Home Cronaca La benedizione delle croci a Montepiano e Volpara

La benedizione delle croci a Montepiano e Volpara

53
0

Riceviamo e pubblichiamo.

-----

Anche quest’anno molte persone hanno partecipato, il 22 giugno, alla benedizione delle croci di Montepiano e Volpara del dott. Pietro Azzolini e, in località Costaborga di Vetto, del maresciallo della forestale Ostilio Ferrari. Presenti non solo i familiari ma anche molti amici e persone convenute per rendere omaggio alla memoria di fatti dolorosi e pur sempre attuali,  nonostante i 75 anni di tempo trascorso.

 I loro corpi, dopo le barbare uccisioni da parte di partigiani comunisti, furono ritrovati in queste località, trucidati e  uccisi con armi da fuoco nella stessa notte del 21 giugno ‘44, dopo essere stati prelevati anche con l’inganno.

Alla benedizione delle croci, da parte di don Alberto Nava, si è pregato pure per coloro che non hanno ancora una croce che possa,  nel suo sacro simbolismo, suggellare nome e sepoltura.

Laurenzia Azzolini, nipote di Pietro, ha ricordato anche Genitoni Bernardo (1900-1945), milite, fatto prigioniero il 23 aprile 1945 a Castelnovo Sotto in seguito alla resa della G.N.R., portato al ponte nuovo Crostolo e, legato con fil di ferro ai commilitoni, soppresso a colpi di arma da fuoco; poi Rinaldi Franco e Rinaldi Roberto rispettivamente  figlio e padre di altri tre figli. Una figlia di quest’ultimo, ora ultranovantenne, aiutò molto quando vennero poste le croci in queste località, ha ricordato Laurenzia. Roberto, cantoniere a Compiano, in comune di Ciano d’Enza,  abitava con la famiglia  al mulino di Buvolo, in comune di Vetto. Da lì non si spostò, non avendo fatto nulla di male, nonostante le intimidazioni di partigiani. Malmenato e ucciso, il suo corpo non è stato mai ritrovato. Resta solo la sua foto vicino a quella posta sulla tomba del figlio Franco, di venti anni, che tornava dalla Germania, a guerra finita, e nulla sapeva della situazione di odio nel suo paese. Franco, prelevato e barbaramente trucidato, non riuscì nemmeno ad abbracciare i suoi familiari al rientro. Azzolini Luigi (1896 – 1944), sposato con 5 figli, non si era mai occupato di politica. Fu prelevato da un gruppo di partigiani e non fece più rientro a casa.

“Questi sono i nostri martiri”, ha affermato Laurenzia Azzolini (che da diversi anni ormai ha fondato l’Associazione Culturale ‘Pietro e Marianna Azzolini’ che opera nel reggiano promuovendo eventi e conferenze) “ma di altri le famiglie non hanno voluto indicare i nomi nelle targhe poste vicino alla croce di Pietro. Verranno poste però a breve (col sostegno della Associazione Culturale e del Centro Studi Italia)  la croce della famiglia Filippi ( Ludovico Filippi e Maria Costi, col figlio Pierino ed un fratello, un’intera famiglia sterminata) e la croce del geometra Alfonso Dazzi”. Sono intervenute la giornalista Federica Prati della Voce di Reggio ed Anna Ferrari, nipote di Ostilio, pure giornalista a Parma.

“Una verità scomoda, che nessuno vuole ancora sentire”, ha affermato la prima. Ha parlato anche Umberto Gianferrari, nipote di Pasquale Marconi, che ha ricordato le figure di Marianna (1916- 1989), anch’essa vittima di inaudita violenza partigiana, e di Pietro Azzolini, quest’ultimo anche per la sua simpatia ed esuberanza… “rubava l’abito del parroco per fare un finto discorso dalla finestra”.

“Non sono morti nostri, di nicchia, vivi solo nel ricordo di famiglie o di anziani, sono morti di tutti”, ha poi affermato.

Luca Tadolini, del Centro Studi Italia, ha precisato che la memoria dei familiari e degli abitanti va collegata alla cronologia del fronte della campagna d’Italia e della Guerra Partigiana e inquadrata nell’ambito del Conflitto mondiale. Solo così si comprendono gli omicidi di Azzolini e Ferrari: azioni di propaganda armata di una guerriglia stalinista inserita nella guerra non convenzionale angloamericana di disturbo delle retrovie della Linea Gotica in costruzione. Violenze che la montagna reggiana non aveva mai vissuto negli anni precedenti, estranea da sempre al banditismo,  anche nei decenni successivi. E nemmeno dopo l’entrata in guerra del 1940, anche perché il Pc era ligio al patto Molotov-Ribbentrop fra Stalin ed Hitler. Di qui la necessità di studi liberi, plurali, auspicando in queste celebrazioni la presenza dei sindaci, salvo rare eccezioni, sempre assenti.

È intervenuto il Cav. Ivaldo Casali che ha effettuato una ricerca approfondita, attingendo alle fonti, sui morti dopo il 25 aprile, sui massacri ingiustificati e criminali avvenuti in tutta Italia.

Le due cerimonie si sono concluse con la lettura di due significative preghiere: “La preghiera per il caduto senza croce” e “La preghiera per i caduti e per le vittime della guerra”, composta da Santo Marcianò, Arcivescovo Ordinario Militare per l’Italia.

Si allegano le due preghiere, contenute nei dépliant che hanno accompagnato le funzioni.

Preghiere

(Maria Alberta Ferrari)