Durante l'assemblea pubblica che si è tenuta qualche giorno fa nella sala consiliare del Municipio di Castelnovo ne' Monti a proposito del logo che dovrebbe accompagnare, d'ora in poi, l'attività turistica e di marketing territoriale, il sindaco Enrico Bini, in chiusura, rispondendo a chi chiedeva, sul logo, un referendum, ha detto che "piuttosto lo farei sul cambio di nome del Comune: da Castelnovo ne' Monti a Bismantova".
Si tratta di per sè di una notizia, seppure non sia una novità. Il nome Bismantova è stato in quella sede evocato a più riprese (ma lo è costantemente); e si sa essere il simbolo riconosciuto e la maggiore peculiarità, o, come si preferisce dire oggi, "emergenza" naturale del territorio comunale.
Dicevamo che la cosa non è nuova. Ricorda ad esempio Umberto Monti: "Già ancora vigente il Regno d'Italia, il prof. Rodolfo Benini, membro della 'Reale Accademia d'Italia', incaricato per indagini e studi danteschi nell'Appennino reggiano e in Lunigiana, scriveva il 19 maggio 1939: 'Poichè mi fate l'onore di chiedere il mio avviso sulla opportunità di sostituire, in omaggio a Dante, il nome attuale con quello di Bismantova, caro ai vostri amministrati, dichiaro di essere favorevole alla denominazione pura e semplice di BISMANTOVA, breve, significativa e senza duplicati nella nomenclatura dei comuni del Regno'".
Un'altra volta è il giornalista Arturo Mario Perbellini che, sulla scorta di una visita ai nostri luoghi fatti attorno al 1950, lasciò scritto: "...la Pietra di Bismantova, 'Gemma della nostra montagna', ciclopica rupe (...), suscita pensieri alti e solenni: meriterebbe veramente di dare il suo nome a Castelnovo ne' Monti...".
Nel 1967 fu il Consiglio comunale castelnovese stesso a muoversi in tal senso, approvando l'istituzione di una commissione incaricata di esprimere un meditato parere sull'opportunità di mutare la toponomastica del capoluogo da Castelnovo a Bismantova. Anche se all'atto pratico nulla ne scaturì, rimane comunque importante l'atto in sè (che potrebbe a questo punto essere semplicemente ripreso). [Da specificare, dato che qui può essere frainteso, che si parla ovviamente di mutamento del nome del comune, non di quello del paese - come accaduto 25 anni fa a Ciano d'Enza].
Antonio Bernard e Pietro Menozzi, che scrissero nel 1968 una guida alpinistica sulla Pietra di Bismantova edita dal Cai di Parma, annotavano a questo proposito: "Il cambiamento di nome non è dunque un'iniziativa peregrina, ma anzi è motivato da imprescindibili ragioni storiche; si eviterebbe inoltre di confondere il Comune di Bismantova con tutti gli altri centri che in Italia recano il nome di Castelnovo (una quarantina, ndr), identificando immediatamente il territorio sottostante con quello che da sempre è il suo simbolo: la Pietra di Bismantova".
Uhm…, da Castelnovo a Bismantova? Ennesima dimostrazione — dopo il recente “restauro” dell’ex-municipio —, di una amministrazione che non è in grado di valorizzare il proprio patrimonio storico: le località con nomi del tipo Castelnovo o Castelfranco sono nella maggioranza dei casi borghi di fondazione medievale; quelli col suffisso -novo rimandano semplicemente a borghi di nuova (nel Medioevo) fondazione, mentre i secondi, quelli in -franco, a borghi esentati (appunto franchi, cioè liberi) da imposte; di qui l’ampia diffusione di tali nomi. In ossequio a tale tendenza, propongo quindi un progetto che preveda, dopo la demolizione del borgo antico e della Pieve, anche, in prospettiva, la rimozione della stessa Pietra di Bismantova.
(Un cittadino)
Altri problemi non ce ne sono? Un referendum (con le energie di tempo e soldi che comporta) su questioni così poco importanti. Cosa cambia a noi cittadini se cambiamo il logo o il nome? Forse cambierebbe in meglio la nostra residenza se ci fosse lavoro per i nostri figli, meno furti, attività ricreative e turistiche ben organizzate. O no?
(Di Castelnovo Monti, RE)
Divertita dall’ironia del primo commento (Un cittadino), sempre più spesso si ha l’impressione che il comune di Castelnovo ne’ Monti utilizzi risorse finanziarie per iniziative di importanza secondaria, dal valore effimero. Per quale motivo sta creando a se stesso il falso bisogno di cambiare nome al Comune?
(Una montanara)
Spero solamente che il Comune, visto che vuole affrontare un argomento così urgente, necessario e impellente, cerchi di mantenere l’identità montanara, emiliana e italiana. Cioè sono assolutamente da escludere nomi in inglese!
(S.M.)
Sono d’accordo col sindaco: una operazione tipo quella fatta a Canossa tanti anni fa potrebbe solo giovare al sistema di riconoscimento del nostro Comune.
