Ha strappato uno scroscio di risate e applausi il ritorno sul palco del comico Marco Della Noce alla 5ª “Festa del Volo” e 4ª “Festa del Cuore”, a Cavola di Toano, questo fine settimana (da venerdì 19 a domenica 21 luglio), interpretando il personaggio che lo ha fatto approdare a Zelig e diventare famoso in tutta Italia: il capomeccanico Oriano Ferrari. Lo avevamo già visto a Morsiano alla 3ª “Festa del Cuore”, nell’estate 2018, e poi, lo scorso dicembre, a Villa Minozzo alla presentazione del libro “Evviva il fallimento” di Francesco Chesi, mental coach, pedagogista e ideatore del “Metodo 22 chiavi”, che ha aiutato Marco a uscire dal tunnel in cui si era trovato nel 2017.
Dopo la situazione di crisi del 2017 e l’inizio della sua ‘rinascita’, dall’ultima volta che è stato in Appennino c’è stato un cambiamento nella sua vita?
“Un continuo cambiamento, e un miglioramento in ogni campo. Ci sono nuove aperture e grandi prospettive. Naturalmente il nostro ego vorrebbe tutto subito, ma bisogna aspettare i tempi con cui maturano le cose”.
Partiamo dalla sua situazione famigliare.
“Con tutte e due le compagne si è aperto il dialogo, adesso vengo coinvolto nelle scelte ed educazione dei figli. La più piccola, Matilde (9 anni), vive con me. Anche con Marta (18 anni) e Jacopo (16) il rapporto è migliorato: prima soffrivano il conflitto tra i genitori, ora c’è serenità e accettano i sentieri diversi presi dai noi. La chiave del cambiamento sta nel dialogo”.
Cosa intende?
“Bisogna imparare a dialogare, a non incolpare gli altri e considerarsi la vittima di ogni circostanza, ma comprendere gli errori, staccarsi un po’ dagli eventi e vedere l’opportunità in ogni occasione che la vita ci sta dando”.
E dal punto di vista lavorativo?
“C’è una lenta crescita. Il mondo dello spettacolo è particolare, ma c’è ancora molta considerazione e rispetto per quello che ho seminato in passato. Devo riconquistarmi degli spazi rinnovandomi un po’, e fare accettare il cambiamento. Per settembre ho alcune proposte importanti”.
In questi mesi lei com’è cambiato?
“Prima mi fermavo a guardare il passato, invece avere una visione del futuro è importante, è quella bussola che ti fa superare ogni cosa, basta un progetto, un’idea, qualcosa da realizzare, porsi degli obiettivi e non aspettare che succeda qualcosa dall’alto, e far sì che la tua esperienza possa servire agli altri. Sono passi difficili, bisogna imporseli prima che diventino naturali, ma sono una chiave importante per il cambiamento”.
Cos’è stato determinante per il suo cambiamento?
“L’incontro con Francesco e la grossa famiglia della Key Emotion, con il ‘Metodo delle 22 chiavi”, che ho appreso da lui. Io la chiamo ‘rivoluzione umana’, laica, perché non si appoggia a nessuna fede, ma su principi che hanno influenza su vari aspetti della vita. Si parla di vita, amore, star bene, un bene non provvisorio. Una volta che acquisisci il metodo, giorno dopo giorno, perché è un allenamento quotidiano, non una magia, diventi padrone della tua vita”.
Come si è sentito ad essere di nuovo qui in Appennino?
“Fa sempre piacere tornarci, perché ho radici da parte della nonna materna a La Vecchia. Poi mi sono sentito accolto come in una famiglia. Una volta a contatto con l’Appennino è come il mal d’Africa: ci devi tornare, per la natura, il cibo, i sapori, la gente, la simpatia, l’accoglienza”.