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Le testimonianze belliche raccolte dal Consiglio Comunale dei Ragazzi e delle Ragazze di Baiso

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Dal muro alle uova: la testimonianza di Pistoni Renzo

Erano i giorni della prima settimana del mese di luglio dell’anno 1944, la storia comincia così, arriva la seconda guerra mondiale, la nostra località di Casa del Pino del comune di Baiso veniva invasa dalle truppe militari tedesche. Io ero un bambino di età di 7 anni, però ricordo ancora come se fosse oggi.

Da poco avevamo fatto la trebbiatura del grano e frumento. Mio nonno, che aveva allora 75 anni, disse che bisognava portare una parte del grano trebbiato in campagna, perché se ci bruciavano la casa quello si salvava, così fu caricato il carro con i buoi e portato in un campo vicino al fiume. Tutti lasciavano le proprie abitazioni e andavano in montagna, cercando un posto sicuro. La mia famiglia che contava ben diciassette persone rimase in zona. Ricordo, erano solo donne e bambini, perché gli uomini erano militari in guerra e i più vecchi che non erano più chiamati alle armi erano a casa e si nascondevano. Ricordo che io e la mia famiglia, compreso altre zie e le loro figlie, abbiamo accettato il consiglio dei nostri anziani padri e siamo andati nei boschi sopra casa, perché ci dissero che i partigiani non avrebbero fatto resistenza, perché i tedeschi non si sarebbero fermati da noi, ma non andò proprio così. Ci fu una grande Resistenza, i militari tedeschi rimasero in zona. La strada Radici, che era l’unica percorribile con automezzi, era piena di automezzi e militari con armamenti di tutti i tipi. Intanto noi eravamo a circa 400 metri dalla nostra abitazione, la prima notte abbiamo dormito nel bosco, ma non tanto fitto. Poi abbiamo deciso di trovare un altro posto, più sicuro, dove mai nessuno ci potesse trovare, ben nascosti. Avevamo con noi un po’ di viveri, pane, formaggio, salumi, uova, verdura, acqua, ma per pochi giorni. Avevamo le mucche al pascolo e la nostra mamma di notte andava a mungerle per dare un po’ di latte a noi bambini.

Intanto anche la seconda notte era passata, si sentiva solo il rumore delle armi e il rombo dei cannoni. Era trascorsa solo una giornata e mezza, quando fummo scoperti da due militari tedeschi, che si trovavano per caso di passaggio giù da Lugagnana, borgata di case circa 200 metri, da dove eravamo nascosti noi. A tradirci fu il pianto di una bimba che aveva appena un mese di vita e si chiamava Rita. E’ così che comincia questa storia vera. Ci trovarono, ci fecero uscire, eravamo 19, la più piccola di un mese e la più anziana di 80 anni. Ci hanno fatto scendere fino in strada Radici e lì si trovava la mia casa. C’era mio nonno che come ci ha visti si è messo a piangere. La nostra stalla era stata incendiata dai soldati. Così incominciò il nostro cammino, mio nonno che non poteva camminare fu caricato, da nostra madre e le altre figlie, su un carrettino che spingevano a mano. La via Radici che dovevamo percorrere era piena di militari armati fino ai denti con tutti i tipi di armi, mitragliatrici, fucili, mortai, si sentivano solo degli spari. I tedeschi sparavano oltre il fiume Secchia nel paese di fronte, Saltino, dove c’erano i partigiani. I partigiani sparavano di qua contro i tedeschi e noi percorrevamo la strada con il rumore degli spari e case che bruciavano. La Croce Rossa militare girava avanti e indietro per vedere se c’era qualche ferito. Avevamo trascorso appena 600 metri, eravamo arrivati sul ponte del Rio del Pisto quando, sul muretto di protezione del ponte, era passata una mitragliatrice che sparava dall’altra parte del fiume dove c’erano i partigiani. Nel campo, all’ombra di una grande quercia, c’erano dei militari che si riposavano, uno di questi appena ci vide venne verso di noi e cominciò a dire “Al muro! Al muro! Caput!” e ci misero tutti schierati in fila. La nostra mamma iniziò a pregare. Fu un brutto momento, per pochi istanti, però. Io, a dire la verità, non avevo paura, perché come bambino di 7 anni non sapevo cosa fosse la morte. Poi arrivò un altro militare, che forse comandava di più, e disse “Via! Via”. Allora noi continuammo il nostro cammino per la strada, verso il paese di Debbia. Oltre il paese non c’erano più soldati per strada. Solo due soldati incontrammo prima di Casa Panini che venivano giù da Ca’ del Scum, una borgata che ora non so come si chiami. Avevano due cesti pieni di uova, allora hanno cominciato a dire alla nostre madri di prendere loro quelle uova per noi bambini. Pensate, sul ponte del Rio del Pisto volevano ucciderci, qui ci davano le uova! Abbiamo continuato la strada fino alla fornace, dove ora c’è la gastronomia Piccinini, poi siamo andati su a Casa di Montagna dalla famiglia di Bezzi Domenico, che ci ha ospitato. Siamo rimasti per tre giorni, poi tutto finito siamo tornati alla nostra casa. Ringrazio con tutto il cuore il signor Bezzi.

Ho scritto questa storia per la mia nipotina Irene, vera storia, episodio della seconda guerra mondiale.

Il tuo nonno Checco, tanti saluti e bacioni.

Scustemi, spero che riusciate a leggere perché scritto non tanto bene, è una storia lunga, ma con un po’ di pazienza la scriverò, tante altre cose non le ho messe, ricordo ancora tutto.