MONTECCHIO (12 marzo 2010) - Il tiepido e soleggiato pomeriggio di venerdì 12 marzo, dopo le abbondanti nevicate dei giorni innanzi, ha fatto da cornice alle esequie di don Angelo Rabitti celebrate a Montecchio, nel Santuario Madonna dell’Olmo, presenti il Vescovo e l’Ausiliario, oltre a numerosi suoi confratelli.
Ha partecipato anche una nutrita rappresentanza di fedeli vettesi, venuta a rendergli l’estremo saluto insieme al coro parrocchiale dell'Unità pastorale, che ha accompagnato la santa messa rendendo ancora più solenne questo momento di commiato.
Fuori dalla chiesa la coltre bianca, che ancora avvolge le case e la campagna, è sembrata voler rammentare gli inverni delle alture vettesi, e della valle del Tassobbio, i luoghi dove don Angelo ha vissuto per mezzo secolo come parroco di Crovara e poi anche di Piagnolo (all’epoca del suo arrivo le due frazioni non erano ancora collegate dalla strada e dall’alto ponte) prima di separarsene per l’avanzare dell’età e i sopraggiunti problemi di salute. Nonostante questi ultimi, il cinquantesimo di mandato nelle sue parrocchie era stato festeggiato in una splendente domenica di luglio del 2007, presso la sua chiesa di Crovara.
Dall’altare lo hanno ricordato don Giancarlo Denti e don Carlo Castellini, fino all’estate scorsa parroco di Vetto, e una sua parrocchiana, trattenendo a fatica la commozione, hanno voluto rievocare quei suoi anni di mandato, visti anche con gli occhi di quando era bambina.
Le loro parole hanno fatto rivivere l’immagine di un uomo che mostrava grande disponibilità, e una bonomia naturale e spontanea che ispirava fiducia. Quando capitava di incontrarlo ti avvicinava sempre con un sorriso, e aveva per tutti una parola, che tuttavia non era mai scontata e banale, a denotarne l’acutezza del pensiero e la personalità. Sono i casi in cui la semplicità dei modi emana forza ed autorevolezza.
Nel tracciarne l’impegno pastorale, è stata anche ricordata la collaborazione che intratteneva con don Eusebio Costi, un’ altro storico sacerdote della montagna, che vive nella memoria dei suoi parrocchiani.
In una società scandita dai ritmi della globalizzazione, e soprattutto per chi si è trovato a dover lasciare il nostro bell’Appennino per ragioni di lavoro o per altre cause, può essere confortante, e rassicurante, guardare a figure come don Angelo, che qui hanno messo radici e - a fianco di coloro che per scelta o per sorte sono rimasti a vivere in questi posti - si sono fatti custodi delle tradizioni e del sentire delle comunità montanare, così che chi “torna a casa”, in maniera saltuaria o stabile, può ritrovarvi qualcosa del proprio mondo, pur nell’incessante mutare delle abitudini e degli stili di vita.
Un prete povero con il cuore grande
Sono nato a Legoreccio nel 1952 ma vivo lontano da quando avevo cinque anni. Ero amico di Don Angelo ed ogni volta che tornavo nel reggiano lo andavo a trovare con la mia famiglia. Non posso dimenticare il sorriso con cui ci accoglieva e poi ci invitava in casa: “Venite che vi offro qualcosa”. Entravamo nella casa canonica, apriva il frigo e non c’era NIENTE! Solo una bottiglia d’acqua… ma quanto era buona e quale sapore di genuina bontà!
Grazie Don Angelo di tutto quello che ci hai saputo donare!
(Renato Di Magenta)