Riceviamo e pubblichiamo.
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Non riesco proprio ad appassionarmi ad un referendum definito, se non un attacco alla democrazia, almeno una riforma a metà, può darsi che sussistano alcuni limiti ma è ineccepibile che per raggiungere una meta bisogna pure fare i primi passi e credo sia limitativo ridurlo semplicemente ad un mero taglio del numero dei parlamentari ed al risparmio da esso collegato. Un risparmio che si limita a non più di due euro per ogni cittadino ma altrettanto vero che questo piccolo gruzzolo potrebbe essere impegnato per una piccola integrazione delle pensioni minime. Da noi si dice ”Meglio succhiare un osso che un bastone”.
Così come è pur vero che rimane forte il problema della rappresentanza di territori svantaggiati per per lo scarso numero degli abitanti nei confronti delle potenti e popolose aree metropolitane.
Ma sorgono spontanee alcune domande, alle quali, nessuno dei mille parlamentari ha voluto dare ascolto o non è riuscito a fornire una risposta soddisfacente. Tamte domande che continuano a far capolino nelle discussioni popolari.
Quante volte collegandosi al sito del Parlamento si vede e si sente il relatore che parla ad una miriade di scranni vuoti? Quante volte leggiamo sui quotidiani di parlamentari che presentano un numero di assenze pari o superiori al novanta per cento? Quante volte sentiamo parlare di privilegi da togliere per poi scoprire che il Parlamento rimane insensibile nonostamte il parere favorevole delle diverse commissioni o delle dichiarazioni del presidente dell’Inps che definisce la rendita dei parlamentari una vera e propria iniquità. Cosa rispondono i mille Parlamentari a tutti quei pensionati, disoccupati e famiglie che vedono sempre più allontanarsi quel minimo di tranquillità economica alla quale hanno diritto dopo una vita di lavoro e dopo il contributo dato al nostro Paese per la ricostruzione postbellica.
Perché pur avendo una rappresentanza in percentuale allineata con l'Europa i nostri Parlamentari compreso quelli seduti al Parlamento Europeo usufruiscono di benefici notevolmente superiori? Una delle risposte più in voga è che questo non è che “basso qualunquismo” e poco importa se il cittadino è più o meno giustamente sfiduciato alla politica o se trova risposte insufficienti ai propri bisogni. Il politico, una volta eletto, è convinto di avere in tasca la verità e difficilmente è disponibile alla confutazione da parte di chicchessia.
Altra inconsistente ragione per bocciare questo referendum, si dice, che i parlamentari sarebbero scelti dalle segreterie dei partiti e non più dagli elettori. Come se oggi li scegliessimo noi. Non è forse vero che il comune cittadino, a differenza dei tempi passati ( vedi Partiti e Prima Repubblica) per essere candidato ed avere un minimo di possibilità di essere eletto necessita di sostanziose risorse economiche o ricorrere a sostenitori economicamente interessati, e ben sapendo che, una volta eletto, le sarà presenteranno il conto. Nessuno investe a rendimento 0.
Capisco che tutto ciò può apparire populismo, ma come più volte dichiarato da personaggi (sia di destra che di sinistra ho sentito dichiarazioni che io non condivido) che “populismo deriva da popolo” ed è pertanto legittimo e doveroso che esso sia rappresentato in maniera populista.
Ma la ragione più forte è sicuramente che andrebbe bene il taglio dei parlamentari se fosse affiancato da una riforma della legge elettorale che garantisse la giusta rappresentanza.
Il Parlamento il tempo lo aveva per un riforma completa ma il risultato è stato che, se una camera approvava una riforma, immancabilmente l’altra la bocciava o modificava fino a quando non sarebbe scaduto il mandato ed il tutto rinviato ad nuovo parlamento.
Ultima ragione e certamente condivisibile abbiamo la costituzione più bella del mondo, ma dobbiamo prendere atto, che quando è stata approvata il mondo era leggermente diverso, gli strumenti di lavoro, di rapporto e comunicazione erano limitati, le notizie ed i rapporti tra diversi soggetti erano legati nella migliore delle ipotesi al telegrafo poi il telefono. al Fax.
Già nel v secolo A.C. in Atene esisteva la prima forma democratica di governo e la prima costituzione al mondo mi risulta essere quella di San Marino del 1600.
