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“Se non hai voglia di andare a scuola vai a lavorare!”

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Riceviamo e pubblichiamo.

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Se non hai voglia di andare a scuola vai a lavorare! No, non è lo sfogo di un genitore, è esattamente ciò che il governo sta facendo proponendo il decreto legge sull’apprendistato in discussione al Senato in queste settimane. Infatti se venisse approvata definitivamente una norma dell’art. 48 si cancellerebbe l’innalzamento dell’obbligo di istruzione a 16 anni per tornare alle norme precedenti, definite dalla legge Moratti: davvero un grande passo indietro!

Fu il governo Prodi nella Finanziaria 2007 ad innalzare l’obbligo a 16 anni e quindi, conseguentemente, l’accesso al lavoro da 15 a 16 anni. Così, mentre l’Unione Europea, gli ultimi studi OCSE e la Banca d’Italia lanciano dati allarmanti su un analfabetismo di ritorno e su inadeguatezze nella preparazione, nel nostro Paese sull’emergenza/urgenza di investire in istruzione quale risposta si da? Si riduce il tempo scuola, lasciando per più ore i ragazzi soli e proprio in Italia dove siamo lontani dagli obiettivi “di Lisbona” per numero di laureati e diplomati. Cosa si fa? Si rinuncia a questa sfida assecondando l’idea di un paese stanco e vecchio che non vuole provare a guardare al futuro.

Non c’è dubbio, abbiamo un problema serio di dispersione scolastica nel nostro paese. Sono stimati in circa 126 unità i giovani in Italia al di sotto dei 16 anni che non frequentano né la scuola, né la formazione. Inoltre emerge che le attività di formazione agli apprendisti in età minorile interessano solo il 20% dei giovani. E’ evidente dunque che non possiamo parlare di “formazione alternativa” in questo caso, ma di puro lavoro si tratta e se andiamo a vedere da vicino è quasi sempre lavoro non qualificato e non formativo.

Una cosa è certa. Non si contrasta la dispersione scolastica mandando i quindicenni a lavorare. Il Pd sta contestando fortemente questa scelta. E’ inaccettabile che invece di intensificare gli sforzi per collegare la fase educativa alla formazione e mettere in grado i ragazzi italiani di poter compete ad armi pari con i loro coetanei nel resto del mondo, si sia deciso di rinunciare. Oggi sono quasi 150mila i ragazzi che accedono alla formazione professionale, cinque volte il dato del 2003 che era di soli 30 mila ragazzi.

Nelle regioni in cui si è maggiormente investito in formazioni, con un sistema strutturato, con nuovi progetti, risorse dedicate, i numeri della dispersione sono crollati. Il governo sta facendo l’esatto contrario, nelle priorità dei tagli indiscriminati c’è il settore educativo a partire dai trasferimenti alle Regioni di oltre 40 milioni di euro per la formazione sia nel 2009 che nel 2010.

Siamo alle solite. Si predica bene e si razzola male. Da un lato viene evocato il problema della dispersione, e nella realtà si sta operando per ampliarlo. Si dichiarano intenti per i giovani di moderne competitività, in realtà si torna indietro in soluzioni arretrate.

(Sen. Leana Pignedoli)

