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Anche gli psicologi dell’Ausl al servizio dei cittadini

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La situazione di emergenza che stiamo vivendo con il conseguente prolungamento dell’isolamento dalla vita sociale, la forzata lontananza dai familiari, dagli amici, dai luoghi di lavoro possono generare stati d’animo differenti, emozioni che rischiano di compromettere il nostro equilibrio, la nostra resilienza e capacità di affrontare gli eventi.

A questo si aggiunge la paura di essere contagiati o di contagiare: un timore generato da un nemico invisibile che può creare momenti di ansia e di smarrimento di cui è importante prendersi cura.

Per far fronte a questa urgenza tutte le AUSL della Regione hanno attivato numeri telefonici per contattare le Equipe Psicologiche per l’Emergenza, che  si occupano di interventi clinici e sociali in situazioni di emergenza o calamità appunto, cercando di mappare il comportamento individuale, gruppale o comunitario in situazioni di crisi.

L’AUSL di Reggio Emilia ha previsto un servizio di consulenza, attivo dal 18 marzo scorso, che offre supporto psicologico tramite colloqui telefonici, offrendo informazioni e suggerimenti alle persone sul come affrontare queste settimane.

I cittadini possono chiamare il numero 0522 296555 dalle 7.30 alle 17 dal lunedì al venerdì, il sabato dalle 7.30 alle 13. Risponde un operatore che inoltra la chiamata al personale dell’equipe.

 

Quali sono i dati raccolti dall’esperienza di queste prime tre settimane di progetto? Quali le domande più frequenti che vengono rivolte dagli utenti?

 

Lo abbiamo chiesto alla Dott.ssa Pensieri Luana, Psicologa NPIA di Reggio Emilia, che ci ha fornito un report riassuntivo di questa prima fase del progetto.

Nella fase più difficile della gestione Covid-19 da parte del sistema sanitario italiano, lo staff psicologico dell’Azienda AUSL della città ha ricevuto 158 telefonate, di cui 54 nella prima settimana, 60 nella seconda e 44 nella terza.

La parte più consistente delle richieste (149) sono arrivate dalla provincia di Reggio Emilia, 4 dai comun i montani e il restante da altre provincie, con una durata media delle telefonate di circa 32 minuti.

Ad usufruire maggiormente del servizio risultano le femmine (117) rispetto ai maschi (41).

Eterogenee emergono le fasce di età di chi ha chiamato: le percentuali più alte si registrano nelle età comprese fra i 40 e i 79 anni, con le seguenti suddivisioni 40-49 anni (34 : 21,5%), 50-59 anni (34: 21,5%), 60-69 anni (29:18,4%), 70-79 anni (31: 19,6%).

Le ragioni più diffuse che hanno portato i cittadini a rivolgersi al servizio riguardano l’insorgenza o l’aumento di propri sintomi psicologici e psicosomatici legati sia alla paura dell’infezione che alla quarantena (95 chiamate).

29 invece sono state le richieste per avere informazioni legate a sintomi fisici indicativi di una possibile infezione da Covid-19, che si aggiungono alle richieste di intervento per affrontare la preoccupazione per altre persone come familiari o amici in relazione all’infezione o all’isolamento dovuto alla quarantena.

Altre ragioni meno frequenti includevano la possibile perdita di lavoro, la didattica online dei figli, il peggioramento della relazione affettiva con il coniuge, la disponibilità e l’uso di dispositivi per le protezioni personali.

Il ventaglio di richieste arrivate al servizio ha richiesto di conseguenza differenti interventi psicologici, che spaziano dal contenimento (breve valutazione delle situazioni stressanti e dei sentimenti e comportamenti correlati),  fornito in 147 chiamate (93,0%), alla normalizzazione (ridefinizione di sentimenti e comportamenti riportati come normali reazioni normali a situazioni traumatiche o fortemente stressanti) in 131 chiamate (82,9%), fino alla psicoeducazione (relativa a reazioni normali e fisiologiche a eventi potenzialmente traumatici) in 99 chiamate (62,7%), indicazioni sulla la capacità di affrontare e la riduzione dello stress (individualizzate per fascia d'età: bambini, adulti, anziani) in 129 chiamate (81,6%) e indicazioni di passaggio ad altri operatori per percorsi specifici in 59 chiamate (37,3%).

Rispetto a questo ultimo punto, 18 chiamate erano in relazione all’infezione da COVID-19 (pazienti ospedalizzati dimessi o famigliari di pazienti ammalati o deceduti) e 16 di questi 18 pazienti hanno poi preso contatto e proseguito percorsi specifici di supporto con psicologhe ospedaliere. Altre chiamate orientate verso percorsi specifici riguardavano per lo più la presentazione o il peggioramento di sintomi gravi di disagio psicologico, come ansia, attacchi di panico o pensieri suicidi.

Un servizio importante dunque a cui i cittadini possono rivolgersi e che grazie alle metodologie di intervento messe in campo  possono aiutare a  ridimensionare l’impatto dello stress  che questa situazione senza precedenti sta avendo sulla società.

Giulia Ovi

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