Eppure anche queste hanno subito cambiamenti e mutazioni, perché anche le cose più belle possono essere migliorate ed adeguate alle nuove esigenze. Il mondo cambia, è cambiato e non dobbiamo restare ad assistere passivamente ma essere guida di tali cambiamenti.
L'esigenza è una riforma della legge elettorale, bene, ma con alcuni punti fermi e che comprendano trasparenza e giustizia.
1°Non possono esser candidati cittadini condannati o imputati di reati contro la Pubblica Amministrazione, le Istituzioni ed altri singoli cittadini
2° gli eletti non hanno diritto ad altri benefici di qualsiasi natura, al di là della giusta retribuzione ed il giusto rimborso spese sostenute per i compiti loro affidati ed il giusto trattamento pensionistico riconosciuto come per tutti i cittadini rappresentati
3° I parlamentari eletti, decadono dopo tre (3) assenze ingiustificate quali; Impegni Istituzionali, Malattia, Gravi problemi Famigliari
4° Ogni cittadino ha diritto a candidarsi in un solo collegio elettorale
5° Immunità Parlamentare non è un diritto essendo tutti i cittadini uguali di fronte alla legge.
Mi si perdoni poi l'ingenuità se non faccio il tifo ma non mi scandalizza una Repubblica Presidenziale visto che tale scelta è già stata applicata a Regioni e Comuni e, come canta Gaber “le Province no. Questo no, proprio no".
(Alberto Tondelli)
Egr sig Tondelli posso capire le sue ragioni ma se si proclamano tanto le riforme bisognerà pure iniziare da qualche parte !! Anche se posso concordare che sia un inizio discutibile. Non è vero che tutti i cittadini possono essere eletti ma solo quelli protetti dai partiti !!!! PER FAVORE MEDITIAMO!!!!!
jimmy
Se non ne ho frainteso le parole, l’Autore di queste righe, pur non appassionandosi a questo Referendum, in quanto configurabile come una “riforma a metà”, arriva comunque ad “accettarlo”, e sembrerebbe propendere per il SI’, in nome del popolare detto “meglio succhiare un osso che un bastone”, e perché anche una riforma a metà può essere guardata come il primo passo verso ulteriori e più ampi cambiamenti.
Salvo poi aggiungere più oltre, quasi a smentirsi, che il “Parlamento il tempo lo aveva per un riforma completa ma il risultato è stato che, se una camera approvava una riforma, immancabilmente l’altra la bocciava o modificava fino a quando non sarebbe scaduto il mandato ed il tutto rinviato ad nuovo parlamento”, e qui qualcosa comincia francamente a non tornarmi, o tornarmi poco.
Infatti, a meno di sbagliarmi, non mi risulta che nella legislatura in corso sia stata proposta alle Camere una “riforma completa”, ossia qualcosa di diverso dal “mero taglio del numero dei parlamentari”, il che autorizzerebbe a pensare che l’attuale maggioranza di governo non abbia granché voglia o propensione ad attuare quella “riforma completa” di cui la riduzione numerica dei parlamentari dovrebbe essere la premessa.
Viene da aggiungere che le modifiche costituzionali sono materia delicata, da affrontare non in maniera frazionata, ossia cambiando volta a volta un “pezzo”, bensì avendo una precisa visione d’insieme che armonizzi tutti i cambiamenti apportati, cosa che avvenne in un passato non lontano su iniziativa del centro-destra, XIV legislatura, Governo Berlusconi, con quella riforma che tuttavia non superò il Referendum del giugno 2006.
Visto poi che queste righe si concludono col dire “non mi scandalizza una Repubblica Presidenziale”, proprio quella mancata Riforma costituzionale di 15 anni fa si proponeva di rafforzare il potere del Primo Ministro, attraverso il cosiddetto “Premierato”, oltre a rivedere alcune altre parti importanti della architettura istituzionale (era cioè una “riforma completa”, che non si limitava alla riduzione numerica dei membri del Parlamento).
Infine, l’estensore di queste righe ricorda opportunamente la “differenza dei tempi passati – vedi Partiti e Prima Repubblica”, ed in effetti allora l’elettore aveva maggiori margini nella scelta dei propri rappresentanti, tramite il sistema delle preferenze che un tempo erano multiple, fino al Referendum del giugno 1991 che le ridusse ad una, per poi “scomparire” di lì a poco, e ci fu chi disse che da quella data prese inizio la fine della Prima Repubblica.