11 COMMENTS

  1. Sarà proprio così
    Forse la senatrice Pignedoli ha ragione. Forse sarà un tornare indietro rispetto alle scelte del precedente governo. Forse avremo meno studenti che “vengono dolcemente accompagnati” alla maturità. Ma forse le cose stanno in modo diverso. Non credo che il problema italiano sia quello del NUMERO di laureati o il NUMERO di diplomati, ma la QUALITA’ degli stessi. In Italia, forse da troppo tempo, si è pensato che studiare sia solo un DIRITTO dei nostri figli. NO!!!! E’ soprattutto un DOVERE!!! In Italia abbiamo le peggiori università europee ma il problema non è il numero di iscritti a queste università, che è SPROPORZIONATO in percentuale al numero dei cittadini rispetto alle percentuali europee. No: il problema è la scarsissima qualità di insegnamento che viene data ai ragazzi i quali arrivano sino al diploma, ma come ci arrivano è un altro discorso. La senatrice non ci dice che oltre il 65% dei maturandi non superà la media del 50 in valutazione, e questo in un normalissimo paese anglosassone starebbe a significare che il maturando NON E’ MATURO.
    La mia opinione è che dovremmo smetterla di pensare che lo studio sia un diritto e che l’importante sia prendere un pezzo di carta alla fine dei 5 anni per dire che, visto che sono diplomato, ho diritto ad un lavoro conseguentemente e proporzionalmente degno. Credo sia giusto procedere con una “scrematura” alla base, quindi al termine delle scuole medie, per capire chi ha le possibilità di diventare un domani un bravo dirigente, avvocato, medico, ecc. e chi invece sia più adatto a diventare un bravo dipendente, operaio, lavoratore autonomo, commerciante, ecc…
    Per fare un paragone forse non tanto forzato ma che la senatrice sicuramente apprezzerà: fino a non molto tempo fa si pensava che per il Parmigiano Reggiano contasse solo IL MARCHIO e non la qualità del prodotto e quindi si arrivava ad avere una sovrapproduzione rispetto alla richiesta. Ora pare si proceda verso il GIUSTO passato, quando le forme erano meno numerose ma di grande qualità. Facciamo la stessa cosa con la scuola. Creiamo sia dei bravi ragazzi per il mondo dirigenziale dei colletti bianchi sia dei bravi lavoratori per il mondo del lavoro manuale. Non è denigrante lavorare manualmente. Non si può altresì pretendere di dare una sistemazione a tutti i neodiplomati e neolaureati. Forse, e dico forse, ci sarebbe meno necessità di manodopera straniera e riusciremmo da dare una risposta alle necessità dei nostri ragazzi. Ma i primi che dovrebbero capire questo siamo NOI GENITORI. E forse è proprio questo il vero problema.

    (Fabio Mammi)


  2. E’ logico che questo governo faccia un passo indietro sul tema dell’educazione, visto che il suo consenso si basa sulla mancanza di conoscenza o sulla conoscenza artefatta delle persone, dalla Lega al Pdl, sfruttando la paura del diverso=razzismo e la paura del comunista. Hanno bisogno di un terreno fresco e con pochi neuroni funzionanti per attecchire!! Meglio anestetizzare questi cervelli con un po’ di calcio e un po’ di veline che dar loro la possibilità di ragionare con informazioni vere… E infatti anche la televisione o meglio l’informazione segue questa filosofia: non vengono più date le notizie crude, ma solo i commenti sulle notizie! Ultima cosa: è grazie al Pd, o alla sinistra, che abbiamo tutto questo, bastava una leggina sul conflitto d’interessi e ora non saremmo presi per i fondelli da tutto il mondo!! I vertici del Pd per riconquistare credibilità dovrebbero almeno ammettere lo sbaglio fatto o spiegarne le motivazioni!!!

    (Commento firmato)


  3. Concordo pienamente con Fabio Mammi. Il “commento firmato” è la esatta dimostrazione di quanto sia diventata carente la scuola dal famoso, o meglio famigerato, ’68 in poi. L’ideologizzazione marxista ha avuto ripercussione su ogni forma di autoritarismo, sulla cultura, ha preteso all’Università il 18 politico, ha preteso di presentare piani di studio oltremodo fantasiosi per cui ci si poteva laureare in lettere con 18 esami in geografia (questa laurea ha insegnato a Castelnovo, per fortuna ormai in pensione). E’ così che il tessuto sociale si è scollato e l’Università è arrivata allo sfacelo che sappiamo. Altro che necessità di cervelli anestetizzati da parte di questo governo! Altro che pochi neuroni funzionanti! Se c’è qualcuno che ha sempre tentato di livellare – non senza successo – sono stati e sono i regimi di sinistra, basti dire che tutti veneravano Stalin!!!!! Quanto alla paura del comunista, beh, questa ideologia del tutto utopistica e fallimentare è costata al mondo all’incirca 110 milioni di morti, livellati DEFINITIVAMENTE anche questi… Si potrebbero scrivere ancora molte cose, ma per ora basta così.
    Grazie per l’ospitalità.

