Sono passate due settimane dalla prima operazione della piccola María Elizabeth. Due settimane di grande apprensione e preoccupazione, di vicinanza con lei e con la sua famiglia, di attenzione costante alle indicazioni dei medici, affidandoci sempre al Signore della vita.
Ieri sera sono riuscito a parlare a fondo con il medico chirurgo: era contento dei risultati ottenuti. Avevano appena fatto una ecografia del cuore che rivelava un notevole miglioramento delle funzioni generali. E’ stato tolto definitivamente il respiratore artificiale; sono state ridotte le medicine di controllo; l’alimentazione è per via orale. Resta solo il delicato problema ai reni ora affidato alla sondina che le è stata posta martedì scorso. Lunedì la bimba uscirà dalla sala di terapia intensiva e sarà trasferita a una sala comune. Bene…
Dopo aver parlato con il chirurgo, sono andato a vedere la bimba. Rimango sempre sulla porta e la vedo solo attraverso i vetri. C’era la sua mamma con lei. La bimba muoveva le braccine e il suo volto era sorridente, il corpo finalmente libero da tanti tubi. Intuivo l’emozione della madre. Quando si è resa conto della mia presenza, si è avvicinata a me. Anche lei, per la prima volta, con il volto rilassato e sereno. Mi ha confessato emozionata che la figlioletta la riconosce. L’ho accarezzata: è una ragazzina, ha 15 anni! Poi sono andato di sopra a vedere l’altra bimba di Santa Cruz, Mía, che da due giorni è ricoverata e che oggi sarà sottoposta a una prima operazione al cuore. Da quanto mi ha detto il medico, il suo problema è meno delicato, ma l’operazione è necessaria ed urgente. Mi sono soffermato davanti alla porta della sua stanza. La bimba era sveglia e guardava attorno con due occhioni grandi. La mamma, invece, sdraiata sullo stesso letto, addormentata. Era la prima volta che vedevo Mía: una faccina rotondetta e pallida. Un attimo e poi sono tornato in silenzio a casa.
Nel tragitto in macchina ho avuto modo di pensare alla nostra storia e agli atteggiamenti che dovrebbero contraddistinguerci, soprattutto al fatto che, per prudenza e delicatezza, noi non entriamo nella stanza dove sono ricoverate queste bimbe in situazioni critiche di salute.
Noi rimaniamo sempre sulla soglia.
Da quella soglia che ci separa dai lettini delle bimbe cerchiamo di capire lo svolgersi di situazioni in cui ci siamo coinvolti, con tutte le complicazioni collegate.
Noi rimaniamo sempre sulla soglia… Forse non è una frase perfetta in italiano. Ma mi sembra una frase importante, che definisce perfettamente l’agire nostro, di noi che ci sentiamo parte o legati alla storia della Casa de los niños.
Rimanere sulla soglia significa non assumere il ruolo di protagonisti o di salvatori.
Significa coinvolgersi totalmente e allo stesso tempo mantenerci al margine di tante situazioni di dolore che contempliamo con preoccupazione attraverso i vetri delle sale di rianimazione.
Noi non siamo protagonisti: siamo semplicemente strumenti occasionali di speranza perché questa è l’impostazione, da sempre, della nostra storia.
Rimanere sull’uscio significa mantenere sempre il nostro cuore aperto, ma anche affidarci sempre a qualcuno che ha in mano la storia di ognuno di noi, e che ben conosce il bene per ciascuno di noi.
Noi accompagniamo, sogniamo, senza mai perdere l’illusione.
Così è stato all’inizio. Ben ricordiamo quando nell’aprile del 2006 andavamo in ospedale a visitare la piccola María René che stava lottando contro un virus che voleva strapparle la vita, lei che aveva appena compiuto i due anni. Non potevamo superare la soglia della sua stanzetta chiusa perché c’era il cartello che diceva: “Isolamento assoluto”. La potevamo vedere solo attraverso la porta a vetri. Ma attraverso quei vetri passava in silenzio il nostro affetto per lei e la nostra costante preghiera.
Credo che ci fa bene pensare che la nostra storia è sempre un rimanere sull’uscio.
Di là da quel uscio ci sono tante storie. Neanche farlo apposta, sempre ieri pomeriggio si sono affacciate a noi altre due storie complicate: un bimbo di tre anni che ha un tumore sul volto e che mandaremo al più presto in Argentina per essere operato. Una bimba che proprio oggi compie un anno e che ha bisogno pure lei di un’operazione al cuore. Siamo già d’accordo con i medici per trasferirla di ospedale.
Credo che se riusciamo a mantenere il nostro stile, riusciremo anche ad accompagnare queste altre due storie difficili e insieme riusciremo ad essere di sollievo anche per altre due famiglie.