Il non riuscire ad appassionarsi dell’oggi è forse in qualche modo figlio o conseguenza dell’esito uscito da alcuni Referendum di ieri ?
P.B. 14.09.2020
P.B.
Buonasera P.B.
per completezza di informazione, quando chi scrive cita una “riforma completa” si riferisce a mio avviso ad una riforma elettorale, come specificato appunto nelle righe che precedono la frase da lei citata. Alberto scrive difatti che “andrebbe bene il taglio dei parlamentari se fosse affiancato da una riforma della legge elettorale che garantisse la giusta rappresentanza”.
Nella legislatura in corso, la discussione sulla legge elettorale c’è stata eccome, tant’è che il testo base sta andando ai voti in commissione in questi giorni, traducendo nero su bianco l’accordo raggiunto dalla maggioranza lo scorso autunno (un sistema proporzionale con soglia di sbarramento al 5 per cento e diritto di tribuna per i piccoli partiti). L’opposizione, come da sue legittime prerogative, sta facendo le barricate, vedremo nel prossimo futuro quali risultati questo parlamento (probabilmente l’ultimo con 945 membri) sarà in grado di portare a casa.
Un cordiale saluto
Andrea
Non so se abbia ragione Andrea quando scrive che Alberto, per “riforma completa”, intendeva una riforma elettorale, ma sta di fatto che nelle righe di Alberto troviamo citata per tre volte la parola Costituzione, prima la nostra e, a seguire, quella di Atene del V secolo A.C., e quella di S. Marino del 1.600, entrambe oggetto di “cambiamenti e mutazioni”, sempre a suo dire, il che mi fa pensare che Alberto, diversamente dalla tesi espressa da Andrea, si riferisse proprio alla nostra Carta costituzionale nel parlare di “riforma completa”, senza contare il suo richiamo finale alla Repubblica Presidenziale, materia questa di stretta valenza e pertinenza costituzionale (e del resto i sistemi elettorali sono normalmente stabiliti e regolati tramite legge ordinaria, ossia non costituzionale, il che sembrerebbe pertanto avvalorare la mia versione).
In ogni caso, seppure da posizioni differenti dalle sue, da come io le ho interpretate, devo dar atto ad Alberto di aver toccato l’argomento Referendum in un silenzio pressoché generale, almeno dalle nostre parti, e il commento di Andrea mi dà a sua volta lo spunto per una considerazione sulla legge elettorale qui abbozzata da Alberto, segnatamente il primo dei cinque punti che dovrebbero contraddistinguere la sua riforma ideale, quello che rende in candidabili quanti hanno condanne ed imputazioni, perché una precondizione del genere mi sembra configurare uno Stato etico, piuttosto che lo Stato laico di cui ci riempiamo di continuo la bocca (l’etica è sicuramente cosa molto importante ma a mio avviso deve nascere spontaneamente all’interno di una società, e diventarne semmai costume, non venir cioè imposta per legge).
In politica torna periodicamente fuori la cosiddetta “questione morale”, concetto in sé molto suadente ed invitante che può certamente affascinare e far presa nel sentire comune, ma può nondimeno spingerci verso un terreno piuttosto delicato e “sdrucciolevole”, che si presta alle strumentalizzazioni, con rischi di indurre una “caccia alle streghe” per neutralizzare l’avversario, come insegnano quei precedenti storici dove gli irreprensibili “accusatori” della prima ora sono poi divenuti gli “accusati” di turno, sino a finire essi stessi sul “patibolo”, e non a caso una personalità politica del passato diceva che nel voler fare a gara a fare i puri troverai sempre uno più puro che ti epura (per questo la “celebrazione” dell’etica mi convince poco, come quando un nostro interlocutore si proclama imparziale ed obiettivo senza esserne richiesto).
P.B. 16.09.2020
P.B.
Riguardo la questione morale, mi trovo solo parzialmente d’accordo con P.B.
A mio avviso ha ragione sul fatto che la caccia alle streghe sia una pratica molto pericolosa, che si può ritorcere contro chi la pratica, come è successo a tutti, dal PD ai 5 stelle, e a partire dai leghisti che sventolavano i cappi in parlamento ai tempi di Craxi e poi sono stati beccati a rubare come se non più dei socialisti.