    (Paola Agostini)

  4. Messaggio lungo
    Riflessione saggia, Leana, ma tu sei insegnante e montanara nel cuore! Certi tuoi colleghi dovrebbero semplicemente “imparare ad imparare”, “vedere l’uomo”. Ci sono scuole che insegnano anche qui in montagna, ma alcuni ordini mancano… fisicamente. Mancano i soldi, manca interesse. Non è un problema formale di identificazione o lotta, di maggioranza o minoranza: è un problema di -ismi, un problema ideocratico, un problema di teste! Io appoggio quelle pensanti, “montanare”, possibilmente senza cappelli ma con tanta umanità. Te l’ho detto l’altra sera e continuo a crederci: la sensibilità è innata ma si può e si deve coltivare, soprattutto a scuola, ricevendo da fuori partecipazione e interesse autentici. Diversamente si può solo confidare in qualche boccata di buon senso a scuola come in politica. Sono sicura che perdonerai questo mio “messaggio” da politicante! Bella la montagna ma bella anche Roma…
    Buon lavoro! Ciao.

    (Giovanna Guazzetti)

  5. Per la sig. Paola…
    Mica ho capito perchè mi attacca… Non ho parlato di Stalin, anzi critico la sinistra, ma nel suo intervento passo per comunista… Non è che per caso lei sia un poco vittima del servilismo difensivo di questo governo di cui ho parlato nel mio primo intervento??? Mai rispondere nel merito, ma attaccare ai fianchi…

    (Commento firmato)

  6. Quanta confusione! E che danni può provocare!
    Che la scuola e l’università abbiano mille, duemila problemi è conosciuto e risaputo. Sulle cause che li hanno provocati si potrebbe aprire una discussione davvero appassionante. Io, dopo decenni di esperienza vissuta, ho maturato la convinzione che la domanda fondamentale da cui partire sia: la scuola e l’università italiane sono capaci di insegnare? Se fossimo in grado di rispondere a questa domanda ed identificare le cause che portano a rispondere col no che cercherò di spiegare, potremmo evitare di sorbirci le solite, usuali, banali e mediocri affermazioni che troppo spesso prendono corpo nella nostra società come “se la sinistra ha commesso errori allora tutto ciò che fa la destra va bene” o viceversa, o come “tutti i mali della scuola sono colpa del ‘68” o, peggio ancora, come “non serve andare a scuola per far lavorare le braccia, per fare gli operai o i commercianti”. Affermazioni che, valutate alla luce della dinamicità delle società moderne e democratiche, rischiano di diventare vere corbellerie oscurantiste. Non ho avuto modo di vivere in prima persona il ’68 e non ho condiviso buona parte dei principi che lo hanno guidato. Ma se il ’68 è esploso qualche motivo storico e, soprattutto, sociale doveva pur esserci! Basta pensarci, senza troppi ghirigori intellettualistici, per capire che, avanti così, fra non molto ci ritroveremo nelle stesse condizioni presessantottine nelle quali chi vive bene vivrà sempre meglio e chi vive male sempre peggio.
    E’ miope, saccente ed arrogante risolvere il tutto con “Abbasso Lenin”, che condivido ma trovo ormai antistorico, o con “a lavorare chi non è abbastanza intelligente per andare a scuola” che non condivido ma trovo, purtroppo, attualissimo! Chiediamoci, piuttosto: se qualcuno (e non è stato un comunista!) ha pensato di rendere obbligatoria l’istruzione lo ha fatto per capriccio personale o perché ha capito che le società possono progredire solo con la conoscenza e che non basta il “sapere” di pochi? Chiediamoci piuttosto: l’analfabetismo è sempre uguale, qualunque sia la condizione sociale?; oggi saper leggere e scrivere è sufficiente (anche per fare “solo” il commerciante)?; quali sono le condizioni di istruzioni media ottimale che permettono alla nostra società di progredire? Davvero oggi, per fare solo un esempio, si può non imparare l’inglese, l’informatica o, ancor di più, il diritto? Uno stato che non se ne accorge o è miope o è in malafede (a proposito, le sbandierate “3i” della scuola, sulle quali fiumi di parole si sono spese in campagna elettorale, che fine hanno fatto?).
    Chiediamoci piuttosto: qualcuno è in grado di definire cos’è l’intelligenza?; qualcuno è in grado di insegnare utilizzando metodi e metodologie adeguate alle capacità di apprendere delle persone?; qualcuno ha introdotto veramente nella scuola metodologie didattiche degne di una società civile e moderna? Le risposte vere, concrete, reali sono: no, no e no!
    Chiedete a qualche operatore della scuola e dell’università quale sia la differenza fra capacità deduttiva e capacità induttiva dell’apprendere. E se trovate qualcuno che la conosce chiedetegli quali metodi applica per valorizzarle entrambe. Se vi va bene sentirete rispondervi: “I programmi non li faccio io”. Chiedete quanti fra gli insegnanti e docenti hanno avuto un’abilitazione pedagogica oltreché tecnica. Poi provate di assistere alle lezioni in un BTS francese per vedere come si insegna. L’istruzione, quella che istruisce prima di rilasciare un “pezzo di carta”, è prima di tutto un DOVERE primario dello Stato, poi un DIRITTO del cittadino che ha il DOVERE di impegnarsi ad apprendere. Ma noi dobbiamo smetterla, davvero, di schierarci a favore o contro, qualunque sia l’oggetto della discussione, a seconda se siamo di destra o di sinistra. Se questo è l’effetto del bipolarismo, basta bipolarismo. Perché così mandiamo all’ammasso la nostra capacità di ragionare e di intervenire sui problemi veri, anche quelli quotidiani (cosa che a diverse persone potrebbe persino fare comodo!). Perché così non diamo futuro nè a noi nè ai nostri figli!

