Home Cultura I racconti dell’Elda 10 / “Quelli della Pietra e i Bismantovini”

I racconti dell’Elda 10 / “Quelli della Pietra e i Bismantovini”

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Qui dlà Preda e i Bismatuìn

Ho letto per la seconda volta il trattato storico che l’esimio prof. Giuseppe Giovanelli ci ha gentilmente presentato su Redacon e come succede coi libri che la seconda volta ti sembrano più belli, così è stato anche per questo articolo, io credo che conoscere le nostre radici sia una cosa molto importante. Quella preghiera in dialetto trascritta così semplicemente come si pronuncia, senza l’uso di apostrofi stranieri che ti fanno confondere, ricordo che si diceva alla fine del rosario che si recitava in famiglia, assieme a una decina di giaculatorie, che poi finivano con:

Vita breve morte certa

del morire l’ora è incerta

se un’anima sola si ha

se si perde che sarà?

Paradiso o inferno ti toccherà.

Ora io rivolgo un quesito che mi frulla per la testa da parecchio tempo, a tutti quelli che sapranno darmi qualche delucidazione, dal momento che ho notato che c’è gente ben ferrata sulla nostra storia. Perché noi che siamo nati sulle pendici a ovest della Pietra di Bismantova siamo da sempre stati definiti per quelli della Pietra (quì ed sot la Preda), mentre quelli nati a est del gran sasso vengono chiamati quelli della Bismantova (i Bismatuìn)? Oppure prima era Bizantìn?

Apparteniamo a un’altra stirpe? Ai Longobardi, non ai Bizantini? In un passato molto lontano ci sono state guerre fratricide, che ci hanno diviso per sempre? Fra ovest e est c’è sempre stata una rivalità arcaica, guai chiamare Bismatuìn uno della Pietra e viceversa, loro hanno fatto sempre di tutto per distinguersi da noi abbellendo e facendo prosperare la loro terra che esposta al sole del mattino e protetta dalla nostra montagna nel pomeriggio dai raggi più cocenti, ha sempre portato più frutti. Noi che abitiamo “a l’albasìn” abbiamo avuto solo la parte più boschiva, Riva Grande che ci guarda dall’alto e il sole che arriva solo in tarda mattinata, i nostri avi hanno faticato molto per rendere la terra coltivabile, disboscando e ammucchiando pietre nelle svariate “masere” sui nostri pendii posti a ovest.

Su Bismantova se ne sono raccontate di cotte e di crude, ultimamente seguendo un documentario su una delle nostre televisioni ho sentito raccontare da uno studioso naturalmente con l’ombra del dubbio, che questo nome le fu dato da Mantova essendoci stata in quella città anticamente una scuola che preparava i sacerdoti “druidi”, questa scuola fu poi trasferita su questo monte che visto da est ha la forma di un altare. In quel momento con uno scatto si è aperto uno dei miei cassettini dei ricordi, mia madre nata a fine ottocento, anche lei curiosa come me, una volta mi aveva raccontato che quand’era piccola, un vecchio benedettino le aveva detto che Bismantova si chiamava così, perché per ben due volte era stata conquistata da Mantova. Un po’ di tempo fa ho conosciuto una signora che sentendomi parlare in dialetto mi ha chiesto se ero mantovana, perché il mio dialetto era simile a quello. Ci sarà un nesso? Dal momento che noi non abbiamo nessuna documentazione scritta, c’è qualcuno che conosce la storia di Mantova? Forse là potrebbe esserci qualcosa?

La leggenda racconta che questa città fu fondata dalla profetessa Manto, figlia dell’indovino Tiresia, che fuggita da Tebe arrivò in questa zona palustre dove poi sorse Mantova da “Manto”. Altri dicono che Bismantova ha preso il nome dal “manto” rosso dei soldati Romani, anche loro l’avranno conquistata due volte? Ora cercate di perdonare la mia ignoranza, una cosa però la so per certa, la Madonna della Pietra di Bismantova da sempre fa da spartiacque, è situata in un posto che accoglie allo stesso modo sia quelli che stanno di qua che quelli che stanno di là dalla montagna anche se per arrivarci calpestano strade diverse, e sono chiamati in modo diverso.

(Elda Zannini)