Non posso escludere che le mie “antenne” mi trasmettano segnali sbagliati, e che i miei interlocutori siano statisticamente poco rappresentativi, ma ho l’impressione che nell’area comunale di Ventasso, o perlomeno in qualche sua parte, vada crescendo un certo qual sentimento di disappunto e delusione, misto talora a scoraggiamento, anche tra chi nutriva speranze ed aspettative nel progetto di fusione, e se ne era fatto a suo tempo interprete e fermo sostenitore (rispetto a quanti erano invece di tutt’altro e diverso avviso).
Circa le cause di questo “malcontento”, se la mia sensazione trovasse conferma, ogni tesi spende le sue ragioni, e può essere “tirata in ballo” pure l’attitudine degli amministratori a gestire la fusione, o la loro esperienza nel condurre la cosa pubblica, aspetto che non è di certo secondario, pur dovendosi tener conto che il “percorso” della fusione è abbastanza complesso(ma d’altronde, e nondimeno, dalla politica ci attendiamo che sappia affrontare anche questioni non semplici, perché tale sua “qualità” la legittima e ne rafforza il ruolo).
Un risvolto ancor più politico
Io credo tuttavia che vi siano spunti per considerare un risvolto ancor più politico, che fa da cornice a tutto l’insieme, partendo innanzitutto dalle cifre, ossia i dati usciti dalle urne - vuoi quando la popolazione dei 4 Comuni del Crinale venne consultata con Referendum riguardo alla fusione, vuoi quando è stata successivamente chiamata a scegliere gli Amministratori di Ventasso - dati che paiono dirci a chiare lettere che gli elettori hanno seguito di fatto le indicazioni del partito che sta governando da tempo la nostra montagna.
Orbene, a fronte di ciò, era immaginabile che detto partito facesse sentire anche ora la propria voce in merito, replicando ad esempio al consigliere Bargiacchi riguardo all’utilizzo degli avanzi di bilancio, dal momento che le modalità di impiego delle risorse per dar man forte alle attività del nostro territorio mi paiono essere una questione che travalica i singoli ambiti comunali, per investire la linea strategica di una forza politica ancora egemone nella nostra montagna (stando almeno al risultato delle ultime e recenti elezioni comunali).
Egemonia che conferisce potere decisionale ma anche responsabilità di scelta e dovere di pronunciarsi, mentre il silenzio cui abbiamo finora assistito - a meno di dichiarazioni o prese di posizione che mi siano involontariamente sfuggite- fa pensare che nella fattispecie quel partito non abbia nulla da dire, il che non sarebbe francamente l’ideale, o può lasciar supporre un qualche suo ripensamento sui vantaggi della fusione, nonostante all’epoca l’avesse caldeggiata, il che può starci ma allora lo dovrebbe dire o far capire.
Unione dei Comuni e Comunità Montana
Mi pare del resto di scorgere una certa qual voglia di “retromarcia” anche nell’articolo di Redacon dal titolo “Bini confermato alla presidenza dell’Unione montana..”, laddove leggo che l’Ente si propone un compito “più strategico di Governo dell’ambito territoriale…”, a fianco della gestione associata dei servizi, il che sembra quasi un tentativo, o desiderio, di far rivivere la Comunità Montana, che includeva giusto tale funzione fra le sue molteplici prerogative, mentre per quel che ne so l’Unione dei Comuni è nata su altre basi, e possiede altra natura istituzionale, con “raggio d’azione” più specifico e più circoscritto.
A questo punto, verrebbe da dire, tanto valeva tenersi la Comunità Montana, che invece si preferì eliminare, ed intravedo poi segni di ripensamento anche sulla effettuata modifica delle Province, voluta sempre dallo stesso partito, il quale sostiene inoltre, a parole almeno, di voler riaprire il punto nascita del S.Anna, dopo che se ne è decisa la chiusura, quasi che fosse una costante il suo ricredersi a cose fatte, ma sappiamo bene che quando una cosa è fatta riesce piuttosto difficile se non impossibile tornare indietro, e la regola dovrebbe essere perciò quella di “pensarci prima”, secondo un vecchio e saggio adagio.
Paolo Bolognesi