Il libro di Dilva Attolini, Odilia e la Casa dei due pioppi, sarà presentato nell’ambito delle iniziative curate dall’Associazione Scrittori Reggiani, sabato 23 febbraio, alle ore 16.30 a Reggio Emilia, nella sede del Museo Diocesano, in Via Vittorio Veneto 6.
Il desiderio di riproporlo e rinnovarlo è nato quando una scrittrice, che l’autrice stima ma non conosce di persona ma solo attraverso facebook, le aveva scritto che il libro è bellissimo. A questa cosa si è aggiunto il ritrovamento di una splendida foto di Odilia con i suoi due primi figli, foto che è diventata, poi, la nuova copertina.
Il titolo nomina Odilia, perché sarà lei, la madre, a determinare il destino del primogenito, ma il protagonista del libro è il primo figlio Giuliano, che cresce in uno dei periodi più complessi della storia d’Italia: il tempo del fascismo, della conquista dell’Africa Orientale, della guerra civile di Spagna, delle leggi razziali, dell’occupazione della città da parte dei tedeschi, dei bombardamenti, poi finalmente la liberazione che sancisce il nuovo e per Giuliano la fine dell’adolescenza. Un romanzo di formazione scritto come un diario di ricordi di un bambino.
L’autrice è la mamma di Daniele Orlandini, Billo, e Giuliano diventerà suo cognato, in quanto ne sposerà il fratello Marcello, ma nella storia entra pure Dorina, la cui nonna abitava a mezzo chilometro dalla Casa dei due pioppi e che diventerà l’amica di una vita dell’autrice. Perché Dorina ha il cognome Zanichelli, ma non è altra che Dorina Lazzari, insegnante elementare molto conosciuta a Castelnovo ne’ Monti. Le vite di Giuliano e di Dorina, nel romanzo si intrecciano con la bambina Ester, personaggio ispirato a una storia accennata da Dorina stessa.
I tre bambini, ormai adolescenti, poi si disperderanno, ognuno su strade che si allontanano. Ecco come l’autrice immagina il loro addio.
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…Il sole è a mezza via sull’orizzonte, la luce non è dorata, è azzurrognola, il cielo non ha una nuvola, è così limpido da colorare di azzurro anche il verde dei prati. Quando si mescolano i colori del cielo e della terra, c’è qualcosa di nuovo che sta per accadere, lo si sente nell’aria, accadrà fra poco, e siccome i protagonisti sono i colori, non può che essere qualcosa di bello, di buono, di accadimento positivo che viene da lontano. Anche il tepore, data l’ora, è dolce, l’aria entra ed esce dalla bocca attraverso un respiro, nello stesso tempo profondo e calmo, il pomeriggio è talmente sereno da stringere la gola di commozione, gli uccelli intrecciano i loro liberi voli. Da un mese è primavera.
Giuliano la vede all’improvviso quando ormai gli è vicina, non aveva intuito che fosse lei, perché lui cercava con lo sguardo una persona sola, invece Dorina non arriva da sola, l’accompagna una ragazzina.
Il caso un’altra volta ha il modo di esibirsi, di mettersi in mostra, la ragazzina che accompagna Dorina è Ester, la bambina delle impronte leggere, la bambina che un giorno se n’era andata via senza dare spiegazioni dalla scuola di via Antonio Veneri. Le mamme di Dorina e di Ester sono molto amiche, Dorina aveva chiesto a Ester, che è ritornata da due giorni dalla Svizzera ed è ospite a casa sua, di accompagnarla in questa passeggiata verso il Crostolo. Ester aveva acconsentito con grande gioia, ha voglia di riappropriarsi della città che era stata costretta ad abbandonare. Ha voglia di attraversare le sue strade, di scorrere le mani sui muri delle case, di sentire il profumo degli alberi in fiore lungo i viali, vuole rivedere il piccolo fiume di Reggio, che da sempre scorre tranquillo, levigato, trasparente, con gli uccelli che lo attraversano da una sponda all’altra, e alla fine si scopre stupita dal clamore delle acque tra i due cimiteri, perché non aveva mai visto le piccole cascate che gli uomini avevano costruito.
