L'indagine archeologica recentemente disposta nel borgo medioevale del Castello di Canossa è costituita da un imponente progetto di studio e scavo archeologico sulla rupe e sul castello medesimo, che si avvarrà per ben otto anni della collaborazione di Università, Cai, Soprintendenza, Musei e Lions con un significativo impegno finanziario.
Però, per altro verso, la notizia di questo ingente ennesimo intervento, non può che accentuare il disappunto per la sospensione delle opere di recupero della Rocca di Minozzo, perdurante da più di tre anni, con la mancata attuazione di importanti obiettivi progettuali sempre inseriti nelle richieste dell'amministrazione comunale di Villaminozzo, l'ultima datata 14 marzo 2013, per ottenere finanziamenti.
Fra gli obiettivi progettuali non realizzati c'è anche la riscoperta archeologica del fronte nord ed in parte di quello ovest, costituenti più di una buona terza parte dell'antico torrione, per la quale era stata prevista la "rimozione della vasta coltre sedimentaria e dei detriti connessi" ed il "restauro dell'accesso ovest", uno degli accessi alla parte sotterranea (cantina, prigioni ed altri ambienti).
Questo progettato ma mancato intervento, peraltro realizzabile con un impegno di spesa non molto oneroso, non più di poche decine di migliaia di euro per lo scavo archeologico, costituisce una mortificazione del giustificato desiderio di vedere messo in luce un patrimonio storico di altri ambienti, peraltro confermato dalla tradizione popolare oltre che da scrupolose ricerche archivistiche e anche da visibili tratti murari che a pochi metri dal suolo sono significativi della presenza di altri ambienti fino ad ora inesplorati.
Di più si può aggiungere l'opportunità, in analogia all'attuale progettata riscoperta del borgo sotto la rupe del Castello di Canossa, di restaurare in un secondo tempo il muro di cinta che circonda il pianoro sottostante il torrione minozzese così come altri elementi facilmente evidenziabili da una indagine archeologica quali quello di un raccordo tra il borgo e lo stesso pianoro posto nel suo angolo nord-ovest precedentemente sede di una antica torretta.
Se è fuori di ogni dubbio il riconoscimento del divario di rilevanza storica tra il Castello di Canossa e la Rocca di Minozzo, è giusto però anche per questo avanzo monumentale evidenziare significativi elementi quali l'epoca molto più antica di costruzione ed i notevoli periodi in termini di secoli del potere civile prima esercitato dal vescovo di Reggio, iniziato, dopo il dominio bizantino, alla metà del '700 e prolungatosi per ben cinque secoli fino alla meta del 1200, e successivamente dagli Estensi a mezzo di una podesteria per quasi quattro secoli, dal 1425 all'epoca napoleonica. Una podesteria, quella ubicata per così tanto tempo nella Rocca di Minozzo, considerata dagli Estensi fra le più ragguardevoli, dotata di un proprio statuto (Statuta Castellantiae ac Totius Praetoriae Minotij) in cinque libri di complessivi centoventicinque capitoli, approvato dal magnanimo Borso d'Este nel 1456, ratificato dal probo Ercole I nel 1471, dato alle stampe nel 1560 e qualche anno fa tradotto in lingua italiana.
Per il Castello di Canossa l'inizio si può fare risalire al più che lontano 1877, l'anno della proposta del Club Alpino Italiano alla sezione d'Enza di una campagna di ricerca e scavo archeologico che permise l'evidenza dei suoi storici ruderi e, nel corso di tanto tempo di altre riscoperte, come, abbastanza recentemente, nel 2011, quella della "scale dell'umiliazione". Per la Rocca di Minozzo la riscoperta archeologica è iniziata, anche per l'insistenza della locale Pro Loco, soltanto nel 2003 e si è protratta per circa dieci anni,mettendo in evidenza molti ambienti e pregevoli reperti ceramici e monetali, che non possono però usufruire dopo diversi anni, di una adeguata esposizione prevista, come da progetto, in alcune stanze sulla sommità opportunamente protette.
Va da sè che qualora venisse deciso di non portare a termine il recupero della Rocca, sarebbe necessario collocare i reperti più significativi in un ambiente esterno e lontano, con l'abbandono del più volte progettato allestimento museale in strutture protette della sommità del torrione. Il percorso didattico da tanto tempo raccomandato, dal convegno di studi del 3 giugno 1990, perderebbe molto di efficacia con diminuzione di una buona pubblica attrazione.
Davvero una situazione difficile per la Rocca di Minozzo, causata da una persistente assenza d'interventi della pubblica amministrazione, nonostante generiche affermazioni di ricerca di nuovi finanziamenti risalenti già all'estate del 2015. La possibile conseguenza in un prossimo futuro sarebbe il probabile degrado di parte di quanto è stato recuperato, soprattutto per la mancata protezione della pressochè totalità degli ambienti riscoperti, così come accade per le opere pubbliche che rimangono incomplete e l'inevitabile scarso richiamo turistico, oltre che lo spreco delle risorse impiegate.
Si auspica quindi un rapido intervento delle autorità preposte e delle associazioni che operano per la tutela dei beni culturali per una soluzione adeguata alla importanza del bene Rocca di Minozzo.
(Alberto Corsi)
Ha ragione Corsi, un uomo (perchè ha già quasi 40 anni) che ha il vizio di dire quello che pensa e se ne frega degli altri, capace, ambizioso, forse troppo… ma l’unico che può regalare un’immagine di Villa diversa.
(R.R)
Il dado è tratto, i prossimi candidati alla carica di sindaco saranno: Elio Ivo Sassi, Alberto Corsi, Lucia Manicardi.
(B.b)