    (Elio Peri)


  7. Quando parliamo di università e scuola mi sorgono degli interrogativi preoccupanti, molto preoccupanti. La riforma Gelmini ha tolto la geografia dalla scuole nautiche (ma come?), ha abbassato da 36 ore a 27 la settimana scolastica (falsità perché le lezioni saranno da 60 anziché 50 minuti) e ancora molte cose…
    I vari governi finora hanno sempre pensato all’università e alla scuola come due fabbriche di titoli di studio. Non importa come arrivano al diploma o alla laurea, l’importante è che ci arrivino. IMBARAZZANTE.
    Non avete ancora capito che non conta quante ore di lezione si fanno? Conta il modo in cui si fa lezione, se hai un professore capace che ti insegna… altro grande problema della scuola italiana.
    I tagli che il governo ha fatto non sono il buon modo per cominciare a fare la riforma scolastica, però se davvero vogliamo migliorare la scuola dobbiamo trovare un punto d’incontro tra le diverse forze politiche.
    Governo Berlusconi taglia sull’università? Sì, è vero, ma è anche il primo governo che ridà i finanziamenti sulla base dei dati sui laureati in corso e che trovano occupazione.
    I rettori di tutta Italia sono inferociti per i tagli, io vi porto i dati economici dell’Università di Modena e Reggio Emilia che è considerata ai vertici in Italia:
    * entrate: 134 milioni di euro;
    – 90 ricevuti dal MIUR (Ministero);
    – 27 tramite le rette (circa 1.000 € a studente;
    – 17 convenzioni private tra università e aziende locali;
    * uscite: 129 milioni di euro;
    – 76 per pagare i docenti;
    – spese varie se consideriamo il personale amministrativo, gli affitti, le bollette, i materiali e la ricerca.
    COM’E’ POSSIBILE CHE L’UNIVERSITA’ (QUALUNQUE) SPENDA LA META’ DELLE ENTRATE PER PAGARE I DOCENTI?

    (Luca Malvolti)

  8. Fini: la destra non capì il ’68
    La Destra non capì i giovani e si schierò con i baroni e i parrucconi. Anche io portavo i capelli lunghi. «Ci si emozionava sentendo Joan Baez, i Beatles, il nome dell’università di Berkeley, c’erano i figli dei fiori, il Piper, si portavano i capelli lunghi… E anche io me li lasciai crescere». Il meeting «Cambio di stagione, 1968-2008» si avviava senza scosse verso la fine, quando Gianfranco Fini è andato sul palco. Ha venato la voce di qualche nostalgia per i suoi sedici anni e ha detto che nel ’68 «la Destra perse una grande occasione». «Anziché capire le ragioni dei giovani — ha proseguito il presidente di An — la Destra difese l’esistente, si schierò con i baroni universitari, con i parrucconi». Brivido nella sala del Palazzo dei congressi all’Eur, dov’erano risuonati, per la mattina intera, toni duri contro ogni eredità del ’68. Senza sfumature erano state le parole di Josè Maria Aznar, già premier a Madrid, di Ferdinando Adornato, militante Pci, Forza Italia e ora Udc, organizzatore del convegno, di Pier Ferdinando Casini. «C’era un magma — dice Fini —. Il desiderio di una società migliore…». Da @CIl Corriere della Sera#C, 8.2.2008.

