Al Palazzo ducale" in via Roma, 12/b, a Castelnovo ne' Monti, sabato 21 ottobre p.v., alle ore 18,30, s'inaugura la mostra "Consolazioni", fotografie e site-specific (specifico di un sito) di Achille Ascani, aperta dal 21 ottobre al 12 novembre 2017, tutti i giorni dalle ore 11 alle 13 e dalle 17 alle 20.
Mai come negli ultimi decenni la rappresentazione visiva delle principali criticità individuali e sociali ha segnato, spesso in modo decisivo, la mentalità comune ed i suoi immaginari. Per queste vie la ricerca fotografica di Achille Ascani si è evidenziata da tempo tra le più determinate e attinenti al tema del disagio sociale - espresso in particolare nelle forme delle ludopatie e delle dipendenze - aprendosi quindi a potenzialità che, oltre al progetto espositivo, si tradurranno al Palazzo ducale a Castelnovo ne' Monti in un convegno di approfondimento ed in un concerto svolto in relazione con la produzione fotografica.
Andreina Pezzi, curatrice di una mostra di Achille Ascani recentemente svolta a Reggio Emilia, ha rilevato in un testo introduttivo, come “La sua ricerca mostra attenzione verso l’ambiente e, soprattutto, un interesse alla persona, testimoniato dalla sua ultima produzione, in cui lo sguardo fotografico si posa su alcune delle più importanti piazze italiane, portando a riflettere sulle abitudini, gli svaghi e le consolazioni dell’uomo, di cui questi luoghi diventano teatro, determinando una perfetta fusione tra ispirazione, tecnica e arte e la capacità di entrare con discrezione in alcuni aspetti della fragilità e solitudine umana”.
La mostra, il convegno ed il concerto a Palazzo Ducale prenderanno avvio da queste esperienze: indagando i diversi fattori messi in campo a suo tempo da Achille Ascani, si delineerà la possibilità di accettare le sfide poste dai singoli problemi, in una posizione di dialogo e di ascolto dei bisogni sino alla elaborazione, per quanto possibile, di una proposta culturale in grado di contribuire tangibilmente al recupero delle dimensioni fondamentali della vita.
La mano del fotografo
di Giovanni Nicolini
“Sorridi! Guarda, guarda l’uccellino!” La mano del fotografo si sollevava a indicare il punto in cui la luce esatta genera l’immagine. La riproduzione fotografica, sostenuta dalla magia, catturava e restituiva le qualità complesse delle ombre e dei riflessi impalpabili tra cui si affaccia l’anima delle cose, dolce, tenera, vibrante. D’altronde è proprio per questo che ancora ci affolliamo ovunque, indifferenti al reale ma fatalmente attratti dallo spettacolo dell’immagine del reale. A volte guidati dal modello di una bellezza ideale, oppure diversamente, da una rappresentazione delle emergenze e delle singolari tensioni dell’epoca che in modo incessante segna la mentalità comune e i suoi immaginari.
Per queste vie la ricerca fotografica di Achille Ascani (“Consolazioni”, fotografie e site-specific alle Scuderie di Palazzo Ducale a Castelnovo né Monti nell’Appennino Tosco Emiliano dal 21 ottobre al 12 novembre) si è evidenziata da qualche tempo tra le più determinate e attinenti al tema del disagio sociale, espresso in particolare nelle forme delle dipendenze patologiche e del gioco d’azzardo. Un interesse alla persona che il fotografo emiliano testimonia nelle sue produzioni, dove i temi della fragilità e della solitudine umana si fondono con le architetture di piazze italiane o di scenografiche riprese notturne di ambienti metropolitani. I luoghi quindi della massima socialità, perfino deputati ai vuoti e alle ferite di una marginalità per cui, esponendola alla maniera di Jacques Copeau, qualcuno ha bisogno di mettersi in ascolto di qualcosa che qualcun altro ha da dirgli, in uno spazio scenico finalmente concreto, recuperando le dimensioni fondamentali della vita.
Osservava sottilmente Edgar Morin, in un antico saggio, che per contemplare l’arrivo del treno o l’uscita degli operai dalla fabbrica sarebbe stato sufficiente andare in una stazione o nei pressi di uno stabilimento. Così non è andata, e come si faceva ressa alle porte del Salon Indien del Grand Café di Parigi a fine ‘800, ancora oggi le contenute mitologie personali, e ancor più quelle collettive, si determinano nello stupore incondizionato procurato dal rispecchiamento della realtà. Il senso delle cose e i diversi destini paiono così ritrovarsi e rianimarsi fissandosi nelle immagini con effetti di verosimiglianza che per certi aspetti sembrano davvero restituirli “più veri della natura, più ricchi della vita stessa”, nell’affermazione dell’idea, di cui l’Autore pare farsi interprete, che la prima motivazione delle opere consista in una rinnovata capacità di osservazione del mondo e nella sua ridefinizione con la fotografia. In persuasiva antitesi, tuttavia, con quella condizione satura, peculiare delle produzioni massificate raccolte nelle reti, contraddistinta da gesti vuoti e da una profusione d'immagini in cui spesso non c’è nulla da vedere. Qualcosa andrebbe allora tentato nel trovare possibilità diverse alla diffusa inclinazione ad aderire ai processi di banalizzazione e semplificazione che sempre più ci allontanano dalla conoscenza del mondo, dalla capacità di osservarlo e quindi di rappresentarlo?
Henri Michaux, sensibile a questi aspetti, suggeriva in un noto aforisma di perseguire il puro, originale, fondamentale desiderio di non lasciare traccia di sé o del proprio operato, indicando con questo un percorso un po’ estremo. Diversamente Achille Ascani, che probabilmente di Michaux ha comunque considerato la dimensione etica, sperimenta nell’esteso site-specific delle Scuderie di Palazzo Ducale l’opposizione rigorosa ai modelli della cultura dominante ed agli ingannevoli paradigmi che la sostengono, con gli strumenti della sensibilità, della dignità e della comunione con il disagio. Al centro della scena pone la riscoperta del valore della fragilità nel rapporto con i destini di solitudine e sofferenza e tutto pare concorrere, con le immagini e i diversi materiali, al tentativo di rafforzare la capacità di ascolto e di sostegno a chi sta male, nell’interpretarne i silenzi, le parole inespresse, il dolore e la fatica di vivere.