La possibilità di commentare e scrivere pareri personali in merito ad articoli e approfondimenti è una delle possibilità che la rete i siti online permettono rispetto ai giornali cartacei, come scrive un appassionato lettore di Redacon P. B. : “Sono rimasto personalmente legato alla carta stampata, e alla informazione cartacea, nonché alla consuetudine di acquistare in edicola il quotidiano prediletto, o via via preferito, e in tali mie abitudini possono verosimilmente giocare ragioni di età, ma debbo nondimeno riconoscere che la via online può accelerare la diffusione delle notizie e consentire altresì un contraddittorio del tipo a “botta e risposta”, come si usa dire, giustappunto tramite il meccanismo dei commenti”.
Questa possibilità d’interazione, nota il lettore, non viene sempre soddisfatta da parte delle associazioni che preferiscono non espriemersi: “Proprio sulle pagine di Redacon sembrano siano abbastanza frequenti, o non rare, le circostanze in cui c’è chi - nelle vesti di pubblico amministratore, rappresentante di Enti, o a titolo personale, ecc. - affida al “giornale online dell’Appennino reggiano” i propri comunicati o punti di vista di vario genere ma evita poi di rispondere o replicare a quanti, attraverso i rispettivi commenti esprimono semmai opinioni diverse, o chiedono delucidazioni al riguardo. E’ del tutto legittimo – continua il lettore- che chi invia i propri scritti per farli conoscere e darne diffusione si “sottragga” poi al confronto con quei lettori che possono pensarla in maniera poco o tanto diversa, ma a me sembrerebbe un “procedere” piuttosto inopportuno e un po’ “immodesto” , perché denota o può lasciar intendere un atteggiamento di fatto auto promozionale od autoreferenziale (fino all’auto elogio, o quasi, in chi sceglie per l’appunto di non fornire risposte o repliche).
Se da un lato è comprensibile non rispondere a commenti inopportuni e fuori luogo, dall’altro dare spiegazioni e delucidazioni sul proprio operato può essere il modo corretto per raggiungere tutti i cittadini nessuno escluso :”Per completezza del “contesto” – conclude P.B. - potrebbe anche succedere che vi sia qualche commento non pertinente, perché fuori tema, o altri per così dire irricevibili per i toni irriguardosi, ancorché si tratti di una eventualità improbabile, se non remota, stante il “filtro” esercitato dalla redazione, ma pure statisticamente non reggerebbe il teorizzare la totale assenza di commenti meritevoli di considerazione, talché non si spiega il sopraddetto “silenzio”, laddove abbia a verificarsi (anche perché vi sono enti dotati di addetti stampa, che potrebbero provvedere in merito, e se questo non capita è quantomeno lecito, a mio giudizio, chiedersene il motivo)”.
Quando il ‘fare politica’ è solo un modo di soddisfare ambizioni o, ancor peggio, portare a reddito una tessera di partito, credo sia proprio inutile, se non ingenuo, cercare o chiedere risposte.
Giovanni Annigoni
Il primo commentatore sembra dare dell’ingenuo a chi si aspetta risposte dalla politica, e può anche darsi che egli sia nel giusto, ma se accettiamo appieno questa sua tesi dovremmo innanzitutto desistere dal trattare – sulle pagine di questo giornale, perché di questo stiamo parlando – tutti i temi che hanno attinenza con la politica, perché ne ragioneremmo a vuoto (temi che non sono pochi, visto che nella vita di una comunità molto dipende dalle scelte fatte dalla politica).
Inoltre, quando si fa passare l’idea che non dobbiamo avere alcuna fiducia nella politica, come sembra dirci detto commento, se non ne ho frainteso il senso, si accomuna indistintamente, e in maniera di fatto un po’ qualunquistica, ogni partito, o rappresentante politico, il che fa ingiustamente torto a quei politici, semmai di opposizione o minoranza, che invece non eludono quasi mai il confronto (ognuno di noi deciderà poi cosa pensare dell’uno o altro comportamento).
P.B. 15.11.2019
“Il primo commentatore” inizia il primo commento con l’avverbio ‘ Quando’. Chi conosce la lingua italiana sa che un porre condizione e, la condizione, esclude il generalizzare.
Gran tristissima cosa una solitudine ‘auto-referenziale’ raccontata ad un computer collegato in rete.
Giovanni Annigoni
Non so signor P.B se lei sia un politico e come tale si sia sentito chiamato in causa. È di tutta evidenza però che la sua lettura di quanto scritto dal primo commentatore deve essere stata quantomeno frettolosa. La inviterei a rileggere con calma visto che la sua replica è decisamente fuori tema. Puntualizzo, perché a tutti gli spazi di libertà come quelli che offre anche questo giornale dobbiamo chiarezza e rigore.
Gabriella
Gabriella
Non occorre avere grande conoscenza della nostra lingua per sapere che termini come “sembra”, oppure “può anche darsi”, ovvero “se non ne ho frainteso il senso”, ossia le mie esatte parole, sono espressioni usate al condizionale, se non in maniera interrogativa – non si configurano cioè come un’affermazione perentoria, assertiva od apodittica – e mi paiono pertanto del tutto equivalenti al “quando” del primo commentatore.
