(Da Google)
Alla lettera: Creare di nuovo. Si usava questa espressione quando si dava ad un neonato il nome di un antenato, di un parente prossimo (zio, fratello): L’ha ‘rchervâ su’ pa’. L’ha ‘rchervâ su’ sìo! In qualche modo ci si impegnava a ri-creare quella persona, a darle un’altra vita, un’altra opportunità. Perché l’età, o la malattia, o la guerra ce lo avevano sottratto. Come se si volesse prolungare la vita del defunto e, allo stesso tempo, infondere nel neonato le energie dell’antenato. È una espressione di credenza nella sopravvivenza dell’uomo, ed è presente in quasi tutte le religioni, specialmente in quelle animistiche. Il termine in origine era Creare, poi, per metatesi, si è prodotto un Cheriàre (di cui si ha ancora memoria nell’italiano di qualche secolo fa), quindi il dialettale Chervâr. Questa trasformazione dei termini non è poi tanto rara. Il popolo taglia corto. A volte non comprende la pronuncia del vocabolo e se lo adatta, lo ripete come lo ha inteso o circa, riproducendo un suono simile. Altre volte abbrevia il termine e se lo taglia su misura.
E qui permettete una breve divagazione che esula dal tema, non c’entra col verbo creare, ma conferma quanto affermato sulla evoluzione dei vocaboli dialettali. Ad esempio: il nome di Crovara potrebbe avere, come antenato, una parola del greco arcaico Kera(f)òs (Cervo), poi latinizzata in Cervus, adattata in Cervària per indicare un luogo di cervi, (come risulta da un documento dell’870 d. C.), e deformato per metatesi prima in Crevària, poi in Crovara. Lo stesso succede per il nome dei tanti luoghi legati al termine Lama, che in origine indicava una striscia di terreno molto umido: Làma ròla (che diventa Marola), Làma gònfia (Magonfia), Lama chiusa ([La] Maciûša), Lama lònga ([La] Malùnga).
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