Mi trovo però in disaccordo sul fatto che l’etica non debba essere imposta, o che debba essere imposta solamente ai poveracci e alla gente comune, e non ai potenti. Il nocciolo della questione è la differenza che passa tra la caccia alle streghe, che viene praticata dagli avversari politici portatori di interessi, e la caccia ai colpevoli e ai corrotti, che invece deve essere portata avanti da una magistratura imparziale e non politicizzata.
Andrea
Bene cari Sig. ed amici,
Innanzitutto l’obiettivo che mi ero imposto era, in un silenzio quasi totale, di approfondire, per quanto possibile i temi inclusi nel referendum di settembre, pertanto, tutti i commenti sono più che benaccolti.
Solo tre precisazioni:
1 – “Tutti i cittadini possono essere candidati ed eletti solo se protetti dai partiti politici” nutro dubbi si questo perché è forte il timore che più che i partiti siano i potentati economici a orientare ed incidere sulle soluzioni politiche e non solo in Italia.
2 – Rispetto il passato e penso di essere informato su di esso ma, sono convinto che dobbiamo vivere il presente con tutte le nostre forze al di la dell’appartenenza di questa o quella forza politica anzi, visto che si parla di laicità credo sinceramente che l’obiettivo vero dovrebbe essere il contenuto del referendum e non gli effetti ( che alcuni sperano destabilizzanti) per l’attuale governo del Paese. Non credo ci sia bisogno di tornare al 2006, troppo facile e fuorviante.
3 – Sulla questione morale ( anche qui potremmo andare alla metà degli anni settanta) ma ne abbiamo bisogno oggi. Sono d’accordo che non dovrebbe essere imposta ma dovrebbe far parte del bagaglio culturale di tutti i cittadini ed in particolare di coloro che questi cittadini rappresentano.
Non sono mai stato moralista e tantomeno ho condiviso la “caccia alle streghe” però debbo riconoscere che le streghe non sono estinte
Alberto Tondelli
alberto tondelli
Rispondo ad Alberto col dire che non condivido la sua tesi del dover vivere il presente senza volgersi indietro, guardando cioè ai fatti ed esperienze dei tempi andati, quelli più recenti almeno, giacché mi riconosco in un pensiero abbastanza opposto al suo, pensiero che vede nel passato le radici indispensabili per dare fisionomia ed identità ad un Paese, o a un territorio, senza le quali il futuro manca della base su cui appoggiarsi, e diviene pertanto incerto e fragile, o “sghembo”, e poi dal passato possiamo trarre indicazioni ed insegnamento per non incorrere in errori già commessi.
Mi sembra poi che egli esprima un sentimento di sfiducia verso i partiti, ma non capisco se propenda verso la cosiddetta democrazia diretta, ossia quella “formula” in cui l’intermediazione dei partiti perde valenza e forza dal momento che un capo politico si rivolge direttamente al popolo, cioè al corpo elettorale, com’è un po’ il caso del Presidenzialismo, che non “scandalizza” Alberto e che anch’io non vedo male, ma con gli opportuni contrappesi, come le liste di sostegno al candidato Presidente i cui componenti siano eletti col sistema delle preferenze.
Anche il metodo delle preferenze non è certo scevro da limiti ed imperfezioni, ma può comunque arginare ed equilibrare l’eventuale “strapotere” dei partiti, perlomeno a mio modo di vedere, e avrei gradito conoscere anche l’opinione di Alberto in merito, per capire come a suo giudizio si possa recuperare l’apparente scetticismo che egli nutre verso i partiti, e riguardo al vicino Referendum potrà anche esservi una quota di voto” ideologico”, meno interessato al contenuto, ma alla stessa stregua non possiamo escludere che nel Referendum 2006 il voto ideologico abbia inciso parecchio nel respingere l’allora Riforma costituzionale del centro-destra.
Ad Andrea mi permetto di ricordare che nel corso dei secoli c’è stato chi ha idealizzato modelli statuali virtuosi e tesi alla perfezione, salvo il rivelarsi poi irrealistiche utopie, semmai non prive di indesiderate conseguenze, e quanto alla “caccia ai colpevoli e ai corrotti” da lui calorosamente invocata, devesi tener presente che può anche portare ad errori cui è poi difficile rimediare, e non mancano gli esempi di figure politiche caricate di colpevolezze dimostratesi alla fine infondate ed inesistenti, ma costrette nel frattempo ad ”uscir di scena”, il che non mi pare affatto giusto; si sente dire che in determinati settori, per impedire illeciti e corruttele, sono state introdotte in via preventiva norme così stringenti da rendere difficile l’operare anche per quei molti che agiscono abitualmente in maniera corretta (non mi pare francamente un gran risultato, e credo andrebbe trovata una “giusta misura”, ed egual principio può valere per la politica).