Riguardo a ciò che scrive Gabriella, poco importa che io sia o meno un politico, per sentirmi chiamato in causa, perché basta e avanza il passare per ingenuo, dal momento che l’ingenuità è poco o niente ammessa nel trattare determinati argomenti, anzi può mettere talora “fuori gioco” l’ingenuo di turno, mentre io vorrei continuare a poter dire la mia allorché se ne presentasse l’occasione (o ce ne fossero le ragioni).
Circa poi il dire “perché a tutti gli spazi di libertà come quelli che offre anche questo giornale dobbiamo chiarezza e rigore”, lo ritengo un principio condivisibile, ma non mi pare affatto disatteso semmai capitasse di andare fuori tema, anche perché il confine tra il dentro e il fuori è non di rado abbastanza incerto, o indefinibile, e in ogni caso la prima regola da rispettare mi sembrerebbe soprattutto quella di non impiegare un vocabolario irrispettoso
Infine, tralasciando tristezza e solitudine, che qui c’entrano poco, pur se possono dare una patina di tenero romanticismo, non vorrei che si confondesse l’autoreferenzialità con la determinazione che ciscuno di noi può mettere nel sostenere le proprie convinzioni, che è altra cosa rispetto a chi, una volta esposte le proprie idee come se fossero verità incontestabili e inoppugnabili, non si concede al confronto e contraddittorio (ma si trincera invece dietro il “silenzio”)
P.B. 17.11.2019
Gent.mo P.B. il costellare gli scritti di “sembra”, “può anche darsi” e “se non ne ho frainteso il senso”, non esula a mio avviso dall’opportunità morale di leggere attentamente quanto scrivono gli altri prima di rispondere. Siamo in tanti a trovare le sue risposte spesso strampalate e fuori luogo, e ciò non può essere un caso. E infine, per favore, basta rispondere a chi non è d’accordo con le sue tesi rivendicando il diritto a “dire la sua”, visto che finora nessuno ha mai avuto atteggiamenti censori nei suoi confronti, e mi pare che i suoi commenti su Redacon siano sempre ben presenti. Il vittimismo salviniano sta oramai passando di moda. Un cordiale saluto!
Andrea
Chi si ricorda ….” ma, signor maestro, i verbi transitivi sono quelli che passano o quelli che non passano?”… Non siamo poi così tanto lontani.
Per reggere il paragone tra ciò che lei scrive con quanto ha scritto ‘il primo commentatore’, il primo commentatore avrebbe dovuto scrivere: “ Quando il fare politica fosse”. Allora sì che sarebbe stato porre una condizione al condizionale.
Giovanni Annigoni
Noblesse oblige signor P.B.
Gabriella
Gent.mo Andrea, prendo atto che le mie risposte risultano “spesso strampalate e fuori luogo”, a giudizio Suo e di quanti sono sulla Sua lunghezza d’onda, ma non vedo francamente come porvi rimedio dal momento che la pensiamo probabilmente in modo parecchio e irreparabilmente differente – anche sul piano politico, vittimismo salviniano a parte – e tra noi avremo quindi sempre da “ridire”.
Ma d’altronde la diversità delle idee e dei punti di vista, sull’uno o altro argomento, é come si dice il “sale della democrazia”, e per quel che mi riguarda io cerco sempre di far sì che le mie risposte non possano mai configurarsi come irriguardose e “maleducate”, perché sarebbe questo, io credo, l’unico motivo per vederle “censurate” (diversamente significherebbe che non c’è libertà di opinione).
Quanto al laconico “Noblesse oblige”, non so a chi sia riferito e con quale significato lo si usi nella fattispecie, tra i diversi che sono stati attribuiti negli anni a tale motto ottocentesco, ampliandone talora il senso, anche in versione ironica, e mi astengo pertanto dal fare considerazioni in proposito (il che non dispiacerà sicuramente ad Andrea, vista la sua poca benevolenza verso le mie risposte).
P.B. 18.11.2019
Gent.mo P.B. giusto per puntualizzare, qui non si tratta tanto di idee differenti, che come lei dice giustamente sono il sale della democrazia, quanto di coerenza nelle risposte. Se uno scrive “non mi piacciono le pere perchè sono troppo dolci”, e un’altro risponde “non sono d’accordo perchè le mele non sono dolci”, la risposta è strampalata non per una questione di punti di vista, ma semplicemente perchè non è coerente con la prima affermazione (e non voglio fare il maestro, perchè è capitato a volte anche a me). Infine, tengo a smentirla sulla poca benevolenza verso le sue risposte: mi fa sempre e comunque piacere leggerla in quanto, malgrado l’evidente differenza di pensiero e posizione politica che ci porta a volte ad un confronto-quasi scontro, ammiro la sua voglia di esprimersi e il suo sempre impeccabile stile di scrittura, quasi di altri tempi e che i giovani dovrebbero imparare ad usare.
Andrea