Home Cronaca Canile in montagna / “Com’è possibile che la Comunità montana latiti da...

Canile in montagna / “Com’è possibile che la Comunità montana latiti da 56 anni se la sua costituzione risale ai primi anni settanta?”

9
0

Un titolo di giornale di inizio aprile (“In 56 anni la Comunità montana non è riuscita a costruire il canile”) ci ha sorpreso e anche un po’ ferito, come montanari, inducendoci altresì a ripercorrere le tappe principali di questa tribolata vicenda. Quel titolo origina da un giudizio espresso in argomento dalla presidente dell'associazione ambientalista “Amici della Terra”, che lamenta la mancata realizzazione del canile della montagna, ma i conti cronologici non tornano poiché la legge nazionale quadro, istitutiva delle comunità montane, risale al dicembre 1971, mentre quella regionale di attuazione è giocoforza posteriore.

La nostra Comunità montana non può quindi portare una così lunga responsabilità, di oltre mezzo secolo, nella mancata realizzazione del canile, non fosse altro che per la sua più giovane età - gli “Amici della Terra” l’hanno inspiegabilmente invecchiata di quasi vent’anni - ma non soltanto per questo motivo.

Dalla rilettura delle carte e da qualche ulteriore notizia raccolta in proposito, emerge infatti una realtà abbastanza diversa da quella raffigurata e vale la pena di tentarne una sintesi per difendere l’immagine del nostro territorio e dei suoi abitanti (spiace anzi che non lo abbia già fatto chi sta attualmente governando la Comunità montana).

Mantenendo l’occhio sulle date, la prima norma regionale sul controllo della popolazione canina, quella per intenderci che ha fatto obbligo ai comuni di assicurare - in forma singola o associata, e mediante apposite strutture - il ricovero e la custodia dei cani catturati, è stata licenziata nel maggio 1988; ed è dunque di qui che bisogna partire quando si calcolano i tempi per ogni valutazione in materia (per prima cosa, quindi, i 56 anni di cui si parla nell’articolo di stampa andrebbero più che dimezzati).

Ma errori ed amnesie non finiscono qui, se pensiamo che in tempi strettissimi l’allora Usl n. 13 di Castelnovo ne' Monti, vale a dire il distretto sanitario montano, che operava per conto dei comuni associati, si dotò di un canile comprensoriale, prima in via provvisoria poi in maniera stabile, ricorrendo ad una convenzione comprensiva del servizio di cattura dei cani vaganti e avvalendosi di un immobile preesistente opportunamente adattato; la struttura che ospitava il canile apparteneva a terzi, ma non era in ogni caso richiesto che dovesse essere di proprietà pubblica.

Sui quotidiani dell’epoca l’avvio del canile di Minozzo-Salatte, a fine 1989, venne salutato con corale apprezzamento e soddisfazione, anche per i costi decisamente contenuti. Dopo quasi tre anni da quell’inizio, in un articolo di stampa dell’agosto 1992, si riconobbe che in provincia di Reggio Emilia, quanto ad attivazione di canili consortili, “è decollato solo quello di Villaminozzo”; il quale, a distanza di altri quattro anni, siamo nel luglio 1996, si guadagna un’altra medaglia: “è risaputo che si tratta di uno dei migliori canili della regione…”.

Dunque un bel risultato, quasi un primato, per il territorio montano, e il non ricordarlo ci pare ingeneroso, oltre che inesatto, anche perché, specie in mezzo alle generazioni più giovani, potrebbe farsi strada l’idea che in questo campo la nostra montagna sia rimasta passiva ed inerte, quando è semmai vero l’esatto contrario; viene quasi il sospetto che, sotto sotto, si vogliano oscurare, o minimizzare, le tante buone cose fatte negli anni della cosiddetta prima Repubblica.

In seguito la delega dei comuni transitò alla Comunità montana, e in tempi più recenti (secondo quanto ci consta nel corso del 2003), passò di mano pure la conduzione del canile, che ha comunque funzionato per parecchi anni, come si può chiaramente vedere, salvo poi cessare l’attività a fine 2008.

Tempi e motivi di questa fine li impariamo dallo sfogo di una famiglia di Toano molto amante degli animali che, nell’agosto 2009, sulle pagine di un quotidiano locale, si rammarica di essersi spesa “per la chiusura del canile di Villa che non era più a norma”, così che, sono sempre le parole di un componente di quella famiglia, “in Appennino ha chiuso l’unico canile comprensoriale e ancora non c’è l’individuazione definitiva per il luogo dove far sorgere quello nuovo”.

Non sono affermazioni di poco conto, perché dimostrano innanzitutto che la montagna non era affatto sprovvista di un canile, e quindi le critiche mosse al nostro territorio sono quantomeno immeritate, e si deduce inoltre che il canile di Villaminozzo poteva verosimilmente continuare la sua funzione, nel senso che non era così inadeguato come lo si è voluto descrivere.

Risulta peraltro che anche nel 2002 la struttura fosse ritenuta idonea allo scopo (per tipo di fabbricato, pertinenze ed ubicazione) e che in quello stesso periodo sia stata comunque oggetto di migliorie; a questo punto, onde fugare ogni dubbio ed equivoco in merito, sarebbe utile veder quanto prima divulgato (se ne potrebbero far carico gli uffici della Comunità montana) il parere dell’organo istituzionalmente preposto ad esprimersi al riguardo, che dovrebbe aver successivamente decretato la sopraggiunta inadeguatezza del canile di Villaminozzo (e provocato pertanto la sua chiusura).

Come si vede ci sono elementi più che sufficienti per formulare un giudizio un po’ diverso, e molto più benevolo, sulla questione “canile della montagna”, ma le conclusioni di queste nostre righe non possono obiettivamente fermarsi qui.

Con tutta franchezza, non ci aspettavamo che una associazione come gli “Amici della Terra” spingesse per la costruzione di un nuovo canile; c’era infatti da credere che, per un principio di elementare coerenza, volesse evitare nuovo “cemento”, e risparmiare il territorio, facendosi piuttosto paladina dell’utilizzo di costruzioni già esistenti, adattabili al caso. In questa ottica avrebbe potuto chiedere alla Comunità montana di predisporre un pubblico avviso per verificare l’eventuale disponibilità, sul mercato montano, di un immobile in possesso delle giuste caratteristiche, ovvero sondare, con eguale metodo, se vi fossero soggetti interessati a fornire sia la struttura che la relativa conduzione.

Non sappiamo quale esito avrebbe avuto una siffatta ricerca, ma il tentativo andava comunque fatto. Tutto lascia invece intendere che nulla di ciò sia avvenuto e a noi pare una occasione persa. Nondimeno, al di là della non piccola delusione, e accantonando per un attimo le battute ad effetto, vedi quella dei 56 anni, confidiamo che possano esservi dei ripensamenti da parte degli “Amici della Terra”, mentre vorremmo che la Comunità montana prendesse posizione, con uno scatto d’orgoglio, per non far cadere nel dimenticatoio quanto qui si è fatto negli anni in tema di canile; e desse altresì corpo ad iniziative che vadano nella direzione avanti delineata (cercando di recuperare il tempo perduto).

(Giovanni Ferrari, coordinatore comunale del Pdl, già capogruppo consiliare)

* * *

Correlati:
- Ancora sui canili (7 aprile 2010)