P.B. 16.09.2020
P.B.
Caro P.B.
se dovessimo applicare il suo ragionamento alla società nel suo complesso, dovremmo a questo punto eliminare tribunali, giudici, poliziotti e carceri, dato che nel momento stesso in cui la giustizia fa il suo corso la possibilità di incorrere in errori è intrinsecamente presente. Contrariamente a ciò che spesso traspare dai discorsi di certi politici di destra, che sono garantisti solo quando di mezzo ci sono politici e potenti ma si preoccupano meno delle migliaia di persone comuni detenute in attesa di giudizio o vittime di malagiustizia (e questo mi pare altrettanto ingiusto), l’esercizio della giustizia deve a mio avviso funzionare per tutti allo stesso modo come sancito dalla costituzione, senza essere messa in subordine a clausole di garanzia che valgono solo per qualcuno.
Andrea
Non se ne abbia a male, Andrea, se dico che egli corre parecchio – e a sproposito – con l’immaginazione, nell’attribuirmi una visione della società un po’ troppo fantasiosa e paradossale, mentre io vorrei semplicemente che le nostre legittime appartenenze e pulsioni ideologiche non si acuissero al punto da divenire “forcaiole”, e farci desiderare che le azioni e responsabilità politiche dell’avversario di turno, trasformato in un “nemico”, divengano questioni giudiziarie.
E se penso a Craxi, e poi al Cavaliere, e adesso a Salvini, faccio molta fatica a pensare che a loro siano state applicate o riservate “clausole di garanzie che valgono solo per qualcuno”, mutuando le conclusioni di Andrea, abbiano cioè goduto di privilegi in questo senso, e mi sembrerebbe piuttosto arduo e difficile sostenere il contrario, a meno che la ideologia, come avanti dicevo, non arrivi a determinare sempre e comunque il nostro modo di ragionare.
P.B. 17.09.2020
P.B.
Se pensa al Cavaliere, fa molta fatica a pensare che a lui siano state applicate o riservate “clausole di garanzia che valgono solo per qualcuno”?
Spero solo, dal profondo del mio cuore, che lei stia scherzando. Altrimenti c’è qualcosa che non va…
Andrea
Le “vicissitudini” del Cavaliere stanno a dirci che un ex-Capo di governo è stato affidato ai Servizi Sociali e un Capo dell’opposizione fatto decadere da membro del Senato, due evenienze abbastanza insolite e inusuali, e che non mi sembrano denotare condizioni di favore a vantaggio dell’interessato, ma forse c’è chi lo avrebbe desiderato in carcere, alla stregua di chi “inveiva e tuonava” contro Craxi con la “bava alla bocca” – come si usa dire – sperando di vederlo “dietro le sbarre” (io non sto affatto scherzando, egregio Andrea, e mi onoro di non appartenere alla categoria di chi “demonizza” l’avversario politico in una logica essenzialmente “punitiva”, non di rado esercitata per l’appunto con la bava alla bocca).
Da ultimo, ad Alberto – il quale nel suo commento di due giorni fa scriveva che “l’obiettivo vero dovrebbe essere il contenuto del referendum e non gli effetti, che alcuni sperano destabilizzanti per l’attuale governo del Paese” – vorrei far presente che se i vertici di una delle due componenti governative propendono ora per il SI’, dopo aver ripetutamente votato contro il “taglio” dei parlamentari, con una inversione di marcia interpretabile, del tutto legittimamente, almeno io lo credo, come il non voler creare tensioni nell’Esecutivo di cui adesso fanno parte, deve essere allora ammesso ed accettato, per “par condicio” ed equità, che chi è orientato invece per il NO possa farlo per la ragione opposta, ossia la contrarietà verso l’Esecutivo in carica.
P.B. 18.09.2020
P.B.
Egregio P.B.
