Franco Zanelli, classe 1923. Uomo di coraggio, onesto, lavoratore e grande suonatore dell’amata fisarmonica. Così inizia il racconto della sua vita. 87 anni e tanta vitalità, ha pensato di raccogliere le sue memorie, ricostruendo minuziosamente uno spaccato della vita ai tempi della seconda guerra mondiale.
“Quando sono nato alle Tegge, (borgo di Felina) mia mamma è andata subito a Genova a fare la balia da latte, per prendere due soldi. Per me latte non ce n’era, mi davano i biassin (ndr cibo pre-masticato da un adulto, quando non esistevano gli omogeneizzati). A nove anni sono andato a governare le pecore, non avevo molto tempo per andare a scuola alle Tegge, ma quando ho preso la licenza elementare, che soddisfazione! Eravamo poveri, i miei avevano solo tre mucche e non bastavano i soldi, così mi sono arrangiato e ne ho fatto di tutte le razze, il manovale, ho imparato a suonare la fisarmonica da solo e suonavo alle feste, e alla fine ho fatto il cantoniere in Provincia” .
Franco rivive nel suo racconto la guerra da partigiano, la fame, gli incontri, i rischi, e il ritorno a casa. “ La sera che sono tornato a casa, mia mamma stava mungendo le mucche, mi vide e svenne dalla felicità. Tutti i giorni, a chi passava di lì, lei gli dava una pagnotta di pane che sfornava di continuo. Un modo per ringraziare il buon Dio del mio ritorno a casa”.
Il suo raccontare è semplice ma costituisce un prezioso archivio di vita vera, ricostruisce uno spaccato della storia locale, delle montagne, della Resistenza, vissuta a nascondersi dai tedeschi in mezzo al grano, a cercare di sopravvivere alla fame, ai pidocchi, alle intemperie, a cercare i vestiti da mettersi.
“Mia figlia mi ha aiutato a scrivere, ma ha a volte tolto delle cose che invece per me sono importanti. Io vorrei raccontare del sapore buono della polenta di castagne che ci han portato i borghesi quella volta che non mangiavamo da una settimana perché stavamo nascosti in mezzo ai campi di grano, per paura che i tedeschi ci trovassero. O dei vestiti buoni e di un cappello di paglia che mi ha regalato una ragazza perché potessi scappare. Le piccole cose che mi sono successe, le gentilezze, l’aiuto che ho ricevuto, quello vorrei dire”.
Una vita onesta, da gran lavoratore, nel 2005 Franco ha voluto costruire un museo nella sua cantina di utensili antichi a Casa Perizzi, dove abita. Ha raccolto e classificato vecchi setacci, oggetti per il latte, attrezzi di una volta per lavorare la terra, per segare la legna, per tessere. Un prezioso tesoro fatto di cose un tempo comuni, quotidiane e ora, a occhi ignari, del tutto sconosciute. Sdass, guindle, impidur, rocche , sono termini caduti ormai in disuso anche in dialetto.” Ho più di cinquecento pezzi, trovati in vecchi mulini, nelle stalle, nei solai, utensili degli antichi mestieri. Sono stato anche su Tutto Montagna nell’Aprile del 2006. Sono venute e vedere il mio museo anche la Leana e la Cosetta (ndr senatrice e vice-sendaco), han detto che se se si aggiusta il Fornacione, poi mi danno una stanza bella grande così ci posso fare star tutto. Io ci spero, mi piace, son un appassionato e poi Meschino (Zoppi, grande amico e preside in pensione) ha detto che lo diceva alle scuole. I bambini imparerebbero molto a veder con cosa si misurava il grano, c’era il quartar che serviva per pesare 12 chili e mezzo , e la mina , venticinque chili. Era una specie di cerchio con un ferro in mezzo,si riempiva si spianava il grano e quello era.”
È proprio Meschino Zoppi a fare la prima affettuosa recensione del suo racconto, in anteprima: “Caro franco questo tuo scritto non è solo una autobiografia, ma una pagina di storia del nostro passato, che ci aiuta a apprezzare i tanti sacrifici fatti da uomini come te, per portare libertà, democrazia vera e benessere”.
Rimasto vedovo qualche anno fa, Franco ha passato un periodo triste e difficile: “Un giorno ho incontrato Ciro (dott. Canovi, amato medico del paese, scomparso la scorsa estate), e mi ha detto ‘Franco, non ti abbattere, hai ancora un avvenire davanti a te, sei sano, devi reagire. Non ti devi buttare giù’. Gli ho dato retta e gli devo tanto. Sono andato al mare a Riccione con i pensionati e lì...”.
Ha incontrato una nuova compagna, Gina, con cui abita a Casa Perizzi.
Un vero colpo di fulmine, dice, accadutogli a 85 anni e che lo riempie di gioia e entusiasmo.
Chiediamo il segreto di tanta salute e vitalità: “I’nu mai ciapà la bala (non mi son mai ubriacato), dice in dialetto, al massimo un bicchiere. Non ho mai fumato. Ho sempre lavorato tanto, non sto mai fermo, ho la passione per le bocce, suono la fisarmonica, una volta che ho imparato una melodia, se l’ho memorizzata, non la scordo più. Mi ricordo tutto per filo e per segno. La mia dottoressa però insiste per sapere cosa faccio per mantenermi così bene in salute. Sa cosa le ho riposto? Che bisogna far spesso l’amore”.
Franco Zanelli mette a disposizione, gratuitamente, a Casa Perizzi (tel. 0522 814285) il suo museo di attrezzi antichi per le scolaresche e per chiunque voglia visitarlo. “Io fino alle 16 vado alle bocce, poi sono a casa”.
Aspettiamo la pubblicazione ufficiale del suo libro, anche se lui dice: “Non voglio mica fare delle speculazioni, voglio solo raccontare. Per non scordarmi”.
Grazie
Franco Zanelli è molto soddisfatto delle numerose telefonate che gli arrivano ed è felice di poter condividere e illustrare gli oggetti antichi raccolti in tanti anni, fiero di poter essere utile. Ringrazia @CRedacon#C per questo articolo e resta sempre a disposizione di chi voglia visitarlo a Casa Perizzi.
(Commento firmato)