In tutta la provincia docenti, dirigenti e segreteria sono al lavoro per garantire, dal prossimo 14 settembre, l'inizio del nuovo anno scolastico in sicurezza per i circa 22.000 studenti delle scuole secondarie di II grado.
Gli aspetti logistici della riapertura post-pandemia sono infatti tutti a carico della Provincia, che gestisce i 21 istituti scolastici superiori reggiani: 12 nel capoluogo, 9 nel territorio provinciale.
Al fine di garantire il distanziamento ed evitare assembramenti sono stati stanziati un milione di fondi europei per interventi di edilizia leggera ad aule e ambienti esterni: abbattere o spostare muri, aggiungere pareti scorrevoli, istallare varchi d'accesso e camminamenti esterni per assicurare a tutti i ragazzi un rientro a scuola in sicurezza.
A questo milione di euro, la Provincia aggiungerà risorse dal proprio bilancio per affittare ulteriori spazi in cui fare lezione, soprattutto nelle zone di Castelnovo ne' Monti, Correggio e Scandiano. Si tratta di centri sociali, locali parrocchiali o spazi privati, che verranno presi in locazione per ricavare ulteriori aule.
Mentre i dettagli dei lavori e del piano per garantire la sicurezza di ragazzi e personale verranno meglio illustrati i primi di settembre, sembra non ci sia alcuna distinzione di protocollo per le scuole che si trovano in zone montane o in aree più disagiate.
A questo proposito, Fratelli d'Italia chiede di abolire il numero minimo di alunni nella costituzione delle classi di ogni ordine e grado, sia nei comuni montani che in quelli delle aree disagiate, in modo da consentire"un approccio più flessibile e incentivante per il mantenimento delle attività didattiche e formative nel cuore dei centri montani, combattendone allo stesso tempo lo spopolamento".
Nonostante l'attuale impianto legislativo già oggi consenta deroghe per i piccoli comuni montani, insulari e nelle aree geografiche popolate da minoranze linguistiche, i consiglieri di Fratelli d'Italia chiedono di fatto l'abolizione della norma per specifiche aree.
Come si legge nella risoluzione, la deroga per le scuole di montagna si configurerebbe di fatto come un argine allo "sgretolamento del tessuto sociale e civile della montagna italiana". Il mantenimento dei presidi scolastici, concludono i consiglieri, "appare come una necessità non tanto e non solo per gli abitanti della montagna, ma per l’intero paese".