede dal fiorire di convegni. Tra i convenuti ricorre la solita domanda ? Quale diga e di che tipo, vogliamo costruire sull’Enza? Quanto grande?
Un susseguirsi di interrogativi che, se ve ne fosse ancora bisogno, rende evidente la strumentalità della discussione. Poche idee e molte aspettative finanziarie (stiamo parlando di 300 milioni di € se mai arriveranno). Ormai il merito del problema si è annebbiato e confuso, prigioniero delle contraddizioni che stanno emergendo.
La questione diga sta scivolando lungo un pericoloso piano inclinato, tutto italiano: quello dell’opera in sé, del suo valore intrinseco che, a un certo punto, prescinde dalle motivazioni che dovrebbero giustificarla, per far spazio ai veri motivi per cui si deve assolutamente fare e cioè la pletora di “vantaggi” che un’opera finanziata con denaro pubblico, suscita da sempre in questo paese. Non è un processo alle intenzioni, ma la constatazione di una realtà alle porte. Proviamo a chiarirne il perché.
E’ di questi giorni l’incontro dei consorziati del Parmigiano Reggiano, cioè dei produttori del noto formaggio, nel quale sono state presentati i dati dell’attività, a consuntivo dell’annata 2021. Ci si potrebbe aspettare un quadro caratterizzato da una drammatica crisi del settore, in una annata in cui la pandemia ha influito pesantemente su tante produzioni e sui consumi dei cittadini; un anno inoltre caratterizzato da ondate di calore e anche da una prepotente siccità che da sola avrebbe dovuto mettere in ginocchio l’intera filiera agricola dei territori del Consorzio. Ebbene così non è stato, e di questo siamo i primi a rallegrarci.
I dati presentati a Modena dal Consorzio del Parmigiano Reggiano vanno in tutt’altra direzione: il giro degli affari è passato dai 2,35 Mld/Euro del 2020 ai 2,7Mld/Euro del 2021 e soprattutto la produzione nel comprensorio del “grana “ dai 3,7 milioni di forme del 2020 , ha raggiunto il traguardo dei 4,7 milioni di forme nel 2021. Un aumento percentuale a due cifre, pari al 10,6%. Numeri estremamente positivi e performanti per un settore sicuramente in buonissima salute!
Ma come in una commedia dei paradossi e delle contraddizioni assistiamo ad una recita che ha del surreale: da un lato coloro “quelli che” serve una grande diga per salvaguardare la produzione del re dei formaggi, mentre dall’altra, in una perfetta antinomia, “gli altri che" e cioè i produttori, che declamano traguardi straordinariamente positivi di un settore che gode di ottima salute e che non vive certamente crisi produttive.
Per queste ragioni il dibattito ora sembra spostarsi sulla produzione di energia, tanto è vero che un illustre studioso ha detto candidamente che più grandi sono le dighe e più sono convenienti.(non una grande scoperta per altro…) Ma allora, giunti a questo punto, sorge spontanea una domanda: a chi giova, veramente, la costruzione di una grande infrastruttura idraulica sul fiume Enza? Certamente non all’intera vallata che verrebbe distrutta da anni di lavori devastanti e rovinosi, neanche al fiume che vedrebbe compromesso il suo corso naturale e certamente non ai cittadini che verrebbero depredati di un paesaggio naturale di straordinaria e unica bellezza, vero patrimonio collettivo, indisponibile e intoccabile, ma che con la grande opera sarebbe sacrificato per l’interesse di pochi.
E allora a chi giova veramente la grande opera, la diga sull’Enza? Per scoprirlo, da tempo, qualcuno va dicendo: Attenti al fruscio delle banconote!!!
Ebbene pare che questo sia il rumore prevalente, di questi tempi, anche in terra reggiana.
Duilio Cangiari, Europa Verde Reggio Emilia
Mi sembra un ragionamento estremamente miope.
Ritenere che un opera del genere non serva solo perché un consorzio privato ha fatto un record di produzione per un anno vuol dire non voler guardare al futuro.
Ovviamente la vostra è solo una provocazione e come tale va presa e usata solo come spunto di riflessione.
Data la carenza di precipitazioni oramai costante dotarsi di un invaso artificiale potrebbe essere una soluzione strategica lungimirante.
quindi a chi giova?
a tutti.
Simone
Pur essendo un difensore estremo dell’ambiente e della sua salvaguardia, ed essere molto più verde di molti verdi…..rimango basito di fronte a queste affermazioni, basate sulla produzione di un formaggio.
Ma il Signor Cangiari è al corrente della situazione odierna in cui versa il paese Italia? Siccità sempre più frequenti e durature, è di questi giorni la notizia che Piemonte e Lombardia dovranno razionare l’ acqua in ben 135 comuni, il Pò ridotto ad un fiumiciattolo sotto di 8,5 mt dallo 0 igrometrico, la salinità nelle zone del delta del pò avanza sempre di più inquinando i pozzi.
Colture sia per alimentazione animale ed umana che stanno seccando dopo 110 giorni che non piove.
Per non parlare dell’ energia elettrica di cui l’ Italia ha estremo bisogno per far fronte ad un futuro che ci trova già in ritardo rispetto a molti paesi Europei.
Se vogliamo un futuro con meno inquinamento e più coscienza sullo sfruttamento delle risorse naturali forse
una diga è il male minore.
Dighe no, centrali nucleari no, eolico no…..continuiamo a bruciare idrocarburi ed ad ammalarci tutti, verdi ma con il cancro.
Marco