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Festa delle aie: sempre più i giovani e giovanissimi interessati a vedere, in scala 1:1 e dal vivo, come si viveva una volta

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Riceviamo e pubblichiamo.

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Fotografie dell'autore

Nell'era delle comunicazioni virtuali, quando sembra che ogni contatto fisico, visivo, uditivo, olfattivo tra le persone sia destinato inesorabilmente a scomparire, un piccolo borgo appenninico, Costa de' Grassi, frazione di Castelnovo ne' Monti, ripropone la festa delle aie, ovvero la riproduzione dal vivo del tempo che fu in quegli antichi e, allora, sperduti angoli del territorio reggiano, con la messa in scena reale di attività, costumi, mestieri che lentamente sono scomparsi o sono ormai patrimonio di pochissimi maestri d'ascia che ben volentieri mostrano, in queste rare occasioni, il proprio sapere.

La sorpresa di quest'anno è che tra le migliaia di persone presenti, in numero sempre maggiore, una significativa percentuale era composta da giovani e giovanissimi. Giovani e giovanissimi che possono guardare, toccare, annusare l'odore e assaggiare il cicciolo fatto al momento, vedere ed ascoltare il maniscalco che ferra un cavallo, stupirsi di fronte alle agili mani di una resdora che producono velocemente centinaia di cappelletti come un volta, ovvero quelli microscopici, da brodo, che solo una mano di donna esperta sa fare e che sempre più è difficile da trovare.

E' chiaro, soprattutto ai giovani, che si tratti di una riproduzione, ma è una riproduzione in scala 1:1, dove il giovane o la giovane può quasi mettere le mani in pasta per vedere che cosa si provi a produrre un oggetto concreto, a compiere un'azione inusuale vera e non virtuale. Ecco, queste feste paesane dove ogni persona del borgo, come nel caso di Costa, contribuisce a comporre un suggestivo quadro bruegeliano, hanno oggi sempre più funzione anche didattica oltre che ricreativa - che poi ne è lo scopo principale, è una festa - e quindi ben vengano, se ne continuino a fare nonostante lo sforzo sia del tutto, spesso, lasciato solo sulle spalle della comunità volonterosa e operosa che occorre ringraziare.

(Domenico Giannantonio)

3 COMMENTS

  1. Sono certamente lodevoli e parimenti utili, verso i giovani e meno giovani, tutte le iniziative volte a far rivivere un pezzo delle abitudini e della ruralità di un tempo, il che serve pure a non far rinsecchire le radici che ci uniscono al passato, un passato anche non molto lontano ma del quale, nel giro di qualche decennio, pare non esservi più traccia, o quasi, anche nei nostri luoghi, i quali hanno saputo custodire a lungo un patrimonio di usanze e di valori identitari. Si tratta, è vero, di una cartolina, o di una istantanea che si esaurisce nello spazio di una serata o giornata, o poco più, anche se può regalarci gradevoli e financo intense emozioni, come la suggestione che per solito suscita in noi un quadro fiammingo dove è ritratta la quotidianità di allora, ma è comunque il segno di un legame con le nostre tradizioni che vuole sopravvivere, un segno che dovremmo cogliere ed alimentare quanto più possibile, incoraggiati anche dalla larga partecipazione che tali iniziative di norma richiamano. Resta semmai l’amarezza di non aver saputo coniugare e amalgamare meglio il passato col presente, come altri popoli del Vecchio Continente sembra siano riusciti a fare – o danno almeno questa impressione, quando ci si trova a visitarli o se ne sente parlare – tanto che nell’attuale nostra società e, più in generale, nel nostro odierno “contesto”, farebbe abbastanza fatica e incontrerebbe una qualche difficoltà chi volesse riesumare e riprendere qualcuna delle attività di una volta (questa è perlomeno la sensazione che si ha).

    (P.B.)

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