7-Marzo- IL COMPLEANNO: riflessioni
Quanti ne sono passati!!...Tantissimi anni fa mi sembrava una quota irraggiungibile, se qualcuno ci arrivava, subito pensavo:“Ma come avrà fatto ad arrivare fino lì, mamma mia com’è vecchio”.
Ora se mi guardo indietro non mi sembrano poi così tanti, se veramente ci sono stati mi sono volati via senza che me ne accorgessi e io se non mi guardo allo specchio non mi sento poi così vecchia, solo lui può sfatare questa mia convinzione, perciò meglio ignorarlo.
Tutto questo tempo che ho avuto a disposizione mi pare di averlo sprecato, sissignori, sprecato nel vero senso della parola. Mi sono persa dietro a una macchina da cucire, dietro a dei gomitoli di lana, a rincorrere prima dei bimbi, poi degli adolescenti, ad accudire dei vecchi, a lavare montagne di biancheria, a stirare ceste di camice, lavare pavimenti, vetri, a cucinare chili e chili di pastasciutta. Vi sembra normale tutta una vita passata in questo modo?
Ancora ora la mattina non mi alzo mai dopo le sette, faccio senza puntare la sveglia, quella purtroppo ce l’ho già nella testa da parecchi anni e tutta la giornata ce l’ho ancora piena, se non ho niente da fare, allora me lo invento, la mia mente deve sempre essere occupata così come anche le mie mani “ago e filo, ferri e lana, uncinetto e cotone, biro e quadernone, o libro e quando arriva la bella stagione zappa rastrello e carriola”.
Questa è stata la mia vita e continua a esserlo e con me altre centinaia di donne montanare nate in quel tempo là, non c’era una grande alternativa allora. Per frequentare la scuola dopo le elementari dovevi recarti in città, entrare in qualche collegio che poi mandava rette salatissime alla famiglia e la precedenza spettava sempre ai maschi. Certo qualcuna c’era riuscita e aveva cominciato a darsi arie da persona arrivata, perché era riuscita a strappare coi denti un diploma o qualche rara laurea, ma c’era poco da darsi importanza, perché il suo lavoro si era solo duplicato e questo succede ancora adesso, sia che sia casalinga o abbia un incarico di prestigio, perché la donna è nata per essere madre e non potrà mai trascurare i propri figli, sia che siano piccoli o grandi. E’ solo un’illusione pensare:
“Quando li avrò allevati sarò libera”.
Loro saranno sempre nei tuoi pensieri la mattina appena ti svegli e la sera prima di addormentarti, anche quando sfioreranno la terza età tu li scruti quando aprono il cancello e capisci immediatamente se qualcosa non va, anche se loro non te ne faranno mai cenno.
Ora salto “d’in palo in frasca” abbiate pazienza è sempre questione di età.
Sempre tanti anni fa, la signora Nenè, farmacista conosciutissima in paese e molto amata da me, un giorno mi disse:
“Sabato scendevo dal Santuario verso le otto e mezzo di mattina (naturalmente era il periodo dei Benedettini, quando ogni mattina alle sette c’era una messa) e ti ho vista seduta sui gradini di casa che parlavi ai tuoi bimbi mentre aspettavate lo scuolabus, come ti ho invidiata, io non ho mai avuto il tempo di fare questo”.
Ma allora non è vero che ho sprecato il mio tempo!!...
Certo che il quadretto sarà stato allettante, però la signora non sapeva cosa voleva dire fare i salti mortali per arrivare a fine mese con uno stipendio solo e il mio semplice lavoro da sartina, tre figli ai quali non dovevi far mancare niente e quattro mura in costruzione che avrebbero dovuto sostenere un tetto sulle nostre teste.
Sì ho fatto la sartina, che per avere un piccolo stipendio sicuro a fine mese, confezionava in serie per delle ditte di Reggio, qui in montagna non c’era niente e i clienti privati avevano sempre pronto un “pagherò, poi passa la mamma ecc…” Perciò ho cominciato a cucire salopette per bambini e bavaglini per una ditta che si trovava nei pressi di “Regina Pacis”, ogni fine settimana portavo il lavoro finito, aspettavo pazientemente che capo dopo capo venisse controllato e riempivo il valigione con quello da confezionare. Più tardi sono passata sotto una ditta che si trovava all’Ospizio, lì solo pantaloni da uomo e donna, pagavano meglio, naturalmente non ero la sola, giù nella bassa tante donne facevano questo lavoro, arrivavano con le borsone sul portapacchi della bicicletta, naturalmente lavoravamo in “Nero” e non era uno scherzo 16-18 paia al giorno, era un lavoro faticoso e di precisione, mai riconosciuto da nessun ente, nessuno ha versato contributi, anche se queste donne col loro lavoro, hanno contribuito all’economia del paese.
