Riceviamo e pubblichiamo
Gli Appennini rappresentano una formazione geologica abbastanza recente e tuttora in evoluzione. Il territorio presenta un’idrografia tormentata che, con la sua azione erosiva, ha creato paesaggi dalle forme addolcite e rotondeggianti, anche a quote elevate, anche se non mancano zone aspre e calanchi. I monti sono spesso ricoperti di boschi di querce e castagni e, nelle quote più alte, di faggi e abeti. In alcune zone il terreno è impoverito dall’irrazionale sfruttamento del passato, con un eccessivo pascolo o con inadatta coltivazione del grano. Attualmente si sta cercando di rimboschire queste zone o di favorirne un uso più rispettoso dell’ambiente. E’ in atto altresì un fenomeno di reindirizzamento delle colture, preferendo quelle più tipiche che, tra l’altro, presentano oggi una maggiore redditività.
L’agricoltura, assai fiorente risente però di una notevole scarsità d’acqua, dovuta al carattere torrentizio dei fiumi. Anche la creazione di laghi e laghetti (presenti, ma non come la numerosa presenza di conche ed avvallamenti naturali farebbe pensare) non è facile. Il problema è rappresentato sia dal colmamento alluvionale, sia dalla capacità corrosiva dell’acqua in ambiente calcareo, che crea delle perdite sotterranee. Perciò i bacini lacustri, che sono una risorsa fondamentale per il territorio, non sono facili da creare, ma rappresentano comunque una priorità.
L’insediamento umano in questo territorio è stato notevole fin dai tempi preistorici, soprattutto a quote medie, quelle in cui i traffici erano più facili, ma che nello stesso tempo erano indenni dai pericoli malarici della pianura, spesso paludosa. Nei tempi storici il popolamento è stato intermittente, in rapporto alle condizioni climatiche e soprattutto politico-sociali. Le condizioni di vita sono rimaste a lungo assai dure per le scarse potenzialità agricole, dovute al terreno di scomoda lavorazione, rispetto alla pianura; perciò la castagna rimase a lungo la principale fonte di alimentazione. Queste difficili condizioni causarono costantemente un esodo, più o meno rilevante, verso la pianura, che si presentava un luogo dalle più facili condizioni di vita, sia per quanto riguardava l’agricoltura, sia per eventuali altre possibilità di lavoro che la città poteva offrire; ciò causò per la montagna un impoverimento umano e sociale.
Questo fenomeno parve invertirsi negli anni ’70-’80, quando si ebbe un fiorire di seconde case, vissute in estate, soprattutto da chi era nato in montagna e, dopo aver fatto fortuna in città, sentiva la nostalgia delle terre natie, ma anche da tanti in cerca semplicemente di tranquillità ed aria buona.
Ma fu solo un breve periodo, perché la gente di montagna non seppe cogliere quest’occasione per offrire ai nuovi venuti un ambiente veramente accogliente e rispondente ai loro desideri e rimase un po’ distaccata, cogliendo solo in parte i vantaggi economici e culturali che la nuova situazione offriva. Fu così che, anno dopo anno, quelle seconde case rimasero sempre più vuote, perché i figli di quelli che le avevano volute non si sentivano attratti dall’ambiente ed iniziarono a rifiutarlo ed anche i padri, forse temendo la mancanza di servizi ed assistenza che potevano ricevere sull’Appennino, lasciarono quelle case vuote.
Negli anni tra la fine del ‘900 ed i primi del nuovo secolo si ebbe nuovamente un impoverimento umano, prima ancora che economico, del territorio.
In questi ultimi anni si assiste tuttavia ad un vero risveglio. Infatti, innanzi tutto grazie ad alcune politiche di sostegno ai territori disagiati, si è creata una migliore viabilità e costituito una più efficiente rete di servizi, anche in montagna. D’altro canto il diffondersi dei mezzi di comunicazione, non solo radio e TV, ma soprattutto gli strumenti informatici, ha permesso alla popolazione, e soprattutto ai giovani, di non sentirsi più isolati, mentre personaggi dello spettacolo, come Gianni Morandi, Francesco Guccini e Vasco Rossi li rassicuravano sulle possibilità di raggiungere il successo anche nascendo in montagna.
Piano piano è così nato nei giovani un nuovo desiderio di affermarsi nella loro terra, senza obbligatoriamente dover lasciarla, e questa maggiore sicurezza si è diffusa anche fra i più anziani, desiderosi di attivarsi per migliorare, per sé e per i propri figli, le condizioni della terra in cui avevano sempre vissuto.
E’ stato così che una nuova generazione di imprenditori ha creduto nuovamente nella montagna e nelle sue opportunità ed ha programmato una serie di interventi nel campo dell’agricoltura e del turismo, ma anche nell’artigianato e nella meccanica fine. Ma la cosa più importante è che questi investimenti non sono stati iniziative individuale, come finora era stato fatto, sia pure sporadicamente e con pochi risultati, ma riunendosi in un’Associazione di promozione: “Appennino Bene Culturale”:
Tale Associazione, dopo aver ben esaminato la situazione attuale del territorio e soprattutto le sue enormi potenzialità, ha iniziato quindi a focalizzarsi su progetti specifici in queste aree:
Agricoltura: riproposizione di prodotti tradizionali suscettibili di una buona redditività: Grani Antichi (Farro, Spelta, orzo ed anche Grano Saraceno), Mela Rosa Romana, Piante Officinali Miele.
Turismo: si è partiti dalla riqualificazione di fabbricati e strutture agricole dismessi o mal attrezzati ed in generale dal potenziamento delle aziende turistiche, con migliori, attrezzature: piscine, saune, creazione di poli d’attrazione particolari, come maneggi e ippovie, percorsi di bike tour ecc. per potersi così rivolgere anche ad un pubblico internazionale. La fase successiva sarà dedicata particolarmente all’ aggiornamento e alla formazione del personale addetto, sia sotto l’aspetto più specificamente gastronomico, che in quello più generale dell’accoglienza e dell’animazione, senza contare una formazione linguistica.
Infine si è deciso di comunicare in maniera più precisa e sistematica la ricchissima offerta turistica dell’Appennino: innanzi tutto benessere e tranquillità, grazie all’aria e all’acqua pura (non dimentichiamo anche le Terme), ma anche arricchimento culturale, grazie alla dovizia di incredibili tesori storici: dalle vestigia protostoriche di Monte Cibele ai resti etruschi di Marzabotto; dalle strade romane ai castelli altomedievali di Matilde di Canossa, fino a giungere alla fantasmagorica Rocchetta Mattei.
Solo in questo modo l’Appennino potrà non solo trattenere i suoi giovani, ma addirittura richiamare quelli (giovani e meno giovani) che si erano allontanati, offrendo loro non solo la possibilità di realizzarsi in queste primarie aree di attività, cioè agricoltura e turismo, ma anche in tutte quelle che vi nasceranno attorno, attratte dalla rinascita del tessuto sociale ed economico.
Gianluigi Pagano