Riceviamo e pubblichiamo
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Col passare dei mesi pare crescere in molti di noi la sensazione, ed il timore, che la nostra montagna vada perdendo il proprio e storico Ospedale - quantomeno nella forma in cui lo abbiamo conosciuto per tanti anni - nonostante le rassicurazioni che possono arrivare “dall’alto”, ed è altresì indicativo il constatare che un qualche dubbio sul futuro del nostro Ospedale pare abbia preso a diffondersi anche tra chi finora diceva di non nutrire alcuna preoccupazione al riguardo (accusando semmai gli altri di fare allarmismo).
Solo il tempo potrà dirci se tale sensazione sia destinata a conferme o smentite, ma già il fatto stesso che abbia preso piede non mi sembra essere cosa irrilevante e trascurabile, anche perché sembra farsi parimenti strada l’idea che un drastico ridimensionamento del nostro Ospedale, tale da trasformarne il volto, non significherebbe soltanto il venir meno di un familiare luogo di cura, nonché di occupazione diretta ed indotta, ma anche la perdita di un “simbolo”, il cui destino si porta in qualche modo dietro quello della montagna.
Tener strette le cose che ci fanno sentire a casa nostra
Ci viene spesso detto che il mondo cambia, e dobbiamo di riflesso adattare e modificare i nostri modelli organizzativi, ma seppur coi dovuti adeguamenti noi dovremmo tenerci care e strette le cose che abbiamo e funzionano, e ci fanno “sentire a casa nostra”, e per farlo occorre avere un forte attaccamento alle tradizioni e consuetudini del proprio territorio, attaccamento traducibile sostanzialmente nel senso di appartenenza ed identità (sentimento che dovrebbe estendersi dai cittadini e corpi sociali fino alle istituzioni).
Mentre tutto lascia intendere che tale sentimento non sia stato invece molto presente in quella sinistra che negli ultimi decenni ci ha governato a livello locale, e lo comprova a mio giudizio l’avvenuta ed inspiegabile soppressione della Comunità Montana, la quale esprimeva la “montanità” e l’unicità del nostro territorio, e aveva altresì un evidente valore simbolico, che conferiva a quell’Ente forza e prestigio, nonché autorevolezza “negoziale” nei confronti dei vari interlocutori istituzionali, anche di livello “superiore”.
Vicendevole e mutua complementarietà
Si può ricordare che da noi la Comunità Montana rimase sempre un tutt’uno - ancorché non mancassero le spinte a suddividerla per fasce altimetriche, o per versanti geografici - prevalendo la consapevolezza che un eventuale frazionamento l’avrebbe indebolita, e avrebbe scompensato l’accreditata “regola” secondo cui la centralità di Castelnovo si alimenta della “buona salute” del suo circondario, dall’Enza al Secchia e fino al Crinale, a formare un insieme di comune sorte, e di vicendevole e mutua complementarietà.
Posso sbagliarmi, ma mi torna difficile immaginare che un’area politica la cui cultura “ideologica” sembra alquanto maldisposta verso lo spirito identitario, e i connessi valori, possa configurarsi come lo strenuo difensore del nostro Ospedale di zona, né riesco a scorgervi la vocazione a prospettare semplificazioni, misure normative e fiscali, tese a salvaguardare la preziosa specificità delle aree montane, e a frenarne lo spopolamento invogliando inoltre altri a venirvi ad abitare ed avviarvi attività che diano posti di lavoro.
(P.B. 02.05.2019)