Poi la sartina oltre alla macchina da cucire in estate faceva l’affittacamere ai villeggianti in quel periodo ce n’erano tanti, affittavo anche uno sgabuzzino dentro al garage che avevo adibito a cameretta e una stanza del nostro appartamento con tre posti letto con colazione compresa. Intanto la casa si era allargata e io per riposarmi confezionavo piccoli cardigan sempre per bambini, ai ferri con lana merinos fatta venire appositamente dall’estero, per “l’Enfant Terrible” aperto in centro sempre a Reggio da Stefani un ex calciatore. Lavoro che facevo quando dovevo controllare i bimbi in cortile per non lasciarli per troppo tempo nelle mani di nonni troppo vecchi, ma più di tutto la sera mentre guardavo la televisione per ogni capo mi pagavano 5.000 lire, ma poi li rivedevo in vetrina a 25.000. Non fateci caso se adesso i cinesi fanno così, per necessità l’abbiamo fatto anche noi forse più decorosamente, ma non troppi anni fa.
A ripensarci bene sì ho lavorato tanto, ma senza allontanarmi mai dai miei figli, prima perché erano piccoli e dopo adolescenti coi loro vari problemi, quando rientravano in casa la mamma era lì, magari ingobbita su una macchina da cucire, ma c’era sempre.
Quando ho smesso è stato solo perché ho dovuto accudire tutti gli anziani della mia famiglia e improvvisamente mi sono accorta che sono diventata vecchia anch’io.
Intanto la casa ci sembrava d’averla finita (poi non è stato così), certamente non è stato tutto molto facile e non venitemi a dire che allora si poteva fare, oggi no, perché ci sono esigenze diverse. Lo poteva fare chi aveva la testa sulle spalle, chi lo desiderava e aveva la forza di volontà per farlo chi si dedicava completamente alla famiglia e dimenticava tutto il resto. Non siamo stati gli unici, ma non tutti si sentivano in grado di farlo.
Ci eravamo accontentati di un’umile cinquecento usata con la tappezzeria rimessa a nuovo da me, perché quella che c’era era distrutta e non ci si poteva far sedere dei bambini, avevo usato una stoffa a quadri blu e azzurri che sapeva molto di camicia da rocciatore. Noi partivamo lo stesso dignitosi e contenti, per le vacanze, a casa della nonna in un paesino sperduto sulle montagne Molisane, naturalmente con un carrozzino ben legato sul portapacchi, che poi al ritorno veniva riempito da bottiglie di pomodoro e barattoli di melanzane e peperoni sott’olio e in mezzo al tutto qualche mezzo capretto o agnello da latte e alla fine anche ventimila lire infilate all’ultimo momento nelle tasche del figlio, per eventualità durante il lungo viaggio di ritorno. Viaggio che durava circa dodici ore, ancora non c’erano le autostrade, solo qualche pezzo qua e là, sto parlando dei primi anni sessanta, quando superare un camion con rimorchio era una grossa impresa dovevi aspettare che lui gentilmente rallentasse e ti facesse cenno con la mano e tu durante il sorpasso sventolavi la tua per ringraziare.
La partenza per questo viaggio di ritorno era sempre di notte per non dare adito a chiacchiere e battute ironiche, da parte dell’élite del paesello (in tutti i paesi ce n’è sempre una) solo Edoardo amico fraterno di mio marito, che aveva la casa sopra la piazza scendeva di corsa con gli occhi umidi per un ultimo abbraccio e mille raccomandazioni. Come mi piacerebbe pensare che lassù si siano ritrovati e che in questo momento si divertono a leggere ciò che scrivo, sarebbe troppo comodo essere certi di una cosa così, invece chissà come sarà…se ci sarà.
Naturalmente poi verso la fine degli anni sessanta, quando tutti gli italiani hanno potuto rialzare la testa, con l’aumento degli stipendi ci siamo permessi una macchina nuova più veloce, (l’autostrada del sole era stata completata), poi mobili nuovi e vacanze al mare, la nostra vita da allora è diventata molto più facile, ma la macchina da cucire l’ho messa in riposo nel 1984, erano passati 27 anni senza che me ne accorgessi anche allora.
