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Coronavirus, la priorità è la salute, ma anche “il dopo” preoccupa

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Mai come in questo momento ci si rende conto di come la salute sia il bene più prezioso; quando si ha, si sottovaluta, ma quando viene a mancare diventa sicuramente il primo pensiero e se ne capisce veramente l’importanza.

Quella a cui si sta assistendo è una pandemia senza precedenti che sta mietendo vittime in ogni Paese del mondo, dal più povero al più ricco, dal più piccolo al più grosso, senza fare distinzione di razza, di colore della pelle o di ceto sociale. La si può definire “estremamente democratica”. L’attenzione quindi in questo momento è tutta rivolta alla soluzione del problema epidemico; tutte le forze economiche e le risorse umane sono impiegate per far sì che al più presto si possa tornare alla normalità. Tuttavia, rimane un’incognita quando questo potrà effettivamente avvenire.

La domanda che, a tal proposito, sorge spontanea riguarda ciò che accadrà dopo. Come sarà la vita dopo la pandemia? Che ne sarà del nostro lavoro?

Quest’ultimo, infatti, dopo la salute, è uno dei principi fondamentali dell’esistenza, a tal punto da essere citato nella Costituzione. Il lavoro è quello strumento che, in primis, permette di assolvere i bisogni primari quali mangiare, curarsi, sopravvivere e inoltre, è ciò che ha fatto sì che si formasse una società di consumo, basata sul concetto del “lavoro-guadagno-spendo”.

Se viene a mancare il lavoro, grazie al quale è possibile andare in vacanza, a fare shopping, al ristorante e così via, e che riveste dunque un ruolo imprescindibile nella società moderna, automaticamente non si può più parlare di consumo.

Queste prime settimane di stop forzato delle attività hanno portato ad un crollo dell’economia. Tutte le categorie lavorative, dai lavoratori dipendenti, agli autonomi, agli imprenditori, fino ad arrivare agli industriali hanno avuto un “collasso” che lascerà strascichi per molto tempo. La paura generalizzata è quella di tornare indietro agli anni cinquanta, alla fine della seconda guerra mondiale, con la differenza che i nostri padri e i nostri nonni venivano dalla povertà ed avevano poche esigenze, mentre la nostra generazione viene dalla ricchezza, dal consumo, dal benessere.

Anche la comunità di Cerreto Laghi, località che dipende esclusivamente dal turismo, esprime forte preoccupazione per questa situazione che, oltre ad aver fatto perdere l’ultima parte di stagione invernale, ora mette a rischio anche quella estiva, il che sarebbe veramente una catastrofe.

La speranza di tutti è che le Istituzioni, sia italiane che europee, sappiano affrontare il problema con coraggio, forza e determinazione facendo sì che passata l’emergenza sanitaria si possa superare anche quella economica.

Gli italiani sono un popolo che ha fatto la storia dell’umanità fin dai tempi dell’impero Romano, dai grandi artisti, pittori e scultori, dalle bellezze artistiche, della cucina e della moda. Un popolo che, seppure con i suoi difetti, è sempre stato capace di rialzarsi dalle proprie ceneri e che, per questo, ce la farà anche questa volta.

(Alessandro Zampolini)