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L’intervento / Roccuzzo e i “sovversivi” del Cattaneo

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Riceviamo e pubblichiamo. L'articolo del Giornale cui si fa qui riferimento è di Paola Setti.

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Efficienza da vendere, tempistica sorprendente, vengono pure riportati i commenti che un insegnante di lettere – sempre il solito! – avrebbe fatto in classe all’indomani dell’incontro a teatro con il giornalista Antonio Roccuzzo. Ma andiamo per ordine.
Prima di tutto troviamo alcune clamorose rivelazioni. Paola Bacci, la preside dell’Istituto "Cattaneo Dall’Aglio", presso il quale è stato organizzato l’incontro con il giornalista, è una tesserata del Pd, ed è addirittura membro del comitato direttivo della sezione cittadina! Pian piano si precisano i termini del complotto anti-Silvio, si scopre pure che la sorella della preside, signora Rosanna, è stata sindaco comunista di Ligonchio (il paese di Iva Zanicchi...). E, bontà dell’articolista, ci si ferma lì. Figuriamoci se avessero trovato, fra le parentele di Paola Bacci, altre prove schiaccianti di colpevolezza, come un babbo partigiano o un bisnonno garibaldino.

Ma non basta. Continua la zelante giornalista: già nell’ottobre scorso la sua scuola finì nel mirino del Pdl (leggi Filippi) per quelle lezioni che il professore di lettere trasformava in comizi. Lei fece spallucce… Naturalmente non importa che le cimici dell’ingegnere funzionino in modo un po’ bizzarro, sempre sorprendentemente in sintonia con le sue orecchie così sensibili alla minaccia di un dilagante bolscevismo, e che non abbia mai conosciuto quell’insegnante, né, tantomeno, ascoltato le sue lezioni. Lui, l’ingegnere, sa a prescindere. Nel corso dell’articolo si procede poi, con nobile determinazione investigativa, allo smascheramento del “ceffo” Roccuzzo.

Assolutamente marginale che sia stato redattore della rivista "I siciliani", all’inizio degli anni ottanta, giornale di informazione e di denuncia vera, in un deserto di omertà che in quel tempo erano Catania e tutta la Sicilia, rischiando la pelle, tant’è che il direttore di quella rivista, Pippo Fava, fu eliminato dalla mafia con cinque proiettili nella testa. Di questo, ovviamente, nell’articolo non v’è traccia. Si fa invece l’elenco dettagliato dei posti in cui Roccuzzo ha presentato il suo libro – che parla di mafia - prima di approdare a Castelnovo ne' Monti, nella roccaforte rossa del Cattaneo. Ed è come scovare l’assassino con la mannaia in pugno.

Nell’ordine abbiamo: Radioradicale, il monastero dei Benedettini di Catania (notoriamente covo di marxisti-leninisti), la Feltrinelli di Palermo, con la presenza di Antonio Ingroia (un magistrato antimafia? ma va?) e, dulcis in fundo, l’associazione "Libera", accanto a un giornalista di Annozero (non sia mai) e a un altro magistrato: il procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro, certamente anche lui toga rossa, e non importa che abbia coordinato la maggior parte delle inchieste sul terrorismo rosso a Milano fino al 1989, per passare poi ad altri campi di indagine: corruzione e mafia.

Pericolosamente sovversive, poi, alcune parole che Roccuzzo avrebbe pronunciato – peraltro rispondendo alle domande degli studenti - durante l’incontro: la Lega non mi piace e Berlusconi nemmeno; rincarando la dose con clamorose falsità, come quella secondo cui il premier concentrerebbe nelle sue mani, in Italia, la maggior parte dei canali di informazione. Che abbia poi insistito sul fatto che i ragazzi debbano informarsi dappertutto, leggere qualsiasi tipo di giornale, mettere tutto a confronto e dubitare sempre di ogni cosa per imparare a ragionare con la propria testa, questo viene tranquillamente omesso, infatti non è molto importante.

