Riceviamo e pubblichiamo
Dalle nostre parti l’esito del recente voto regionale sembra aver ridato udito e “sensibilità” a quanti per anni non avevano sentito o ascoltato il “grido di dolore” dell’Appennino” - dal titolo di altro articolo di Redacon del 28 gennaio - oppure lo avevano ignorato per essersi chiusi e blindati nella impenetrabile stanza della propria autoreferenzialità, tanto da non avvertire le innumerevoli voci che in tutti questi anni hanno segnalato il “declino” della nostra bella montagna (e da non cogliere i molteplici e tangibili indicatori di tale progressiva ed immeritata “regressione”, o involuzione che dir si voglia).
Adesso quel “grido” sembra venir finalmente percepito, e raccolto, ma per ora, da quanto si legge, il “sistema” dà tuttavia l’impressione di non sapere come alleviare il “dolore”, o di essere rimasto piuttosto indietro nel riuscirvi, visto che si interroga ancora sulle risposte da dare e vorrebbe discutere delle soluzioni, e confrontarsi “su cosa fare di nuovo o cosa rifare di già fatto, su cosa realizzare o cosa sperimentare”, intenzione senz’altro lodevole ma che giunge molto tardiva, perché occorrerebbe avere già individuato le direttrici su cui procedere (così da incedervi con passo accelerato).
Si poteva aver già tirato le le fila
Proprio in tema di soluzioni, qualcosa è da tempo sul tavolo, e mi riferisco alla diga di Vetto, sulla quale insiste con incrollabile determinazione Lino Franzini, salvo il vedersela fermamente osteggiata sia da chi scarta per la montagna “mostri di cemento” e chiede altre idee - portando come esempio due riuscite iniziative in quel di Ventasso, che non sarebbero in ogni caso riproducibili ovunque - sia da chi spera di veder uscire proposte dai convegni, seminari, ecc.., come se iniziative del genere non ci fossero mai state (mentre hanno invece abbondato, talché si poteva aver già “tirato le fila” e deciso di conseguenza).
Io non sono uno “spasimante” della Diga, non ne sono cioè un sostenitore a prescindere, perché ritengo che servirebbe soprattutto ai territori posti a valle - dai quali dovrebbe pertanto arrivare la richiesta di realizzazione dell’invaso, dietro sostanziosa “compensazione” o ”contropartita” per la montagna - ma la Diga è comunque un’idea precisa e concreta, cui finora si oppongono tesi e “convinzioni” abbastanza astratte e indefinite, quantomeno all’apparenza, nel senso che devono ancora prendere forma per capire in quale direzione vorrebbero andare, e a quale effettivo traguardo condurre..
C'è bisogno di famiglie "stanziali"
Il turismo è certamente una voce molto importante, anche perché i nostri splendidi luoghi sono attrattivi per diverse categorie di visitatori, con positive ricadute sulla nostra economia, ma vi è nondimeno bisogno di famiglie “stanziali”, che non soggiornino qui per il solo fine settimana o per una vacanza, ma vi risiedano stabilmente, esercitando quelle attività e quei mestieri il cui insieme è di fatto indispensabile per la tenuta del tessuto socio-economico, e per dare prospettiva alle nostre comunità (intanto quelle che hanno resistito all’esodo di questi anni, in attesa che anche altre possano semmai ripopolarsi).
Da qui in avanti potremo forse assistere ad un fiorire di progetti, anche innovativi, nel segno di una certa qual “riscossa” - pur se io punterei a salvaguardare innanzitutto l’esistente - il che può esser visto con favore anche per recuperare il tempo perduto, però con l’auspicio che siano progetti non irrealistici né tesi a soddisfare correnti di pensiero che vorrebbero dettare una propria e “ideologica” linea di sviluppo (e se la politica “governante” non riuscirà ad aiutare la montagna, mi aspetto che si astenga almeno dall’unirsi al suo “grido di dolore”, perché a quel punto sarebbero “lacrime di coccodrillo”).
P.B.
Nello spirito del ‘caffè letterario’, dove vengono esposti ‘master-plan’ dettagliati, ambiziosi e, soprattutto, atti a recuperare il tempo perduto, non trascurerei, per dar loro un minimo di concretezza, novene e pellegrinaggi a Lourdes.
Giovanni Annigoni
Non credo che ci siano orecchie adatte per sentire il grido di dolore dei monti, specialmente tra i politici. hanno orecchie solo per il mercato , non per le montagne. Dove non c’è mercato è tutto tralasciato e incurato.
RB.