Le “vicissitudini” del Cavaliere stanno a dirci che un ex-Capo di governo è stato affidato ai Servizi Sociali e un Capo dell’opposizione fatto decadere da membro del Senato, dopo venti anni di scontro tra governo e magistratura. Venti anni in cui sono state varate talmente tante leggi ad personam che digitando su google “leggi a” il primo risultato che esce è “leggi ad personam Berlusconi”. Sostenere che Berlusconi non abbia goduto di leggi ritagliate su misura per lui, e per proteggersi dai suoi guai giudiziari, è un’affermazione talmente surreale da far impallidire un terrapiattista. Questo, non mi si fraintenda, non significa che la ragione stia tutta dalla parte della magistratura, che indubbiamente si è accanita e ha commesso, purtroppo, i suoi errori. Spero di farle infine cosa gradita, ricordandole che, come ho già avuto occasione di ribadire, non faccio parte della schiera dei forcaioli e non ho alcun desiderio di vedere nessuno in carcere, al contrario di coloro che, sedendo sui banchi della Lega e stando dalla sua medesima parte politica, agitavano i cappi in parlamento e Craxi lo avrebbero voluto vedere impiccato. Come scrisse Cicerone, la memoria è tesoro e custode di tutte le cose.
Un caro saluto
Andrea
Stia certo, egregio Andrea, che conservo ancora ben viva la memoria dell’agitar di cappi di allora, nonché delle piazze astiose e vocianti – assecondate se non “spalleggiate” da altra e diversa mano politica – e di quant’altro venne all’epoca riservato ai socialisti, e ho altresì presente chi nel frattempo si è ricreduto, ammettendo l’errore commesso nei confronti del leader socialista, e chi invece si è ben guardato dal farlo in questo quarto di secolo, nonostante l’abbondar di evidenze, e persiste nella propria tesi “giustizialista”.
E riguardo a quest’ultima parte “giustizialista” – visto che Andrea cita Cicerone, andando indietro a oltre duemila anni fa – spero a mia volta in qualcosa di molto antico, ossia nella Nemesi riparatrice della mitologia greca, e confido che prima o poi arrivi giustappunto la nemesi storica, la quale non potrà certo rimediare ai torti subiti dai socialisti, ma potrebbe comunque decidere che agli “accusatori” spetti la stessa sorte “inflitta” agli “accusati”, secondo la legge del contrappasso (chi semina vento raccoglie tempesta, per esempio).
Dipoi, se la qualifica di terrapiattista viene qui attribuita per screditare od “irridere” chi non sa riconoscere la verità, della quale è ovviamente depositario soltanto il pensiero “politicamente corretto”, raccomanderei sommessamente ad Andrea di andarci un po’ prudente in queste affermazioni così categoriche e trancianti, perché non è la prima volta che certe presunte “esattezze”, date per indiscutibili, si rivelano col tempo meno assolute ed insindacabili (tanto da poter essere semmai ribaltate o quasi).
P.B. 23.09.2020
P.B.
Egregio P.B.
se è forse vero che i signori della Lega si sono ricreduti nei confronti del leader socialista, è però innegabile che il loro atteggiamento forcaiolo, come dimostra quanto avvenuto a Bologna in campagna elettorale, non è affatto sopito.
E se è vero che la dea Nemesi, alla quale io sono particolarmente devoto, ha iniziato il proprio lavoro mandando a processo Bossi e gran parte della classe dirigente leghista di quegli anni, è altrettanto vero che dovrebbe completare l’opera mandando qualcuno, con tanto di giornalisti al seguito, a citofonare a Salvini per chiedergli se è un ladro, un corrotto e un fascista, come dicono le voci di quartiere.
Andrea
Se alla Nemesi invocata da Andrea egli chiede di completare l’opera di “punizione” nei confronti della Lega, ricambiando la telefonata di gennaio in terra felsinea, si tratterebbe secondo me di riparare a qualcosa di ben diverso, e meno grave, rispetto a quanto, una ventina d’anni fa, portò all’annientamento del PSI, un partito che nel suo secolo di vita era sopravvissuto a molteplici e anche difficili traversie.
Proprio pensando a quell’annientamento – del quale, oggettivamente, non ci si può ancora capacitare – allorché nel mio precedente commento ho citato la legge del contrappasso, mi sarei istintivamente concesso la massima “chi di spada ferisce di spada perisce”, dal momento che la ferita allora inflitta al PSI fu veramente “mortale”, ma mi sono fermato al meno rancoroso “chi semina vento raccoglie tempesta”.
P.B. 26.09.2020
P.B.