Intanto Manzoni è cresciuto, è diventato più maturo e più profondo. Anche la scelta della metrica ha un suo motivo. Nei precedenti inni aveva voluto sottolineare il tema della ricorrenza (gioioso a Pasqua, meditativo nella Passione, rievocativo a Natale) qui “invece, rompendo questo schema, l'attenzione è centrata sulla novità portata dal cristianesimo e dall'azione dello Spirito Santo nella Storia”.
Con la pentecoste la Chiesa diventa una realtà viva ed esce allo scoperto. È una nuova società, s'è detto, ma è anche un simbolo della società soprannaturale: Madre dei Santi, immagine / della città superna. Santo è colui che realizza in sé stesso il patto sancito con Dio, lo mette in pratica, vi resta fedele.
Dopo aver descritto la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli, quindi sulla Chiesa appena nata, punta anche ad evidenziare problemi sociali, attuali nella società in cui la nuova Chiesa viene a trovarsi. Non occorre più spiegare il Messaggio ma trasformarlo in qualcosa di reale, di concreto, di coraggioso, utile alla società. La forza ci arriva dallo Spirito Santo, e quello sparuto gruppetto di seguaci di Cristo predicatore, che si era nascosto nel cenacolo dopo la disfatta per la morte di Cristo, credendo che tutto fosse finito, ora diventa forte e affronta i persecutori. E lo Spirito infonde in loro il dono della comunicazione: Ognuno li capiva perché li sentiva parlare nella propria lingua.
Il percorso della Chiesa non sarà facile: Tu che da tanti secoli / soffri, combatti e preghi.
Nella prima parte dell'inno si insiste sulla descrizione della Pentecoste: come è avvenuta e cosa ha prodotto nell'immediato. La Chiesa diventa “segnal dei popoli”, cioè faro verso il quale orientarsi. Diventa il “Campo di quei che sperano”, vale a dire aspirazione dell'umanità intera, proiettata verso un mondo più giusto.
Nella seconda parte si sottolinea la novità introdotta dal cristianesimo nel mondo e nella storia: siamo tutti uguali. Di fronte al Cristo non c'è distinzione tra credente e pagano, tra ricco e diseredato: Al regno i miser seco / il Signore solleva / … a tutti i figli d'Eva / nel suo dolor pensò”. “Per te sollevi il povero / al ciel, ch'è suo, le ciglia”.
Il tema sociale che pervade tutta la poesia è il “dualismo oppressi/oppressori”, già presente nel Manzoni giovane, cercato e non trovato nelle espressioni dei diversi tipi di governo sperimentati. Dice il De Sanctis, uno dei primi a capire il valore delle opere del Manzoni: “È il cristianesimo ricondotto alla sua idealità e armonizzato con lo spirito moderno”.
L'inno termina poi con l'invocazione allo Spirito perché entri nella mente degli uomini e li convinca della validità di questo nuovo messaggio, accompagnandoli nel rinunciare alla superbia, nel rinvigorire la fede per aiutare i bisognosi: “Tempra dei baldi giovani / il confidente ingegno, / reggi il viril proposito / ad ineffabil segno; / adorna la canizie / di liete voglie sante”.