"Una chiamata alla pace" rivolta ai montanari. Per dire no a quanto accade oltre il crinale, verso il mare, in quel di Genova. Nella città marittima, infatti, sta per approdare dalla Spagna quella che potrebbe sembrare una normale nave mercantile, la Bahri Yanbu. Una nave dalle dimensioni sono imponenti: 220x32,3 metri per 50.714 di stazza lorda con un tonnellaggio (DWT) di 26.000 tonnellate, costruita in Corea. Ma non si tratta di un normale mercantile dato che la Bahri Yanbu trasporta armi ed è battente bandiera Arabia Saudita, leader della coalizione che sta seminando morte, feriti e distruzione in Yemen. E’ partita da Dammam il 10 ottobre 2019, per poi toccare tre porti americani: Houston (06/01/20), Wilmington (13/01/20) e Dundalk (16/01/20). Da qui, arrivo in Canada, a Saint John (21/01/20). Poi l’inizio del tour europeo: in Germania a Bremerhaven (02/02/20), in Inghilterra a Sheerness Sheerness (05/02/20), in Francia a Cherbourg (06/02/20) ed infine in Spagna (09/02/20), presso Bilbao. Tutti paesi che traggono profitti dalla vendita di armi, così come pure in Italia dove le armi vendute ai sauditi fruttano all’Italia 6,78 miliardi di euro, nonostante questo business sia in contrasto con la normativa italiana ed europea. Non si tratta solo del conflitto in Yemen, dove è stato comunque provato come le armi italiane, aggirando i controlli, contribuiscano in buona parte al bombardamento dei civili, ma anche alla Siria del Nord e Libia. Eppure, a distanza di quaranta giorni dall’ultima iniziativa pubblica e a quasi un anno dallo sciopero che porto al blocco della ‘nave delle armi’, i lavoratori del porto di Genova hanno convocato una conferenza stampa per avvertire le istituzioni: “In ballo non c’è solo la violazione della legge 185/90 che vieta il transito di armamenti verso teatri di guerra, ma anche la questione sindacale del mancato rispetto delle norme di sicurezza relative all’attracco e alla sosta in banchina di navi cariche di armi ed esplosivi”.
Sensibile ai temi civici, si muove il Comitato "Chiudere la Discarica di Poiatica". Che scrive: "Questa è una chiamata alla pace che vi facciamo. Domenica alle 10.30 ci troveremo nel parcheggio del bar ristorante Vezzosi alla Colombaia per farci un video, a sostegno del Collettivo autonomo Lavoratori Portuali di Genova. Chi desidera partecipare all'iniziativa può trovarci lì. Faremo un brevissimo video messaggio di pochi secondi, per questo raccomandiamo puntualità".
Nel mentre il Collettivo di Genova - uno sparuto gruppo di lavoratori a presidio della pace e contro i signori della guerra - ricorda come, da giugno scorso, si stiano rifiutando di imbarcare proprio la Bahri Yanbu, il cui compito è trasportare attraverso la Turchia, armi per alimentare le guerre in Medi Oriente, causando devastazione e milioni di vittime civili, inclusi bambini (Rojava, Yemen, Siria appunto). Amnesty International sostiene la mobilitazione portata avanti dai portuali. Lo scorso 10 febbraio, il Collettivo ha invitato tutta la cittadinanza italiana a inviare foto e video a sostegno della loro battaglia e fare pressioni al governo affinché non sia più consentito il rifornimento e carico bellico ne' l'attracco di navi che lo trasportino, nel rispetto dell'articolo 11 della Costituzione ("l'Italia ripudia la guerra") e della legge 185/90. Eppure, pare che la Bahri Yanbu proprio il 18 febbraio attaccherà nuovamente a Genova. I portuali hanno già manifestato l'intenzione di impedire il cargo a tutti i costi, organizzando un presidio aperto a chiunque voglia raggiungerli.
"Ciò che accade nel mondo ci riguarda - concludono dal Comitato - e pensiamo sia doveroso rispondere, nel nostro piccolo, a questo appello di vicinanza. Unitevi al video per dire che chiunque voglia esportare guerra non lo farà nel nome dei montanari".
L’ Arabia non ha industrie belliche allora parte col suo carrello della spesa e gira per il mondo a fare compere (come fanno quasi tutti gli altri). Non è che uno si sveglia il mattino e decide di vendere armi a un paese straniero, ci vuole il permesso del ministero che si adegua alle direttive europee: se gliele diamo si vede che lo possiamo fare e se non le prendono da noi lo fanno da un’altra parte. Poi abbiamo deciso di essere un paese industrializzato e questa è industria,che rende, prova a vendergli 6,78 miliardi di fiori. Non è neanche detto che siano armi, l’ultima volta erano apparecchi elettronici, radar sottomarini o qualcosa del genere roba per difendersi
Davide