(Pietro Ferrari)
Per me, è l’anticamera di un progetto di più ampio respiro che mira ad inglobare (fondere) altri comuni limitrofi ed omogenei (Casina, Carpineti e Vetto), senza suscitare campanilismi esasperati o diatribe sul nuovo nome.
(A.I.)
Sì, facciamolo pure ‘sto referendum, ma aggiungiamo un quesito: tornereste a votarlo? Sì / No.
(mv)
Favorevole, purchè si proceda, perchè è da diverso tempo che se ne parla e perchè ad ogni legislatura rispunta l’idea.
(Elio Peri)
Un amico, purtroppo scomparso, aveva l’abitudine di spedire a se stesso una cartolina dai luoghi più disparati, anche dall’estero, indicando solo nome, cognome e poi Bismantova. Tutte le cartoline sono sempre state recapitate. Questo dimostra la straordinaria forza del nome. La cosa non venne capita nel 1967 e credo che ancora oggi per molti sia difficile comprendere che potrebbe essere lo strumento di promozione territoriale superiore a qualsiasi altro.
(Romano Marchi)
Quali i costi per le imprese e quali le complicazioni burocratiche? Per Pietro Ferrari: infatti più di uno, specie se straniero, finisce a Canossa quando deve andare a Ciano. Ma questo problema, per fortuna, non si porrebbe per Castelnovo. E comunque non credo il problema sia il nome, è come quando qualcuno si fa togliere le rughe o tingere i capelli senza pensare che il problema in realtà sono gli anni…
(A.M.)
Con tutti i problemi – emergenze che ci sono, si deve pensare a cambiare il nome del Comune, spendendo altri soldi pubblici? Bah!
(AC)
Forse è necessario qualche precisazione sul mio precedente commento: a leggere certi commenti, mi pare di non esser stato pienamente compreso. Innanzitutto, non volevo in alcun modo osteggiare la possibilità di mutare il nome in Bismantova. Quel che volevo e intendo dire è che non possiamo puntare tutto e solo sulla Pietra di Bismantova, che certamente è una meraviglia naturale, ma che, sola, non può rendere davvero turisticamente appetibile Castelnovo. Detto in parole spicce, vogliamo che eventuali turisti affermino «Sì, la Pietra è bella, ma in paese non c’è niente» o «È un bel posto: il paese è caratteristico, accattivante e poi c’è questa meraviglia»? In altre parole, attorno a questa specificità è necessario costruire ad arte tutta un’atmosfera accattivante, che accolga e colpisca il turista: e questo può passare unicamente attraverso una vera valorizzazione del patrimonio del comune. Non è vero che a Castelnovo non c’è nulla: abbiamo il borgo medievale, la Pieve (che nel suo nucleo più antico è medievale con svariate aggiunte successive anche seicentesche), l’Eremo della Pietra (seicentesco), il Palazzo Ducale — e avevamo anche l’ex-municipio: insomma, un piccolo patrimonio medievale e moderno. Tutto ciò andrebbe, come detto, valorizzato, nel senso di costruirci attorno un’atmosfera tra il tradizionale e il caldo-accogliente e il rustico: ovviamente, centro di tutto questo, più che Palazzo Ducale, dovrebbe essere il borgo vecchio, che ben si presterebbe a iniziative in tal direzione. Se non ci sono tradizioni, inventiamole: tanto il turista, in genere, di storia non sa niente e, a volte, nemmeno gli storici sanno (per il semplice motivo che non ci sono fonti: ad esempio di come vivevano i ceti popolari nel Medioevo non sappiamo quasi nulla). Credete che la rievocazione storica di Carpineti sia storicamente valida? Al di là del fatto che in qualsiasi libro di storia ho sempre letto umiliazione di Canossa e mai di Carpineti, la rievocazione in sé ha tanto di medievale quanto la festa del trattore. Dunque, valorizziamo quanto di pregio abbiamo in conformità a ciò che i turisti vogliono, non fantomatiche vigne.
(Un cittadino)
Tendenzialmente, sono sempre molto perplesso di fronte all’ipotesi di cambiare il nome di un Comune, poiché ritengo che se così è stato chiamato all’origine da chi lo abitava, ossia dai nostri progenitori, una ragione deve pur esserci, ed infatti l’etimologia ci aiuta spesso a trovarla e a comprenderla. L’identità, di cui spesso parliamo – e un accenno ne fa pure (S.M.) nel suo commento – si sostanzia anche, a mio modesto parere, nel saper farsi custodi, dandovi altresì continuazione, di quanto ci hanno trasmesso e lasciato i nostri predecessori, anche quando siamo tentati di innovare l’una o l’altra cosa, in nome della modernità, o per l’una e altra causa. Volendo, si trovano sempre motivi e argomentazioni per dar luogo ad un qualsivoglia cambiamento, salvo poi arrivare semmai a ricredersi e a rammaricarsene, perché si va via via riducendo e affievolendo lo spirito identitario di una comunità, del quale avvertiamo sempre più l’importanza e la funzione, se ci preme di non incorrere in una innaturale omologazione, o standardizzazione che dir si voglia. Niente da eccepire naturalmente sulla validità del nome Bismantova, ma se a suo tempo si optò per Castelnovo ne’ Monti, visto che la Pietra era lì da sempre, una spiegazione v’è di certo, e non vedo quindi perché si debba rimettere adesso in discussione quella scelta, anche per il fatto che i problemi cui oggi dedicarsi mi sembrerebbero altri, sempre a mio modo di vedere. A meno che questo passaggio non sia invece “l’anticamera di un progetto di più ampio respiro che mira ad inglobare (fondere) altri comuni limitrofi ed omogenei (Casina, Carpineti e Vetto)”, come pensa (A.I.), ma se così fosse sarei quantomeno cauto e prudente nell’imboccare tale strada, visto che la Francia, se non erro, conta grosso modo un numero di Comuni quadruplo rispetto ai nostri, con una superficie che nella parte metropolitana non dovrebbe arrivare al doppio della nostra (il che una qualche riflessione dovrebbe pur indurla
(P.B.)