E poi quel prof, quello che la storia la insegna sempre rapportandola all’attualità, e l’attualità la racconta sempre dal suo punto di vista. Figuriamoci, questo stalinista e con lui tutti gli altri colleghi del "Cattaneo" presenti con le loro classi all’incontro avranno letteralmente trascinato i ragazzi a teatro costringendoli a seguirli, facendoli scortare da decine di guardie rosse, visto che il Resto del Carlino, citando le parole di Filippi, intitolava: "Studenti obbligati a partecipare a teatro a monologo anti Berlusconi". E, sempre secondo quanto annotato dall’ingegnere, l’insegnante avrà sicuramente definito, senza mezzi termini, Berlusconi mafioso. Il Filippi deve avere fonti autorevoli per sostenere tutto ciò con certezza; infatti, se, per assurdo, quell’insegnante non si fosse mai sognato di obbligare i ragazzi a seguirlo, né, tantomeno, di cimentarsi in comizi politici durante l’orario di lezione, né di definire Berlusconi mafioso, potrebbe addirittura querelare chi lo afferma.

Davvero poco probabile invece che quel prof non avesse previsto nessuna uscita a teatro e che, entrato in classe sabato mattina con l’idea di tenere la sua lezioncina settimanale sui "Promessi sposi", abbia acconsentito - pure di malavoglia, avendo programmato altre cose - a una estemporanea richiesta degli alunni di recarsi all’incontro, chiedendo loro addirittura di mettere la decisione ai voti ed uscendo dalla classe al momento della votazione. Così come risulta altrettanto improbabile che quel prof, per rispondere ad una alunna che s’infervorava sostenendo che Berlusconi ha legami con la mafia, abbia detto che esiste prima di tutto la presunzione di innocenza, che nessuno è colpevole finchè non c’è stata una sentenza di colpevolezza, e che il problema, se mai, è quello di fare i processi. No, quel prof è sicuramente un sovversivo. Tra l’altro, insegnare la storia raffrontandola col presente è un’operazione che nessuno dovrebbe mai fare. Ha ragione l’ingegner Filippi, è stato oltrepassato il limite, ora si attendono seri provvedimenti.

Nel frattempo qui al Cattaneo ce ne staremo buoni buoni, con le nostre aule a volte piene zeppe fino a più di trenta alunni, con gli spazi che ovviamente sono quelli che sono, le classi spesso scoperte perché di supplenti neanche a parlarne e di soldi sempre meno, ma guai a protestare, le proteste anti-Gelmini non bisogna certo farle a scuola, le faranno magari i metalmeccanici sui tetti delle fabbriche. Siamo davvero pentiti e d’ora in poi, in classe, grembiulino e tutti in fila; poi, al pomeriggio, l’ultima puntata di Amici e alla sera Sanremo, così il giorno dopo, magari, ne parliamo a scuola.

(Andrea Chesi, insegnante del Cattaneo Dall’Aglio)

