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Casa Manari

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Riceviamo e pubblichiamo.

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Mara ha occhi fotografici. E’ un rito che conosce ormai a memoria e che accompagna le sue giornate di festa. La strada si incunea tra le pendici del monte Ventasso come un tentacolo che si muove tra le onde; la vegetazione di querce e castagni è qui così fitta che lei può vedere solo il verde delle fronde e la cima del monte con il cielo sopra. Colori che fanno bene alla vista.

Abbandonata la statale 63 ci si immette sulla provinciale che porta a Ligonchio, ma la tappa è Casa Manari. Questo piccolo borgo che non lo vedi se non quando sei arrivato, è un gruppo di case vecchie, alcune ristrutturate, nel cuore del castagneto appena usciti da Busana.

Siamo arrivati.

La fonte e il lavatoio del paese, i rifugi del tempo di guerra, i muri a secco costruiti come trincea oramai più neppure riconducibili alla loro ragione di essere e divenuti nel tempo altro gradito a lucertole e scoiattoli.

I funghi porcini, le more e le bacche di rosa canina, l’erica e le felci e cespugli di ginestre che riempiono di giallo e di profumo l’aria. I frutti voluti dai nonni: meli, peri, ciliegi e nespoli. E poi nessuno e tutti: gli abitanti di ora e i vecchi di allora che come ombre emergono dai ricordi di sua madre e la rimandano a tempi più duri. E rivede le castagne, tante ancora, da portare su al mulino della statale.

Attraversando il bosco per sentieri, o la pala da neve a farsi strada con la cartella in spalla giù verso Marmoreto per andare a scuola e camminare tre chilometri. Rivedere i prati dove pascolavano le capre e che ora sono coperti dai rovi se non franati verso il fiume. Rivedere i feriti di guerra distesi nell’aia e la nonna che li medica e sempre lei che, per proteggere i figli soli in casa, chiude la porta ai tedeschi e li lascia col fucile in mano fuori ad aspettare.

Il vecchio forno a legna e la stalla dove le capre, il gatto, il cane e i bambini si riparano nei giorni freddi e si raccontano storie. Storie nere di fantasmi e vecchi fatti e rifatti e non più quelli.

Storie di guerra e di speranza.

E come per magia si assiste a una danza di colori e di suoni che ancora rimbombano nell’aria. Vedere la maestà e i fiori di lillà vicino alla casa della bisnonna Angelica. E l’odore di fumo che ancora brucia l’aria dagli orti e dai castagni in autunno.

Casa Manari è il racconto di una vita che è vissuta e che ha impregnato i muri delle case, le cortecce dei castagni e delle roverelle, che scorre con l’acqua della fonte e che è nascosta nella teggia insieme ai libri di scuola e alle cose di una casa vecchia e ancor piena seppur svuotata dagli arredi.

Ora Mara ha tre figli e abita altrove, non lontano da lì, ma da dove vive lei la vista non arriva. Ogni tanto ripercorre la statale fino a Busana e poi giù verso il cimitero.

Nonna Dina, ti vengo a salutare e poi passo da Casa Manari.

(A. Mara D.)