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Questa rubrica vuole essere un luogo di spunti per stimolare una riflessione corale e collettiva su temi di attualità. L’idea è quella di partire dal nostro territorio verso cerchi più ampi, o vice versa ascoltare gli echi lontani e portarceli vicini.
L'abuso di sostanze alcoliche mette in pericolo sé stessi e gli altri. è un comportamento diffuso e può diventare un problema anche per i giovanissimi. Ne parliamo col dottor Fulvio Fantozzi, medico esperto di dipendenze patologiche che opera a Reggio Emilia, collaborando con diversi enti.
Dottore, l’alcol è un noto lubrificante sociale. Perché e come si beve?
E’ necessario distinguere tra un uso conviviale dell’alcol e un abuso tossico che porta a gravi problematiche. La produzione del vino buono fa parte della nostra cultura e come tale va rispettata e onorata. Altra cosa è abusare della sostanza per stordirsi, questo è davvero pericoloso.
Ci può fare un identikit del suo paziente?
Io ho lavorato al Sert per molti anni, ora ho abbracciato la libera professione, pur collaborando col territorio e vari enti. Dobbiamo distinguere diversi tipi di utenti. Chi si rivolge al servizio pubblico può essere un bevitore cronico e può contattare il servizio per accontentare la famiglia, senza troppa convinzione. Nel privato vengono invece persone che vogliono restare il più possibile defilate, come i cosiddetti cittadini al di sopra di ogni sospetto, magari che hanno professioni importanti, e non vogliono esporsi troppo, possono essere giovani rampolli, a volte colleghi medici stessi. Purtroppo il problema della dipendenza da alcol è trasversale ai ceti sociali e alle professioni.
Perché qualcuno sviluppa un disturbo da uso di alcol e qualcun altro può invece restare un assaggiatore di vini senza sviluppare dipendenza?
Anche qui occorre fare dei distinguo. Ci sono persone che bevono regolarmente due litri di alcolici al giorno, non sono mai brilli, ma hanno danni fisici importanti. Il bevitore occasionale che fa uso incongruo di alcol può diventare molto pericoloso per sé e per gli altri se si mette in macchina, molto più del bevitore cronico, che fa un uso abituale eccessivo, il cosiddetto alcolista che troviamo al bar già alle 9 del mattino, e resta lì tutto il giorno dove lo troviamo a fare battute, a far “divertire” i passanti. Diventano personaggi di paese, si atteggiano a macchiette, sono soggetti tipici, hanno il naso come una nappa rossa, l’alito alcolico. In America li chiamano “eye opener”, per aprire gli occhi devono bere già al mattino presto, gli trema la tazzina del caffè che beve corretto, perché ha bisogno subito di introdurre alcol dopo una notte di sonno, in quanto è già in astinenza.
Quali sono le cause psicologiche e emotive dell’abuso di alcol?
Molteplici. Innanzitutto fattori genetici ereditari. Si conoscono famiglie intere dove nonno, padre e figli bevono. Fattori culturali, di abitudine. Infine fattori traumatici che portano a cercare risposte nello stordimento. E’ evidente che l’alcol non è mai una soluzione, quanto un sintomo.
Perché in alcune realtà come la montagna, pare, si beve così tanto?
Fattori climatici favoriscono l’utilizzo di alcol per scaldarsi. Altro fattore la povertà di stimoli culturali, in alcuni luoghi il bar è il polo aggregante, non c’è molto da ‘fare’, l’ozio può diventare una concausa.
Discorso a parte per i giovani?
L’alcol fa promesse a chi beve molto: lo illude, lì per lì, di essere invincibile, disinibisce, e soprattutto in questo periodo di Covid, rischia di fare assumere comportamenti sprezzanti del rischio. Per le ragazze l’alcol può diventare un passe-partout, e non è raro che qualche ragazzina (e anche qualche ragazzino) si trovi a vivere esperienze di promiscuità che non avrebbe scelto da sobria.
Cosa funziona come terapia di recupero dalla dipendenza?
Una diagnosi che non tenga presente solo un fattore. Funziona una rete di professionisti, il tossicologo, lo psicologo, per alcuni sono necessari farmaci (Antabuse). Un approccio laico ci permette di non adottare una via dogmatica. L’individuo va valutato nella sua realtà, tenendo presente tutti gli assi della sua quotidianità che si intersecano. Imporre un’astinenza immediata ad esempio può portare a volte la persona a desistere, accompagnarla invece in un percorso che sia sostenibile e abbordabile ci garantisce un miglior risultato. Ci sono strategie che consentono di condurre per mano il soggetto a un bere controllato, insegnandogli gradualmente a gestire il craving, l’astinenza.
Come psicologa delle relazioni incrocio spesso donne che dipendono da un lui che dipende dalla bottiglia. La partner dell’alcolista viene definita codipendente.
Sì, chi vive controllando l’altro sviluppa al pari una dipendenza. Guardare cosa fa l’altro è funzionale alla vita di chi ha questa liason. Monitorare l’alcolista diventa la ragione di vita del partner, che può sfociare in una vera dipendenza, definita appunto codipendenza poiché entrambi ne soffrono.
Cosa possiamo dire a chi tende ad abusare?
Bere in modo smodato è altamente pericoloso per la salute, si rischiano patologie vascolari, e gravi danni epatici. Porta ad abbassare l’attenzione e può creare situazioni di pericolo gravissimo in maniera stupida e irreversibile. Uno stile di vita tossico può costare molto, come pure una bevuta in compagnia senza rendersi conto. Invece di 5 birre si può berne un paio e non mettersi in auto. Si può imparare a divertirsi senza gli eccessi, come pure gestire il disagio, quel senso di insicurezza è un compito per tutti noi. Un monito a chi l’alcol lo vende: è illecito vendere bevande alcoliche a minori di 18 anni. Vanno educati anche gli adulti a non essere così superficiali.
Un’ultima domanda: lei dottore si concede un buon bicchiere di vino?
Certamente. Nel rispetto delle dosi concesse dall’Oms L’atteggiamento demonizzante è irrealistico. Il vino fa parte della nostra civiltà, possiamo promuovere l’aspetto edonistico del vino. Ma a condizione di conoscere il bere non pericoloso, sano e ‘estetico’. Il piacere non è abbrutimento, l’Oms dice di non superare le due unità al giorno, o i 21 bicchieri al massimo la settimana, ovviamente non in un giorno! Le donne eliminano molto più lentamente l’alcol perciò non devono superare le due unità (due bicchieri) al giorno. L’alcol non solo porta alla cirrosi, favorisce alterazioni della pressione arteriosa, è correlato al tumore al seno. Perciò usiamo la conoscenza e l’intelligenza. E gustiamocelo pure un buon nocino come quello che ha preparato mia moglie con le noci raccolte la sera di San Giovanni.
(Ameya Canovi *)
*Ameya Gabriella Canovi è PhD, docente e psicologa, si occupa di relazioni e dipendenze affettive. Da poco ha terminato un dottorato di ricerca in ambito della psicologia dell’educazione studiando le emozioni in classe. Ha un sito e una pagina Facebook “Di troppo amore”.