Sabato mattina [18 aprile] mi sono recato all’ospedale per sottopormi ad un prelievo di sangue e ai rx urgenti al torace. Tutto era volto a una ricerca per scoprire le cause di una fastidiosa e persistente febbricola.
La sensazione che ho avuto è stata quella di essere sequestrato e prigioniero, fortunatamente, di filtri invalicabili creati a tutela della nostra salute. Ho fatto subito il prelievo e poi i rx.
A quel punto attendo l’esito che, puntualmente, dopo una decina di minuti è arrivato. Ritiro il dischetto e la lettera di diagnosi quando l’impiegata mi comunica che il dottore vuole sottopormi a una TAC. Naturalmente la calma inizia ad andarsene, ma se è da fare si farà.
Mi sottopongo al nuovo esame e poi, penso, finalmente tornerò a casa. No! Mi comunicano che sono atteso in Pronto Soccorso per ulteriori indagini: saturazione, desaturazione, frequenza cardiaca, pressione arteriosa, ecc.
Sento che il medico e l’infermiere dialogano tra loro scambiando numeri associati a termini sconosciuti fino a quando il dottore chiede all’infermiere di sottopormi al tampone per la ricerca del Convid 19.
Quel po’ di tranquillità che mi era rimasta se ne va in quel momento. Mi trattiene solamente una serie di ragionamenti razionali. Dopo un paio di minuti il dottore mi comunica che è arrivato l’esito della TAC: negativo!
Ritorno a respirare. Accuso qualche disturbo nel corso del running e, già che ero lì il medico richiede anche un ECG da sforzo che, anche quello, si risolverà positivamente. Finalmente ritorno a casa in attesa delle comunicazioni da Reggio per quanto potrebbe riguardare l’esito del tampone. Verso le 22 arriva sul fascicolo sanitario: Negativo.
Tutto in quel momento si scioglie: la tensione, la paura e il pensiero va a chi, diversamente da me deve lottare contro questa pandemia.
Corre anche al ricordo dei miei amici che se ne sono andati, agli anziani che vivono soli col solo mezzo di comunicazione di un cellulare. Penso ai bimbi che non possono giocare con i nonni e questi che vorrebbero ritornare un po’ bimbi.
Penso a tutto questo e, alla fine, penso al Dott. Rispoli del Pronto Soccorso con l’infermiere Fabio Marchesi e tutte le altre infermiere che cercano di portare un po’ di sollievo ai presenti.
Loro sfidano tutti i giorni il Conad 19 protetti da un sottile camice di TNT verde, da un paio di guanti, da una mascherina chirurgica e da una visiera di plexiglas. Non voglio entrare nel merito se queste sono protezioni efficaci; a me sembrano…un po’ leggere.
Il medesimo discorso vale per il cardiologo Dott. Bosi con il suo infermiere Gianluca Romei che ti incitano e ti tranquillizzano quando si inizia a sentire la fatica e la fame d’aria di consiglierebbe di premere il pulsante per arrestare il tapis roulant.
Grazie ai medici di tutti i reparti e a tutto il personale sanitario! Bravissimi e gentilissimi!