Intanto vi ho parlato un po’ del mio passato che poi è il passato della maggior parte delle donne italiane e sinceramente non so più cosa pensare, l’ho veramente buttato via tutto questo tempo?
Certamente voi scambierete tutto ciò che ho scritto per una favola, ma credetemi stavolta la favola è vera.
Comunque sia io fino qui ci sono arrivata, adesso provateci voi se ci riuscite, io ve lo auguro con tutto il cuore.
Elda Zannini
Questa è vita vissuta, vissuta con coraggio e dignità. Concordo nel dire che i sacrifici si fanno se si ha la testa sulle spalle dimenticando tutto il resto. Non è questione di ora o di allora. E’ un racconto bellissimo. Ma mi sembra di capire che è anche il Suo compleanno: tantissimi auguri signora Elda.
Paola Bizzarri
Grazie per gli auguri, in confronto alla signora Giulia di Ramiseto io sono ancora una ragazzina, sono 23 in meno ! ! !…
EldaZannini
Che bella storia sig.ra Elda e complimenti per il suo modo di raccontarla! Dalle sue parole emerge, secondo me , la serinita’ di chi come lei e come tante altre donne della sua generazione ha la consapevolezza di avere fatto tutto il possibile per il benessere della propria famiglia anche in un periodo difficile come gli anni ’60 e dintorni (nei quali peraltro io sono nata). Un esempio per tanti giovani che non conoscono la parola sacrificio.
Anna Ferrarini
Complimenti signora Elda per la bella età raggiunta e per la lucidità del suo esprimersi.
Ma soprattutto, complimenti per i valori alti che l’hanno sempre accompagnata nello scorrere della sua esistenza: famiglia, figli, lavoro, senso di responsabilità e voglia di spendersi per i propri cari, mettendo il suo “io” un passo indietro.
Salmo 128: “come vite feconda nell’intimità della sua casa”.
Ivano Pioppi
Nel ringraziarla sempre per lo spaccato di vita che mi riporta a figure ed immagini della mia infanzia, le faccio tantissimi auguri per il suo compleanno.
Elettra
Ognuno di noi ha la sua storia di vita vissuta , più o meno appagante e riuscita. La Sua signora Elda è sicuramente una vita laboriosa e dedita ai Suoi Cari e, io che la conosco, lo so bene. Un vissuto come tante donne di quell’ epoca , ma non di tutte . Lei sa di quanto rispetto e ammirazione godeva tra le nostre Mamme molisane che facevano tesoro della sua esperienza e dei suoi consigli : ” l ‘ ha detto pure la moglie di Giuliano ” , si dicevano tra loro .E tutto questo le sembra poco ? Auguri per oggi e per tanti anni a venire ancora . Grazie per voler condividere con noi pezzi preziosi del suo passato e del riferimento al mio amatissimo Papà ‘, mi ha commossa .
Gianna
Ogni storia è qualcosa a sé, qualcosa di unico ed irripetibile, ed è sempre difficile, o comunque non facile, immedesimarsi in chi ne è stato protagonista, ma queste belle righe mi fanno tornare alla mente altre figure femminili che in questi decenni hanno scelto di dedicare la loro vita alla famiglia – ai figli o ad altri congiunti, genitori ma non solo, che avevano bisogno di essere aiutati e sostenuti – e hanno così rinunciato a “realizzarsi” in altro modo, quando avevano la possibilità di farlo.
Immagino che nel corso della vita si siano chieste più di una volta se la loro scelta sia stata quella giusta od opportuna, ed è del resto la domanda che in molti ci poniamo via via che gli anni passano e facciamo un qualche bilancio sulla nostra esistenza, e credo che vada messo in conto un qualche rammarico o ripensamento su quanto, col senno del poi, non abbiamo fatto e forse potevano fare, ma penso nel contempo che chi si è dedicato alla propria famiglia non abbia motivo di doversi ricredere.
P.B. 08.03.2021
P.B.
Non solo tu, Elda, tantissime come te. Che forza! In un prossimo libro parlo del doppio valore delle donne… Ad ascoltare il tuo bel racconto, emerge questo valore… Dilva Attolini
Dilva Attolini