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La posizione di alcune associazioni alle parole del sindaco Franzini

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In merito all'articolo "Il sindaco di Palanzano ripropone la necessità di invasi sull'Enza" pubblicato il 22 scorso riceviamo questo comunicato.

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Occorrono scelte strutturali urgenti per aumentare la resilienza del nostro sistema agro-irriguo alle ricorrenti crisi dovute all'evidenza del cambiamento climatico.

Di fronte al perdurare della grave crisi idrica crediamo opportuno ricordare l’opportunità di promuovere, come già accaduto anche nel 2007 in emergenza analoga, iniziative di finanziamento pubblico per favorire il risparmio idrico in agricoltura attraverso il miglioramento dell’efficienza degli impianti d’irrigazione.

In particolare nel 2007 furono previsti contributi in conto capitale per le aziende agricole che intendevano sostituire vecchi ed obsoleti impianti e sistemi d’irrigazione con impianti a risparmio idrico.

Occorre favorire due tipologie d’intervento: il passaggio dall’irrigazione per scorrimento ad un’irrigazione attraverso acqua canalizzata o intubata in grado di garantire una distribuzione più puntuale, oppure la sostituzione di impianti ad aspersione di vecchia generazione con altri a goccia o a spruzzo con impianti ad aspersione più efficienti dotati di centralina elettronica di controllo elettronica. Allo scopo è disponibile Il servizio gratuito Irrinet/Irriframe.

Irrinet è il servizio irrigazione realizzato dal CER, a disposizione di tutte le aziende agricole dell'Emilia-Romagna. E' un servizio gratuito che fornisce consigli irrigui sul momento di intervento e sui volumi da impiegare per ottenere un prodotto di qualità risparmiando risorse idriche. Si basa sul metodo del Bilancio Idrico che viene calcolato ogni giorno.

Al deficit idrico delle attività agricole si risponde infatti anche con il risparmio della risorsa, con la razionalizzazione delle reti e con la realizzazione di bacini, ove necessari, nelle casse di espansione e nelle cave esaurite.

Tutte indicazioni che sono già state date dalla Regione e dalle Province nei Piani di Tutela delle Acque (PTCP).

Il Piano provinciale di tutela delle acque, attuato dopo l’approvazione del Piano regionale, stimava un deficit idrico per il bacino del torrente Enza di 9 milioni di metri cubi sui quali il prelievo irriguo incide per il 70 per cento sul totale dei prelievi (irrigui, civili ed industriali). Il piano provinciale sottolineava la necessità di migliorare le tecniche di irrigazione insistendo sul governo della domanda, sul risparmio, sulla captazione intelligente, sulle fognature, sui depuratori e sul riuso dei reflui di depurazione.

Già da allora (2008) era prevista la realizzazione di invasi di accumulo a lato dei torrenti, in aree di attività estrattiva, possibilità concreta oggetto all’epoca di studio specifico.

Infine ricordiamo come, recentemente, da più parti, si sia intervenuti citando una ipotesi di sbarramento dell’Enza in località stretta delle Gazze, di cui, per valutarne efficacia, efficienza e impatto ambientale sarebbe utile poter vedere un progetto completo, per capire anche come verrebbe affrontato il rilascio idrico sul corso d’acqua a valle e quali presidi saranno assunti a tutela del rischio sismico, concretamente presente nell’area di intervento.

Peraltro, nel probabile riproporsi delle attuali condizioni meteo-climatiche, sarebbe concreto il rischio di trovarci con l’ennesimo bacino vuoto quando dovrebbe far fronte alla massima domanda di irrigazione, come abbiamo potuto constatare in vari invasi appenninici esistenti.

Concludiamo quindi condividendo la preoccupazione degli enti di bonifica e mondo agricolo di fronte alle crescenti crisi di siccità e ricordando che le associazioni scriventi sono sempre state favorevoli a ipotesi progettuali, scientificamente corrette, che prevedano le realizzazioni di invasi. Particolarmente per le tipologie di invasi previsti dal piano provinciale di tutela delle acque.

Riteniamo che, per la possibilità di realizzare opere meglio inserite nel contesto naturalistico fluviale, siano preferibili, nella quantità necessaria, invasi a margine del corso d’acqua con valenza di riserve idriche in rete e con la funzione di casse di espansione per la prevenzione delle piene.

Chiediamo quindi di poter incontrare Provincia, Regione, associazioni agricole ed enti di bonifica per mettere a disposizione il nostro contributo e la nostra esperienza alla ricerca di soluzioni efficaci, condivise e partecipate.

