Riceviamo e pubblichiamo
Lodevole l’iniziativa di Robertino Ugolotti di riunire giovedì 24 operatori montanari con rappresentanti di istituzioni e organizzazioni, ma se fuori la serata al Parco Tegge era avvolta dalle nebbie, queste sono rimaste sulla possibilità di rendere sostenibile l’Appennino grazie a chi prende iniziative.
L’intervento del presidente dell’Unione montana ha riproposto gli interventi su scuola e mobilità, su latte e banda larga.
In base al PAL è stato presentato un dettagliato elenco di bandi da parte del presidente e della direttrice del GAL.
Il presidente del Parco Nazionale Appennino Tosco Emiliano ha contato gli ettari di alberi indicando la prospettiva di ricavarci dei certificati verdi più sostanziosi della legna.
Dalla Commissione agricoltura del Parlamento sono uscite impressioni, suggestioni e congratulazioni per questa montagna vista dal quadro nazionale ed europeo.
Ma c’è chi sta resta fermo per la nebbia o chiede di sapere come muoversi e dice che la fatica cresce per arrivare all’incentivo, entrare al mercatino, fare le pratiche per ogni progettino.
La serata sulla sostenibilità dell’Appennino lascia l’impressione di assistere alla festa di chi pesca con la lenza in una situazione dove i pesci si sono rarefatti e sono diventati tanti i pescatori distratti che adoperano uno strumento non adatto o che preferiscono pescare l’aria e non i pesci. Quelli che nuotano per la loro impresa in montagna sono sempre meno e non esiste un’azione per il ripopolamento di questa specie che vive negli spazi esterni, non cerca rifugio in un posto assettato o in bottega e chi li vorrebbe attirare con l’esca di un incentivo non sa bene come stanno e dove sono. Infatti, oggi è diffusa la pesca con la canna e l’amo da lanciare, cioè tanti soggetti pubblici adoperano il bando da pubblicare. Qualcuno abbocca e dopo si domanda se poteva evitare di essere catturato da pratiche che tolgono la possibilità di respirare, cioè, il tempo prezioso per chi dovrebbe agire. Per adesso sono coinvolti nella festa in tanti, ma sono in arrivo le minacce, l’alluvione sui mercati o le intemperie, allora la sostenibilità va costruita alla svelta e per davvero.
Un semplice confronto con altre montagne può mostrare che là non ci sono troppi pescatori in postazioni separate sulla riva, agisce uno solo ben attrezzato per conoscere tutti i soggetti, seguirne le esigenze, fornire più progetti gratuiti alla sua impresa per ogni categoria d’intervento pubblico. Ciò permette di coordinare la preparazione dell’utente, fornire servizi pubblici efficaci con sinergie e innovazioni valide rispetto all’ambiente e al mercato, erogare in tempi brevi gli incentivi e impostare i prossimi programmi. Invece qui da noi la sostenibilità si perde tra Roma, Bologna, Castelnovo in mezzo a tante competenze separate tra settori.
Per non far crescere solo la foresta delle canne, cioè i nostri apparati burocratici, basta vedere in Baviera, in Austria (in Alto Adige) in che modo sostenere attività produttive montanare con i fondi europei (che bene o male arrivano anche qui) e preparare le richieste per ottenere quelli regionali e nazionali.
Enrico Bussi
Come sempre Enrico Bussi dice le cose come stanno; la buona volontà di qualcuno spesso si scontra con la burocrazia. Già vivere sui paesi montani è duro ma se le cose ti vengono complicate e non semplificate, si dice addio alle terre dei nostri padri. In altri paesi la montagna crea ricchezza, acqua, bosco, turismo, tranqullità, rapporti umani, spazi liberi, aria pulita, ecc, sono un valore aggiunto; ma sui nostri paesi si fa l’opposto; alle seconde case si fanno pagare più tasse che dove vivi tutto l’anno, tagliare i boschi è impresa quasi impossibile, si taglia solo il 30% di ciò che cresce (in Austria si taglia il 90%); questo porta l’Italia ad essere il primo paese importatore di legna da ardere a livello europeo; l’acqua che darebbe ricchezza a tutti i paesi montani, ma non si può toccare, si manda a Po; per poi ripomparla a monte, sporca e inquinata, quando serve; e a Parma in alcune zone si beve (chi la beve), acqua che ha 10 volte i nitrati ammessi in altre Nazioni, ma normativamente è potabile. Tutto questo ha portato l’uomo ad abbandonare i paesi montani, i prati diventando giungle impenetrabili e ogni anno in Italia queste aree aumentano di un milione di ettari. Spero di sbagliare ma dopo tanti anni mi sono convinto che questo è un progetto voluto; forse per qualcuno la montagna è un problema; a parole si dice di sostenerla e nei fatti si impongono regole che rendono difficile concretizzare qualsiasi iniziativa, e per le grandi opere che servono alla montagna cosa fa il potere politico?; giudicate Voi.
Franzini Lino Presidente del Bacino Imbrifero Montano dell’Enza
Non è da oggi che vediamo susseguirsi programmi e propositi vari, riguardo al futuro del nostro Appennino, ma l’impressione è che la nebbia non si sia nel frattempo rarefatta, ma semmai infittita – ricorrendo alla metafora di questo articolo – e se questo è lo scoraggiante “bilancio” o scenario, occorre prenderne atto e vedere come rimediarvi.
Posso sbagliarmi, vista la indubbia complessità del tema, ma io penso che per uscire dalla nebbia occorrerebbe affidarsi innanzitutto alle attività esistenti, cercando di sostenerle attraverso un generalizzato alleggerimento del carico fiscale, o meccanismi “premianti”, vedi ad esempio uno sgravio fiscale per chi affitta negozi, ecc.., a canoni concordati.
Far cioè perno, in primo luogo, su spontaneismo, forza e tenacia della nostra imprenditorialità, e ricorrere nel contempo a dispositivi “supportanti” molto semplici, e per così dire automatici, che non comportino fatiche per “arrivare all’incentivo, entrare al mercatino, fare le pratiche per ogni progettino”, per dirla con le parole di queste righe.
P.B. 29.10.2019