    (M.G.)


  9. Puro buon senso, direbbe Tex Willer, circa l’intervento del sig. Peri. Quando a quello della signora Agostini, mi sembra un tantino avulso. Cosa c’entrino nel discorso i 110 (cifra sempre variabile all’insù, tanto chi contabilizza?) milioni di morti fatti dal comunismo (che nessuno difende!!) è tema da indovinello. Come al solito ci si lascia trascinare nelle discussioni viziati da evidente pregiudizio (in questo caso quello politico). E come risultato la qualità delle riflessioni ne risente.
    Cordiali saluti.

    (Commento firmato)


  10. Un popolo senza cultura, un popolo senza formazione, è un popolo facile da governare. La scuola è un tema che non dovrebbe essere nè di destra nè di sinistra. La scuola è un diritto e un dovere. Se l’ipocrisia di talune persone porta a difendere a spada tratta le scelte sbagliate del governo sulla scuola, vuol dire che quelle persone non hanno interesse per il futuro dei propri figli, dei propri nipoti, della propria nazione.

    (Alessandro)


  11. Ho letto alcuni commenti che condivido in pieno ed altri che non riesco a capire; in ogni caso, provo a far risaltare quella che è la mia personale e piccola esperienza.
    Sto frequentando, da circa cinque mesi, il corso di laurea in storia presso la facoltà di lettere dell’università di Genova. In questi cinque mesi ho avuto modo di frequentare quattro diversi corsi per un totale di cinque professori. In tutta tranquillità posso dire di aver conosciuto raramente, nella mia vita, persone di così grande cultura e carisma. Se fallirò, in sostanza, sicuramente non potrò accusare i miei professori di avermi dato un cattivo insegnamento: al contrario, questi mi hanno fortemente stimolato a seguire le loro lezioni, nonostante il mio corso di laurea non contempli l’obbligo di frequenza. Ora, ho letto una domanda sul perché l’università spenda tanti soldi per pagare i suoi docenti. Personalmente, visto e considerato che la mole di cultura e di intelligenza necessarie per svolgere questa professione non sono francamente alla portata di chiunque, reputo corretto e meritocratico che una società civile retribuisca in modo adeguato quelli che sono tra i pilastri fondamentali della sua conservazione (che passa anche attraverso l’istruzione del singolo). Forse sono io ad essere strano, ma trovo molto più semplice scandalizzarmi per altre retribuzioni. Mi sembra assurdo, ad esempio, che squadre di energumeni sgrammaticati siano pagate milioni e milioni di euro (spesso nostri) per rincorrere e prendere a calci una palla. Mi sembra assurdo che “artisti” di dubbio valore ed utilità siano pagati migliaia di euro (nostri) per esibirsi dieci minuti sul palco dell’Ariston di Sanremo. Mi sembra assurdo che ogni anno si spendano milioni di euro (nostri) per le reclute ed i cadetti di esercito e marina; i quali, oltre a non dover pagare nulla per la loro preparazione, percepiscono uno stipendio e mangiano a spese dei cittadini. Mi sembra assurdo che si spendano cifre folli per l’allestimento di G8 (con soldi nostri) che riescono a risolvere solo i problemi di visibilità dei vari capi di stato; che si acquistino a prezzi improponibili stock di vaccini (con soldi nostri) che guariscono i dolori al portafoglio delle case farmaceutiche che li producono; che si paghi la Banca centrale europea per la stampa dei soldi (suoi) che ci presta in cambio di ricchezza (nostra) che non ritorna indietro; che si paghino politici di ogni sorta con soldi nostri che, però, aumentano loro.
    Ci sono tante retribuzioni assurde in Italia, la cultura e l’istruzione mi sembrano l’ultimo dei nostri problemi. In un paese sano non si taglierebbero mai questi campi, ma il nostro non è un paese sano.

    (Giuliano Gabrini)