Riceviamo e pubblichiamo
Nei giorni scorsi il Senato della Repubblica ha licenziato la legge a favore e sostegno dei piccoli comuni, una norma che vede coinvolti nella sua applicazioni tutti i comuni del nostro territorio e di tante altre zone appenniniche, e ancorché le risorse a disposizione siano al momento piuttosto contenute, il principio è sicuramente importante perché si propone di valorizzare un’Italia che sembrava destinata a passare in secondo piano, rispetto alle città e ai grandi centri urbani.
Lo consideriamo dunque come uno strumento in più messo nelle nostre mani, e soprattutto in quelle degli amministratori locali, e a questo punto vorremmo vincere il pessimismo, figlio del fatto che nonostante le numerose leggi a partire da quella sulla montagna, e nonostante gli stati generali della Regione sulla montagna tenutisi a Castelnovo ne' Monti, fino ad oggi il nostro Appennino non è riuscito a cambiare passo, da una situazione di denatalità, scarsità di infrastrutture, rischio di perdere servizi essenziali, mancanza di programmazione a lungo respiro, ecc….
In questo nuovo testo, che vede anche il coinvolgimento di più ministeri, ossia ambiente, interno, lavoro, agricoltura, nonché il Ministero dei Beni e Attività Culturali e del Turismo, si attivano le condizioni per la manutenzione del territorio, la riqualificazione energetica per il patrimonio pubblico, la messa in sicurezza stradale e quella di edifici pubblici, la possibilità di sostenere l’imprenditoria giovanile, l’acquisizione di case cantoniere da utilizzare per funzioni pubbliche e non, il recupero dei pascoli montani per favorire la produzione di carne e formaggi di qualità, la cosiddetta green economy, unitamente allo sviluppo turistico, e allo sviluppo della banda larga anche nei borghi.
Sono chiamati ad impegnarsi tutti i soggetti istituzionali di cui il nostro Appennino dispone, dalle municipalità al Parco Nazionale, fino alla Unione dei Comuni e comuni associati, i quali si devono mettere nelle condizioni di non lasciarsi sfuggire anche questa occasione per far decollare l’economia, invertire la tendenza allo spopolamento, e salvaguardare l’esistente inteso anche come tradizioni ed elementi identitari, il che prevede che ci si debba predisporre ad una progettualità in grado di avanzare proposte credibili, e dunque meritevoli di essere finanziate, ed è su questo piano che nascono i nostri timori causa gli esempi che abbiamo davanti (vedi i ritardi nella progettazione e realizzazione delle opere, come i 27 anni che sono occorsi per l’inaugurazione della galleria Bocco-Canala), mentre la nostra montagna non può più permettersi questi tempi infiniti.
Con questo ulteriore mezzo a disposizione, la politica montana non ha più scusanti e deve sapersi dimostrare una “buona politica”, capace di cogliere l’occasione e dar prova di saper prefigurare e sostenere il futuro delle nostre comunità, e al tempo stesso dar sostegno alla imprenditorialità che il nostro territorio ha saputo fino ad ora esprimere, e noi partiremmo proprio da qui, attraverso incontri che possano farci capire cosa si aspetta oggi chi è rimasto a vivere e lavorare in montagna, sforzandosi di mandare avanti le proprie attività pur in situazioni talora non facili, e come lista civica “Progetto per Castelnovo ne' Monti “ intenderemmo procedere proprio in questa direzione, sperando che il nostro invito sia colto da altri movimenti, associazioni e forze politiche, per un lavoro comune nell' interesse della nostra montagna.
I consiglieri comunali: Robertino Ugolotti e Daniele Valentini
Fa sicuramente bene Robertino Ugolotti a voler “vincere il pessimismo”, anche perché l’essere ottimisti non guasta mai, tuttavia nei suoi panni sarei un po’ cauto e prudente visti gli attuali “chiari di luna”, che non fanno sperare un granché, se pensiamo ad esempio che la cosiddetta legge salva borghi dovrebbe verosimilmente ispirarsi al principio di voler mantenere in vita anche le piccole realtà comunali, che sono spesso uno “scrigno” di tradizioni e valori identitari, mentre dalle nostre parti abbiamo invece assistito alla recente fusione di quattro Comuni (cioè un percorso che sembra andare all’opposto). Il che autorizza a supporre che non fosse stata sufficientemente compresa la rilevanza degli aspetti identitari, tipici dei cosiddetti “campanili”, ma si preferisse invece un tipo di organizzazione basata su aree vaste, che per loro natura sacrificano non di rado le singole specificità, in nome della omologazione, o forse si è giunti in ritardo ad avere questa consapevolezza, nel senso che si è “chiusa la stalla quando i buoi sono fuggiti”, e in ogni caso entrambe le ipotesi sono comunque sconfortanti (non a caso il titolo di un altro odierno articolo di Redacon inizia con due parole piuttosto sconsolanti: “povera montagna”).
(P.B.)