Reggio Emilia, 26 giugno 2017

WWF Emilia Centrale (Gioacchino Pedrazzoli), WWF Parma (Giampietro De santi), Legambiente Castelnovo ne’ Monti (Nuccia Mola), Amici della Terra (Fulvio Pezzarossa), LIPU Reggio Emilia (Simone Manzini), Agenda Verde (Duilio Cangiari), WWF Emilia Centrale (Gioacchino Pedrazzoli)

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2 COMMENTS

  1. Premetto che la diga di Vetto avrebbe dovuto essere realizzata quando nel 1987 fu definita dal Ministero, su decreto, “Urgente ed indifferibile” e nel 1988 iniziarono i lavori; avrebbe portato lavoro, sviluppo e certezze per l’agricoltura e un futuro per la montagna; poi qualcuno decise, con l’aiuto di altri, che la Valle dell’Enza, la culla del Parmigiano Reggiano, non poteva diventare la valle più importante dell’Emilia-Romagna, doveva restare senza diga, senza fondovalle, senza lavoro, senza sviluppo e senza futuro; con vari ricorsi, tutti annullati dalla Suprema Corte di Cassazione, si riuscì a far sospendere i lavori di un’opera straordinaria che avrebbe conservato l’oro blu nei periodi invernali per cederlo nei periodi di siccità. La diga di Vetto era ben più urgente e necessaria delle dighe del Bilancino, di Ridracoli, del Brugneto, del Molato o di Mignano, solo per citare alcune dighe realizzate recentemente vicino a noi; era mille volte più necessaria perchè alla diga di Vetto fu data “valenza nazionale” per i suoi usi plurimi e per il bene che dava all’Italia”, uso irriguo, idropotabile a Reggio e Parma, idroelettrico e laminazione delle piene; ma oltre a questo avrebbe avuto la capacità di ridurre la risalita del cuneo salino dal mare in caso di forte siccità del Po. Pertanto la diga di Vetto andava realizzata indipendentemente dai fabbisogni irrigui di Reggio e Parma. Ma in Emilia, a differenza della vicina Romagna o Toscana, dove chi decide pensa al bene di tutti, al bene del territorio; le riserve idriche che riducono lo spreco delle acque le hanno fatte; mentre qui da noi un’opera indispensabile come l’aria che respiriamo, un’opera che avrebbe creato migliaia di posti di lavoro, un futuro all’agricoltura, energia pulita per circa 20.000 famiglie, che salverebbe la Valle dell’Enza da qualsiasi alluvione, che dava acque limpide all’Enza anche nel mese di agosto fino al Po, un’opera definita sullo studio di impatto ambientale dieci volte più sicura rispetto alle dighe italiane, un’opera che avrebbe ridotto di soli 102 milioni lo spreco dei 300 milioni di acqua che passa da Vetto, non si fa. Qui si preferisce dire a chi lavora giorno e notte, come gli agricoltori, spendete milioni di euro per dotarvi di impianti computerizzati, a goccia a goccia, poi se l’acqua non c’è non andranno neanche loro e se il vostro prodotto costerà troppo e non lo venderete a nessuno, affari vostri. Forse un giorno, quando sarà troppo tardi, anche da noi si capirà che un bene prezioso come l’acqua limpida di montagna va conservata nei periodi di abbondanza per averla nei periodi di siccità, per dare acqua a chi ne ha bisogno, garantire il MDV ed eliminare il pericolo della subsidenza. A mio avviso in Emilia non decidono le persone di buon senso ma chi dice di “no” a tutto e si oppone anche a queste opere che in ogni parte del mondo si farebbero la guerra per poterle realizzare. Penso già ad un domani molto vicino, quando la nostra agricoltura e i paesi della nostra montagna saranno morti e a Reggio Emilia e a Parma si importeranno solo prodotti cinesi e turchi; ma neanche allora qualcuno capirà che se si era fatta la diga di Vetto la Valle dell’Enza avrebbe avuto un futuro.

    (Lino Franzini)

    • Firma - Franzini Lino
  2. La mancanza d’acqua farà morire la nostra agricoltura e metterà in ginocchio migliaia di aziende agricole, l’unica industria certa e fiorente fino ad una decina di anni fa che avevamo a Reggio Emilia e Parma; come la mancanza d’acqua sull’Enza da Cerezzola al Po fa morire ogni anno l’intera fauna ittica per il prelievo delle acque ad usi irrigui e idrici; ma questo interessa a chi si trincea dietro sigle ambientaliste?; interessa a queste persone preservare parte delle acque nel periodo invernale quando abbondano? Non c’è più religione, come non c’è più chi pensa al bene dell’Italia; il vecchio e glorioso PCI sostenne la necessità di realizzare la diga di Vetto; la vecchia DC si adeguò in quanto capì l’utilità di quest’opera. Allora, come ora, l’acqua di montagna non aveva colore, serviva e serve a tutti. Ma la diga di Vetto non deve servire a qualcuno per apparire come i paladini dell’ambiente; nel 2017 i veri paladini dell’ambiente non sono certo le sigle di associazioni, ma coloro che dicono: conserviamo le acque di montagna, usiamo il meno possibile quelle del Po e diamo delle certezze all’agricoltura. Nel 1990 ho avuto l’opportunità di vedere la diga di Monte Cotugno, appena ultimata. Un paradiso per l’uomo e per la fauna; ha una bellissima oasi faunistica, credo gestita proprio dal WWF; anche qui serviva creare una riserva idrica (cinque o sei volte quella di Vetto); per soddisfare le varie esigenze idriche e regolare la portata del fiume; come si dovrebbe fare in un paese normale; ma noi abbiamo ancora qualcosa di normale?

    (Sergio)

    • Firma - Sergio