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13 COMMENTS

  1. Insegnanti che insegnano
    A chi commenta auspicando che gli insegnanti facciano gli insegnanti, propongo una frase tratta dal sito ufficiale del MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – il ministero retto pro-tempore dal ministro Gelmini, per capirci – nell’area “Portale dello studente/Legalità” – ci si arriva dalla homepage del sito, dal link Più Scuola Meno Mafia): “A seguito di un percorso teorico in tema di legalità e lotta alla mafia svolto in classe ed affidato all’autonomia dei singoli docenti interessati – da svilupparsi anche con il sostegno dei materiali didattici inviati dalla Fondazione Giovanni e Francesca Falcone – alle classi è richiesto di rilevare sul territorio situazioni di illegalità palese e proporre un progetto di ripristino della legalità. Tale progetto, che potrà coinvolgere anche gli Enti Locali e le associazioni del territorio, dovrà necessariamente prevedere un ruolo centrale degli studenti.” E’ dunque il ministro Gelmini, per prima, a suggerire alle scuole di organizzare eventi per confrontarsi sul tema della legalità, coinvolgendo insegnanti, associazioni, enti locali. Mi pare corrisponda, a grandi linee, a ciò che è stato realizzato a Castelnuovo l’altro giorno; gli studenti si sono resi parte attiva, promuovendo interviste e formulando domande. Il compito che è affidato oggi alla scuola – tra i primi, dal ministero stesso – non è più riconducibile ad insegnare le tabelline (ben vengano anch’esse, per carità!). Da questo punto di vista, gli insegnanti sono i primi a riconoscere che le richieste che a loro arrivano dalla società sono sovradimensionate, e vanno ben oltre il loro mestiere: educazione alla legalità, educazione alla salute, educazione alla costituzione e alla convivenza civile, educazione alimentare, educazione ambientale e allo sviluppo sostenibile… Tutto ciò che la società non riesce più a trasmettere in forma di valori condivisi, viene demandato alla scuola. Gli insegnanti (pur senza supplenti, poiché non ci sono più soldi) suppliscono ad un compito che spetterebbe ad altre agenzie educative (come si suol dire oggi). Non me ne sorprendo, visto il livello infimo, ormai, dei messaggi che arrivano ai ragazzi da parte dei mass media, e visto anche il debole esempio di rettitudine, correttezza e moralità che arriva da molti adulti e da molti tra chi, in particolare, dovrebbe rappresentarci in base ad un mandato esplicitamente conferito (politici e amministratori, pagati con i soldi prelevati dalle nostre tasche). Personalmente, farei molto volentieri ‘solo’ l’insegnante. Credo però che sarebbe di molto aiuto, agli insegnanti che vogliono solo insegnare, che i politici si comportassero onorevolmente, i genitori responsabilmente, i giornalisti correttamente, i dirigenti e gli imprenditori onestamente, e quant’altro necessario per avere una società che fosse d’esempio ai ragazzi.

    (Giorgio Bertani)

  2. Fare gli insegnanti?
    Sarei curiosa di sapere che cosa vuol dire per l’autore del commento precedente fare l’insegnante. A me pare che l’articolo scritto dal prof sia insegnamento in atto, far leggere testi (gli insegnanti delle elementari aggiungerebbero “argomentativi”) e portare i ragazzi a discuterli con l’autore, per di più su temi fondamentali del presente, sia vera scuola. Scomoda certo per sedie e poltrone.

    (Commento firmato)

  3. Abbiamo diritto di parola?
    A Fabio Bizzarri. Gli insegnanti secondo lei hanno diritto di esprimere le proprie idee o devono soltanto ascoltare senza reagire ogni sorta di insulto e denigrazione del loro lavoro? Oltre che insegnanti, siamo cittadini.

    (Cleonice, Maria, Gabriella)

  4. Diritto di parola
    Il diritto di esprimere la propria opinione lo considero inalienabile. Prima ancora però questo deve essere sottoposto al dovere che ha ogni insegnante di seguire il programma scolastico, in secondo luogo nella scuola pubblica non devono inserirsi (in qualsiasi forma) ideali politici. Se uno vuole fare politica va poi alle scuole di partito. In secondo luogo ogni volta che parla Filippi viene coperto di insulti e consigliato di farsi gli affari propri, ognuno in appello del proprio diritto di opinione. Stessa cosa faccio io in relazione all’articolo pubblicato dal prof in questione. Concludo dicendo che se si vuole creare una generazione di cervelli pensanti e autocritici, sarebbe meglio che questi professori (ce ne sono tanti che svolgono diligentemente il proprio mestiere) pensassero a seguire di più i programmi ministeriali e a non perdersi in uscite per commemorazioni e altre faccende che non riguardano la scuola. Le opinioni si creano con persone che sanno ragionare e non portando i ragazzi a teatro…

    (Fabio Bizzarri)

