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Con il Cai Reggio Emilia si va a teatro: “Artropodi Androidi” in scena al Piccolo Orologio, con Scaruffi, Guerri e Staindubatta

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Silvano Scaruffi

«Nel ventunesimo secolo, nessuno crederebbe che quanto accade tra gli umani possa essere osservato con tanto acume e attenzione da intelligenze artropodi. Letali replicanti multizampe, diretti da stimoli elettrici che corrono su assoni giganti, in gangli binari».

Questo l’incipit allo spettacolo "Artropodi Androidi" che domenica 16 febbraio 2020 Silvano Scaruffi insieme a Luca Guerri mette in scena al teatro Piccolo Orologio di Reggio Emilia, ore 17:00. E' una iniziativa promossa dal Cai reggiano in collaborazione con l’Associazione Centro Teatrale MaMiMò, che gestisce il teatro. Ingresso libero fino ad esaurimento dei posti.

Perché una proposta così, uno spettacolo teatrale dal titolo immaginificoe anche fantastico? Che c'entra questa roba qui, alla Asimov e alla Calvino, con un Club alpino che dovrebbe parlare e soprattutto fare cose di montagna e di escursione? C’entra, eccome se c'entra. Silvano Scaruffi e le persone che insieme a Scaruffi hanno ideato e messo in scena Artropodi Androidi sono personedi montagna. Silvano Scaruffi vive a Ligonchio dove fa il guardiadiga.

Abita in fondo al paese, alla Rocca, scendendo dalla rampata del Bocco verso la Valla. A casa sua si arriva anche dall’altra strada che passa dal Bastione e finisce in Corea. E da Ligonchio partono alcuni dei sentieri che salgono al Rifugio del Cai Cesare Battisti, inaugurato 50 anni fa. Il Cai reggiano ha costruito un rifugio, cura i sentieri delle nostre montagne, organizza escursioni, ma vuole anche mantenere un forte legame con le persone e la cultura della montagna. Da vent’anni Scaruffi scrive libri e di questi libri, editi da AbaoAqu, si è parlato nel numero di autunno del Il Cusna, il periodico del Cai reggiano, dove è stato pubblicato anche “Sedla”, il bellissimo racconto che Scaruffi stesso ha regalato a tutti i lettori (e amici dei lettori) della rivista. I librie i racconti di Scaruffi hanno un stretto collegamento con l’Appennino reggiano, con i luoghi e il crinale, con boschi e persone, mestieri e leggende, storie e allucinazioni, amori e disamori.

Scaruffi come Guerri (Baggia) è un tipo strano nella sua normalità («personalmente - dice Scaruffi- sto anche bene anche ‘solo’, ci sono abituato, quello che faccio, scrivere, è caratteristico di entità solitarie, di persone che sanno staccarsi da tutto con disarmante facilità. In realtà credo che la mia sfaccettatura solitaria porti di riflesso a una sincera socialità. Sto bene con la gente, perché sono abituato a stare bene da solo»). Stranocome tutti quelli che vivono in luoghi di confine e scomodi, un poco di qua e un poco di là, che guardano a levante ma anche a ponente, su uno spartiacquea volte reale altre volte immaginario.

"Scaruffi lo abbiamo conosciuto - spiega il Cai -  grazie ai libri che scrive, quelli che presenta insieme ai suoi racconti in iniziative simili a quella proposta per domenica 16 febbraio al Piccolo Orologio di Reggio, luogo adatto e calibrato. Sono libri che contengono molte storie di montagna reali e surreale. Sono storie del nostro Appennino. Poi succede, come per i tipi leggendari di tutti i luoghi, che quelli di lì sono anche molto strani: suonano musica un poco punk e un poco allucinogena, leggono storie surreali, fanno fotografie e video bellissimi, da guardare e da ascoltare. Non importa se si capiscono o no. Ognuno trattiene quello che gli serve: una immagine, una frase, un silenzio. Oppure niente.

Le musiche sono degli Staindubatta, un gruppo che viene dall’altro versante del Passo e che del radicamento al territorio ha fatto la sua bandiera. Suonano musiche post rock e elettroniche cantando in dialetto Garfagnino, perché sono della Garfagnana. Una scelta non facile ma magica e ipnotica perché è quello che sentono e vedono e sono.

Notizie su Silvano Scaruffi se ne trovano in giro. Scaruffi di per sé è un po’ schivo come tutti quelli di quei posti là ma se avete voglia di sapere e vedere e leggere o siete semplicemente incuriositi entrate in www.silvanoscaruffi.it . Un teaser, che fa l’effetto del taser, lo potete vedere invece qui https://youtu.be/RKqhZADqhsI.

Locandina

Per altre connessioni con la montagna, come dice Scaruffi stesso, «credo sia solo questione di pensarci: io e Baggia siamo nati e cresciuti sul crinale. Facciamo queste cose perché siamo di qua. E mi sembra non ce ne siano molti altri che ne fanno. È il modo montano di fare le cose, anche se vendessimo ‘pentole’ lo faremmo in un modo ‘nostro’ con una mentalità ‘montana’. Tutto qui».

E di che cosa parla Artropodi Androidi? «Parla dell’universo,delle screpolature dell’universo dalle quali si può sbirciare un altro mondo - specifica Scaruffi - forse un cosmo silenzioso che si interseca con il nostro. È una visione esapode che sta attorno a noi. Non tralasciando una componente allucinatoria che farà da sfondo alla lettura. Nella progettazione di Artropodi Androidi siamo stati fin dall’inizio io e Baggia. Credo addirittura la prima idea sia venuta a lui. Nella serata avremo un ruolo complementare o equipotenziale, meglio.Quando poi si tratta di fare queste cose, le ‘collaborazioni’ le chiamano, con Baggia è tutto più semplice, non c’è bisogno di vedersi, pranzare, cenare, discorrere, progettare. Io faccio la mia parte, lui la sua, basta qualche contatto scritto via telefono, una prova e tutto si incastra».