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La meditazione alla liturgia odierna di don Paul Poku

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don Paul Poku

Nella prima lettura di questa domenica Pietro presenta Gesù come la pietra d’angolo, la roccia che sta a fondamento della comunità dei credenti: chi pone su di lui la propria vita può ottenere la salvezza. Nella seconda lettura invece Paolo ci spiega come anche noi siamo divenuti figli di Dio nel Figlio e come il nostro cammino di fede ci porterà all’incontro con Lui; pertanto Cristo è non solo il fondamento ma anche la meta finale della nostra vita.
Il brano del vangelo ha come protagonista la figura del “buon pastore”, sebbene da un punto di vista filologico sarebbe più corretto “bel pastore” (καλός). Questa bellezza però non è da intendersi in senso meramente estetico, ma come risultato della contemplazione di Dio e di coloro che sono chiamati da Lui, in particolare Gesù. Tramite quest’immagine infatti Gesù si presenta ai discepoli come il pastore del popolo di Dio, richiamando un tema ricorrente dell’Antico Testamento che indica in Dio la guida del gregge rappresentato da Israele (cfr. Sal 23; Sal 80; Is 40, 12). Cosa rende bello questo pastore? Per prima cosa egli «dà la propria vita per le pecore», che non significa solo sacrificarla ma anche offrirla per il servizio verso gli altri; in questo senso il pastore si contrappone al mercenario, il cui scopo non è la felicità delle pecore, ma soltanto guadagnare denaro. La differenza tra i due emerge all’arrivo del lupo, figura che rappresenta gli ostacoli (siano essi persone o situazioni) che intralciano i credenti nel loro cammino verso Dio: «il mercenario […] vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde». Una seconda ragione della bellezza del pastore è che egli conosce le pecore, dove il verbo “conoscere” esprime il legame intimo proprio, ad esempio, della relazione coniugale. In questo contesto è un rapporto profondissimo, sia da parte del pastore (che conosce tutto di ogni sua pecora) sia da parte del gregge, che è chiamato ad avere la conoscenza profonda del pastore, ascoltare la sua voce e dialogare con lui per non rischiare di seguire un mercenario.
L’ultimo elemento caratteristico della figura del pastore è la sua universalità: Gesù infatti afferma di avere «altre pecore che non provengono da questo recinto», ovvero persone esterne a Israele che Gesù vuole ugualmente condurre al Padre. Estremizzando, si potrebbe estendere questo discorso non solo a tutti i popoli della terra, ma pure a eventuali alieni! La battuta serve a capire che ogni persona è chiamata a conoscere Dio e ad entrare nel gregge guidato da Gesù. Ascoltando la sua voce tutti noi possiamo essere protetti e salvi; ma dal canto nostro l’ascolto della voce del pastore deve trasformarsi in azioni concrete di fede e di amore verso Dio e verso il prossimo. Lasciamoci guidare dalla voce di Cristo verso la salvezza eterna!
Buona domenica.