Persino nella Divina Commedia è identificato il luogo del nostro simbolo territoriale, la Pietra di Bismantova.
(T.G.P.)
Si pensa forse di cambiare il nome di Castelnovo ne’ Monti in Bismantova perchè la nostra bella Pietra è stata dimenticata nel logo? Non commento (nella lingua di Dante)!
(Willy)
Tra il progetto del logo e un’idea del 1967 dimostra che questa amministrazione é completamente staccato dalla realtà. In questi anni di mandato-Bini si sono viste foto ma di fatti pochi. In questo giorni su un quotidiano si leggeva “la fine degli espropri per il Ponte Rosso”, beh non è un anno o giù di lì che si parla dell’inizio lavori? Senza la proprietà dei terreni? Rimango perplesso.
(Bacs)
Sono sempre dubbioso sulla necessità di cambio nome ai Comuni. Premesso che credo la comunità abbia sicuramente problemi più importanti da analizzare, non vedo il beneficio del cambio nome ma probabilmente qualche confusione in più (vedi l’esempio di Canossa); Inoltre rivangare i nomi dell’epoca dantesca non significa obbligatoriamente rendere più famoso il Comune, ma disconoscerne la sua storia di Castelnovo ne’ Monti. Credo che per sviluppare meglio il turismo e quindi l’economia montana siano altre le strade da seguire, come ad esempio: valorizzazione del territorio, una buona concertazione fra strutture ricettive ed offerta di attività che possano attrarre turisti. Castelnovo ne’ Monti dovrebbe essere l’esempio per tutti i comuni montani!
(P.C.)
In un film di Fantozzi il mega direttore galattico diceva: “Fantozzi noi non diciamo più morti di fame, ma classe meno abbiente”. Si può cambiare nome, ma il paese è in stato comatoso!
(Ugo Ugolotti)
“Castrum novum cum capella et curte”. Ecco perchè si chiama così il nostro paese, detto anche “Castello nuovo dei signori Abati di Canossa” allorchè venne donato da Matilde di Canossa – artefice dell’edificazione del castello – all’Abate dei Benedettini di Canossa. Castello nuovo con cappella e corte. La cappella di S. Pancrazio(patrono civico; il 12 maggio – sua ricorrenza – uffici e scuole sono chiuse) le cui reliquie furono affidati dai Papi all’Ordine Benedettino affinchè ne divulgasse la devozione in Italia ed Europa, essendo S. Pancrazio (giovane martire dei tempi di Diocleziano) molto venerato. Infatti già subito dopo l’editto di Costantino, che riconosceva la religione cattolica, venne costruita sull’Appia Antica una Basilica in suo onore. Ed il castello era un vero e proprio piccolo castello, con ai piedi il piccolo borgo stretto nelle sue viuzze, protetto dalle due porte: il cosiddetto”Voltone” – termine dialettale usato dagli abitanti più antichi – e che fino agli inizi del ‘900 conservava un portone di legno su cui venivano attaccate le satire di dileggio per qualche malcapitato che, puntualmente, allo stesso modo, faceva trovare la risposta il giorno successivo tra l’ironia generale. L’altra era porta Martana, così chiamata perchè prossima a piazza delle Armi ed al Campo di Marte, largo spiazzo in cui si allenavano i soldati. Si viaggia nei secoli e si trovano spunti di vita civile e militare, spazi d’ingenua poesia nella toponomastica: piazza della Luna con la Colonna in auge per parecchio tempo, la Locanda del Sole, la Locanda della Luna, i tre Vaticani, la Galiotta (con le prime prigioni), racconti, storie, satire soprattutto tramandati dalla tradizione orale che va affievolendosi sempre più, poichè degli antichi abitanti ormai non resta più nessuno. La storia di Castelnovo non è quella di un grande comune medioevale, ma è la nostra storia. E senza nulla togliere alla meraviglia del monumento straordinario che la natura ci ha regalato, la nostra splendida ed amatissima Pietra, è un peccato allorchè ci si dimentica di noi stessi, delle nostre radici, di tutto ciò che attraverso generazioni ha costituito la nostra identità. Almeno secondo me.
(Mgc.)