Ciò che scrive il Sig. P.B., indipendentemente dalla Diga è una sintesi di estrema correttezza; il voto Regionale è stato un grido di allarme da parte di tanti montanari che finalmente hanno compreso l’abbandono in cui sono stati lasciati questi territori. Ma le elezioni sono passate e temo che il futuro sarà peggio del passato; ho avuto alcuni contatti con i nuovi eletti e dei problemi della montagna temo che non se ne parlerà più. Queste elezioni hanno dimostrato che i nostri paesi non hanno alcun potere elettorale, votare a cosa serve se non puoi cambiare le cose?, forse servirebbero le proteste, se fatte da tutti; ma se i montanari protestano, gli Ammiistratori locali da che parte stanno?. E’ chiaro che per la ripresa dei lavori della Diga di Vetto non ci resta che sperare nei cambiamenti climatici, siccità, esondazioni o inquinamento delle acque del Po, solo questi eventi farebbero capire, almeno lo spero, che solo un invaso come quello di Vetto potrebbe sopperire, avrebbe 29 milioni di mc di potere di laminazione ed eviterebbe gran parte del pompaggio delle acque del Po e di quelle di falda. Giusta la domanda che si pone il Sig. P.B.; alla montagna quali ritorni economici porterebbe, posso dire tantissimi, la diga fatta in Val di Sangro portò centinaia di miliardi di vecchie lire di investimenti su quella Valle, ma anche le dighe qui Vicino a Noi, come quella del Bilancino a Barberino del Mugello, una delle ultime inaugurate, molto simile a quella di Vetto, intorno al lago ci sono 4 aree di balneazione con spogliatoi, servizi, ristoranti, parcheggi, ecc; in estate ogni giorno ci sono dalle 4000 alle 6000 persone intorno al lago, sono state fatte tre scuole di nautica internazionali, in estate il lago è tutta una vela; area campeggio, area faunistica, campo volo; nei paesi intorno B&B, alberghi o pensioni; ma quella di Vetto avrebbe in più la centrale idroelettrica e per ogni Kw di energia derivata ai Comuni montani spetta un importo; ma cosa da una diga basterebbe chiederlo al Sindaco di San Piero in Bagno; Vi dirà che la sua unica e grande ricchezza è la Diga di Ridracoli; Per ultimo voglio tranquillizzare il Sig. P.B.; la diga di Vetto è in inerti naturali; non è uno sbarramento in calcestruzzo come quella di Ridracoli o del Brugneto a monte del Trebbia.
Franzini Lino Presidente del Bacino Imbrifero Montano dell’Enza
Sig.Franzini, capisco che la sua Ossessione per la Diga passi davanti a tutto, che sia ormai come un istinto primordiale e irrefrenabile, unico e solo obbiettivo della Vita, e che per vederla completata farebbe qualunque cosa, ma davvero qualunque cosa! Ma arrivare a “sperare nei cambiamenti climatici, siccità, esondazioni o inquinamento delle acque del Po” mi sembra davvero eccessivo. Muoia Sansone con tutti i Filistei, basta che Franzini abbia la sua Diga! Aiuto…
Andrea
Ciò che descrive P.B. è la semplice realtà, la situazione in cui si trovano i paesi montani la vediamo noi e la vedono anche gli amministratori locali, ma qui non si fa nulla per cambiare qualcosa, si raccontano favole ai cittadini e guai a chi propone qualcosa di concreto, e si continua a non fare nulla, aspettando lupi, cinghiali e il dissesto totale, neppure la diga che si ripagherebbe da sola, come dice Franzini.
Sergio
Franzini non c’è bisogno che Lei invochi siccità o esondazioni o inquinamento del Po, sono già una realtà, basta guardare la TV cosa sta succedendo nel mondo e per le acque del Po mi limito a guardarne il colore e a immaginare cosa contengono, visto che ricevono le acque di fiumi come il Lambro. Si rassegni e lasci perdere, la diga porterebbe troppo benessere alla montagna.
Davide
Sembra che a qualcuno dia fastidio che ci sia chi crede in qualcosa e che lotti per cercare di realizzarlo, magari ce ne fossero tanti. Sicuramente appare strano che ci sia, da parte della politica locale, questo disinteresse e questa contrarietà ad un progetto come la diga mentre non molto tempo fa si era stati favorevoli ad una discarica di notevoli dimensioni, senza controindicazioni, in pieno territorio di produzione di Parmigiano Reggiano e nella stessa zona veniva poi approvato e fortunatamente non realizzato, un inceneritore mascherato da centrale a biomasse. Forse le idee promosse dalla pianura, anche se potenzialmente deleterie per il nostro sistema economico, sono più valide o fanno più presa di quelle nate qui ? Siamo in pochi in montagna e ci considerano statisticamente irrilevanti anche politicamente ma questo non implica il dover diventare un popolo di rassegnati, alcune lotte di comitati locali hanno a suo tempo fatto cambiare idea a provincia e regione, perciò bisogna crederci e chiedere e pretendere i nostri diritti. Chiederemo e se non ci sentiranno urleremo più forte, forse per dolore o forse per rabbia ma urleremo, perché sono solo i rassegnati che abbassano il capo e tacciono.
Antonio D. Manini