  5. Ricordo
    Ricordo con piacere quando, qualche anno fa, sono stato eletto rappresentante degli studenti al Cattaneo-Dall’Aglio.
    Ricordo con piacere i colloqui in vicepresidenza con la Gabriella, che aveva sulla scrivania un “giornale” chiamato Falce e Martello.
    Ricordo con piacere le passionali discussioni con gli altri studenti e con il preside di allora, che non era la Bacci.
    Esperienza bellissima, che mi ha insegnato tanto, che ha fatto capire a me, che, come un toro, quando vedevo rosso mi infervoravo come fossi in una crociata, che una discussione con persone intelligenti, anche di pareri diversi dai miei, possa darmi tanto.
    Ricordo con immenso dispiacere, invece, l’interrogatorio (passibile di reato!) che noi rappresentanti abbiamo subito durante un’ispezione del ministero avvenuta dopo una segnalazione del buon Filippi dopo che un banchetto con gadgets “comunisti” era stato improvvisato davanti alla palestra della scuola durante un’assemblea.
    Il Cattaneo-Dall’Aglio è una scuola seria, fatta di persone competenti e intelligenti che non cercano di educare secondo dettami “rossi” ma che provano a far crescere la coscienza di cittadino negli studenti.
    Fulgido esempio è stata la grandissima Anna Curini, il cui ricordo riempie i cuori di coloro che ne hanno conosciuto l’immensa grandezza intellettuale.

    (Alessio Zanni)


  6. Un operaio sta lavorando tranquillamente lungo la strada. Passa di lì un tizio che comincia ad offenderlo e ad accusarlo di essere lì per scippare le vecchiette. L’operaio gli spiega che non è così, che si sta sbagliando, e cerca di argomentare la risposta pazientemente, come si fa coi bambini un po’ ritardati. Il tizio, in tutta risposta, comincia a malmenarlo. Nel frattempo passa di lì un altro signore un po’ “bizzarro”. Ha visto e ascoltato ogni cosa ma, col piglio dottorale di chi la sa lunga, confeziona un bel predicozzo sulla pubblica moralità, deplorando severamente l’atteggiamento dell’operaio che cercava addirittura di parare i colpi.E non siamo su “Scherzi a parte”…

    (Commento firmato)

  7. Risposta al bizzarro Fabio
    Secondo me, invece, le opinioni si creano anche portando i ragazzi a teatro. Non trovo motivo per cui dobbiamo (sono una studentessa di questo istituto..) essere espropriati del diritto all’informazione ed alla conoscenza attraverso mezzi alternativi alle lezioni o ai libri. Inoltre la vita e la cultura non si imparano soltanto a scuola e, in una società così disinformata (o mal…) e priva di valori, credo sia non soltanto utile ma necessario partecipare a commemorazioni e come le chiama lei “altre faccende” che ci vengono proposte. Sempre meglio conoscere che ignorare. Concludo, quindi, la risposta con la mia idea: le opinioni si creano con persone che sanno ragionare (fin qui siamo d’accordo) ma perchè trattate da tali e messe a contatto con il sapere in tutti i campi, anche il teatro: simbolo di incontro, scambio e cultura.

    (Giulia Bedini)

  8. Nessun libro può insegnare la vita
    Essendo anche io come Giulia una studentessa dell’istituto, mi sento quasi in dovere di lasciare un commento. Voglio prima di tutto smentire queste voci (puramente false) per cui si dice che noi studenti siamo costretti a subire lavaggi di cervello da parte di professori antiberlusconiani. I nostri professori non ci impongono proprio niente. Mai le nostre orecchie hanno udito frasi contro un politico di destra, di sinistra o di centro. In secondo luogo ci tenevo a ribadire che nessun libro può insegnarci la vita. Rimanere chiusi nelle scuole leggendo capitoli e capitoli di storia non servirà a far di noi persone sicure di sè. Questi incontri (incontri, non spettacoli!), come quelli con Roccuzzo, invece, ci insegnano cosa ci aspetta una volta usciti dalle mura della scuola. Impariamo, così, a mettere in pratica tutto ciò che i nostri professori e i nostri numerosi libri ci insegnano. I libri non servono a niente se poi non si mette in atto ciò che si è studiato. Ripetere a memoria è facile, applicarsi è più difficile e i nostri professori ci aiutano a non “imparare a memoria” le frasi fatte della vita.

    (Linda Parmeggiani)