Un inverno senza neve, un febbraio senza piogge. Mentre il poderoso anticiclone Vaia ha spazzato via tutte le nuvole sull’Europa occidentale, è drammatica la situazione della siccità invernale che caratterizza l’Appennino e le sue vallate. A denunciarlo sono i Consorzi irrigui della Val d’Enza.
“Già a gennaio - osserva il presidente dei Consorzi, Mattia Reggiani - le precipitazioni sono state inferiori alla norma del 36%, con anomalie più evidenti nel settore occidentale, nella media Val d’Enza e giù, sino a ridosso del Po.
Da ottobre ad oggi sono solo 448 i mm di acqua mediamente caduti nel territorio, e il mese di gennaio è stato ampiamente al di sotto della media: in Val d’Enza mancano all’appello rispetto ai primi 15 anni del millennio oltre il 50% delle precipitazioni”.
“Una situazione - aggiunge Reggiani - che si ripercuote sul torrente che divide Reggio da Parma: mercoledì 27 febbraio (al pari dei giorni precedenti) aveva una portata di soli 3-4 metri cubi al secondo. Questo, a Cerezzola, corrisponde a soli 9 centimetri sopra lo zero idrometrico (Arpa) nettamente inferiori allo scorso anno (5 metri cubi al secondo).
Febbraio con le sue giornate soleggiate (sempre giovedì le temperature sono oscillate in Val d’Enza tra i 17 gradi della collina e i 20 in prossimità di Po) è sotto gli occhi di tutti e il torrente si presenta così, con molta meno acqua in un periodo nel quale si gareggiava invece con le canoe. È evidente che la presenza di un invaso, oltre a sostenere i diversi usi, darebbe valore anche a quelli turistici e sportivi”.
Intanto procedono i lavori dell’Autorità di Distretto del Fiume Po finalizzati, su incarico della Regione Emilia-Romagna, all’individuazione delle strategie per una migliore pianificazione idraulica-irrigua del territorio, e tornano a farsi sentire i Consorzi irrigui della Val d’Enza.
“Proprio in queste settimane - osserva il presidente dei Consorzi, Mattia Reggiani - da parte dell’Autorità di Distretto stanno per essere ufficialmente definiti la disponibilità di risorsa idrica della vallata, il bilancio idrico e anche la valutazione degli scenari e delle proposte progettuali. È un lavoro strategico che, finalmente, può dare una risposta alle esigenze plurime di acqua nella vallata”.
Di quanta acqua hanno bisogno i comuni per irrigare i campi e salvaguardare il fabbisogno idrico necessario nei territori dei 28 comuni della Val d’Enza?
“La vallata ha un fabbisogno idrico di almeno 152 milioni di metri cubi d’acqua. Secondo quanto riportato durante il tavolo di lavoro in modo più dettagliato, - continua Reggiani - c’è bisogno di un invaso abbastanza grande di capacità per garantire: 108 milioni d’acqua ad uso irriguo, 11,9 milioni a uso idropotabile, 1,6 milioni a uso industriale e circa 30 milioni per garantire il deflusso minimo vitale. Oltre a questo si sommano il possibile uso idroelettrico e la capacità di trattenere la laminazione delle piene”.
“A fronte dell’importante cambiamento climatico in atto, - conclude il presidente dei Consorzi irrigui - auspichiamo che l’opera che si vada a progettare possa sopperire ai fabbisogni idrici e, di conseguenza, sia adeguatamente dimensionata per rispondere agli usi plurimi previsti”.
Complimenti al Presidente dei Consorzi irrigui; Mattia Reggiani non chiede l’invaso di Vetto per farci giocare le anatre, chiede un invaso per dare l’acqua alle Aziende agricole che producono Parmigiano Reggiano, Vino, Pomodori, Mais, ecc.; se non ne avesse bisogno non sarebbe a sollecitare un’opera che garantisca il futuro delle attività agricole, oltre a dare grandi benefici alle falde, al clima, alla montagna e a ridurre il prelievo da Po. Ma a chi dell’agricoltura, della montagna e dell’inquinamento non importa nulla; anzi, al punto in cui siamo, non mi resta che pensare che qualcuno ci goda se i paesi montani e l’agricoltura muoiono e se il dissesto idrogeologico e le alluvioni distruggono tutto, forse a pensar male si fa peccato ma a volte ci si prende, diceva un vecchio detto; visto che in Val d’Enza di fare un invaso che abbia le capacità idriche di dare acqua all’agricoltura, ai rubinetti e all’industria, e che garantisca la presenza dell’acqua nel lago, anche nel periodo estivo, per dare alla montagna l’unico beneficio che ne deriva da quest’opera, non si decide, si rimanda, si rimanda a quando tutto sarà morto. Questa è la nostra Italia; meno male che non è tutta cosi, in Toscana e in Umbria che sono qui vicino a noi, senza parlare di Lombardia o Veneto, di invasi ne hanno fatti ovunque, dove madre natura lo consentiva, per sopperire al fabbisogno idrico plurimo e per ridurre lo spreco delle acque.
Franzini Lino
Sono ormai numerosi gli articoli che mettono nero su bianco la reale necessità dell’invaso di Vetto; è sotto gli occhi di tutti la siccità che sta colpendo le nostre zone quest’anno; Sono ancora da sanare le ferite del disastro di Lentigione; ed è innegabile che la montagna si stia spopolando non perchè non si viva bene (a mio avviso la qualità della vita che si può avere sulle Nostre Montagne non è raggiungibile in nessun altro luogo della provincia) ma semplicemente perchè ad una famiglia servono introiti economici che sono sempre più difficili da trovare in montagna.
Sarò ingenuo, ma proprio non capisco cosa si aspetti a procedere l’opera di Vetto, non ne vedo altre con la stessa importanza e la medesima urgenza. e allora? perchè siamo fermi?
Lodevole la Lotta di Franzini, ma serve che tutti i sindaci affrontino l’argomento e tutti uniti facciano sentire la propria, (e nostra), voce!
Andrea