… Si siedono sull’argine con le ginocchia piegate e i gomiti sulle ginocchia e la testa tra le mani. Chissà perché non si siedono vicini, come ci si potrebbe aspettare da chi ha trascorso alcune ore del pomeriggio ad aprirsi il cuore, invece si siedono un po’ lontani, scostati, come se sentissero il bisogno di isolarsi, sembra quasi che stiano separando le loro strade, ricercando delle forme di esercitazione per allontanarsi, il loro futuro sta da qualche parte, in luoghi diversi.
Dorina si ricorda di avere in tasca tre caramelle alla frutta, ovali, con una traccia di colore che si vede all’interno, le distribuisce. Giuliano sfiora la mano di Dorina che gliela porge, poi sfiora la mano di Ester, perché lui è nel mezzo, e le allunga la caramella che le è destinata. I gesti sono lenti, i tre quasi non si guardano, ma sono coscienti delle loro reciproche presenze. Le caramelle non hanno carta, non c’è bisogno di scartarle, ognuno le assapora in silenzio, come se il tempo di parlare fosse finito. Guardano il cielo che ha lasciato tramontare il sole e sta facendo scendere dall’alto una pennellata di scuro che smorza i colori, rendendoli più riposanti. Poi alzano gli occhi alla luna che è un satellite, ma in questi orari sembra un velo trasparente con tracce del mare della tempesta e della tranquillità; fissano una dopo l’altra le poche case che sono la testimonianza che la città da quelle parti sta avanzando; i piccioni volano bassi.
Fra poco, Dorina ed Ester se ne andranno via da quella parte, salteranno il fosso, attraverseranno un pezzo di campo, passeranno il ponte tra lo scrosciare delle acque cascanti che annullerà per un tratto tutti gli altri rumori. Sul ponte del Crostolo anche Ester e Dorina sperimenteranno la separazione, per gioco cammineranno lungo i parapetti, una a destra, l’altra a sinistra, tutte due con le mani a strusciare la ringhiera, come segno d’addio. (Giuliano le guarderà allontanarsi o se ne sarà già andato per i fatti suoi, per le strade del suo villaggio…)
Permettetemi un commento. In un ambiente molto accogliente del Museo Diocesano, si è svolta la presentazione del libro con la nuova copertina che riproduce una foto di Odilia e i due primi figli. Presentazione curata dal dott. Dario Caselli. Le letture di Chiara Barigazzi. E’ andato tutto bene come si dice in questi casi. Io ho inteso raccontare la storia di Giuliano, e a ogni lettura si parla di lui, ma inevitabilmente Odilia prende il sopravvento. L’’interesse dell’ascoltatore è attirato dalla figura di Odilia, che è inquieta, con la sua bellezza e il desiderio di farsi strada nel mondo. Imprevedibile e testarda, guida il destino di Giuliano, lo trascina via, molto presto, dalla Casa dei due pioppi. A Odilia il mondo della fattoria sta troppo stretto, ha paura dei topi, che sono dappertutto, non vuole gli scarponi duri, gli abiti neri, la vita che scorre immobile ogni giorno. Si scontra soprattutto con le donne, che accettano tutte le convenzioni, e appena gli screzi si fanno più duri, se ne va via senza voltarsi indietro, senza previsioni sul futuro, come accade quando si ha voglia di lottare. Ha letture diverse il libro. Il periodo del romanzo è uno dei più complessi della storia d’Italia, sono gli anni dal 1931 al 1945, ai tempi del fascismo. Il racconto è quasi una metafora di un mondo contadino che scompare, inghiottito dalla guerra, per rinascere diverso. Odilia voleva una sua emancipazione come avveniva o si stava ponendo in atto in tante altre parti del mondo, ma il cammino sarà disseminato di ostacoli. Riuscirà a trovare una sua strada o si perderà nei meandri delle difficoltà quotidiane? Chi vuole leggerlo, da domani, ne può trovare alcune copie presso le edicole, a Reggio all’Uver che ha tutti i miei libri.
Dilva Attolini