Oggi non parlerò di usanze locali ma di una tradizione di un luogo lontano dal nostro territorio. È una parrocchia delle Marche, a pochi chilometri da Loreto. Spero sia una simpatica curiosità anche per i lettori e, soprattutto, un arricchimento.
Ci trovavamo a Loreto agli inizi di settembre di quest'anno ed avevamo in programma una capatina a trovare dei parenti a Montefano. Caso volle che la strada per Recanati-Montefano quel giorno fosse interrotta. Come alternativa restava solo la via lungo il Musone. E mi sovvenne un viaggio di sessantacinque anni fa, presso il santuario di Campocavallo che si trova su quella strada.
C'ero stato la prima volta da ragazzo, in una circostanza particolare. In occasione dell'Anno Santo 1950 i superiori del collegio ove studiavo decisero di portarci a Roma e di approfittarne per visitare altri santuari dell'Italia centrale. Al ritorno passammo di Todi ove si trova la tomba di San Filippo Benizi, il principale organizzatore dell'Ordine dei Servi di Maria alla sua origine. Ci recammo poi ad Assisi. E qui non credo occorrano motivazioni. Dopo scavalcammo l'Appennino e puntammo su Loreto. E questo per rinsaldare la devozione alla Madonna, prerogativa dell'Ordine fin dalla fondazione.
Terminata la visita alla Santa Casa ci fu una sorpresa. Dalla terrazza a nord del Santuario ci indicarono un puntino scuro nella vallata del Musone, la vallata che separa Loreto da Osimo e Castelfidardo. Insignificante per noi quel puntino circondato da alti alberi. Lungo il tragitto, mezz'ora circa, ci spiegarono il motivo della variazione: andavamo a visitare un santuario dedicato all'Addolorata, officiato dai nostri confratelli, due sacerdoti e un laico. Aveva uno strano nome: Campocavallo. Oggi il paese è un importante centro abitato con industrie, agricoltura fiorente, popolazione in aumento. Non era così sul finire del 1800.
Qui, intorno al 1890, il parroco don Sorbellini aveva esposto, nella cappellina che fungeva da chiesa parrocchiale, un quadro della Madonna Addolorata, esattamente la scena della Deposizione. Lo aveva comperato da un ambulante di passaggio. Le cronache del tempo ci dicono che il 16 giugno del 1892 l'immagine sudò lacrime. Il 17 dello stesso mese, sotto gli occhi di diversi e autorevoli testimoni, la Vergine mosse gli occhi, e il prodigio continuò per i dieci anni successivi. Accorsero pellegrini da tutta Italia e anche da fuori. Ciò indusse il parroco a costruire una chiesa capace di soddisfare le nuove esigenze. La costruzione fu affidata all'architetto Costantino Costantini nel 1893. Nel 1905 la chiesa era pronta, con una architettura particolare, caratteristica di questo tempio: un neorinascimentale di ispirazione lombarda. Nel 1913 fu terminato anche il campanile. Le parti ornamentali (fregi, capitelli, cornici, archi) sono in cotto. Dall'immediato dopoguerra fino al 2001 il Santuario fu retto dai Servi di Maria. Oggi sono i frati francescani dell'Immacolata ad officiarlo.
Tra le tante informazioni i superiori ci raccontarono anche di una usanza invalsa fin dal 1939: nella prima domenica di agosto si celebra la festa del Ringraziamento, qui nota come la Festa del Covo. Il grano è il prodotto che meglio di tutti rappresenta le fatiche del raccolto. Nel caso specifico indica anche quanto sia radicata la devozione mariana fra questo popolo.
Inizialmente gli agricoltori offrivano alla Madonna un vero covone di spighe. Poi quel covone venne sempre più elaborato fino a diventare un'opera d'arte. La festa prevede la processione per le vie del paese. Però non si porta il quadro di Maria ma il covo, che oggi è diventato un carro allegorico costruito con spighe di diverse tonalità, intrecciate e fissate ad una struttura portante in rete e listelli di legno. Fino agli anni '70 il covo rappresentava oggetti particolari della devozione popolare (Cuore di Maria, Calvario, Corona di Maria Regina, Ostensorio per il Congresso Eucaristico). Da un po' di tempo ha raggiunto dimensioni notevoli e rappresenta chiese monumentali di tutto il mondo (lo stesso Santuario di Campocavallo, S. Pietro in Vaticano, Il Sacro Cuore di Parigi, San Basilio di Mosca), o altri santuari mariani coi quali Campocavallo istituisce un rapporto di gemellaggio. Quest'anno è stato riprodotto il santuario di Medjugorie. Non potendo riprodurre qui molte foto per dare una idea concreta dell'opera che un covo esige, invitiamo i lettori a cercarle sul sito di Campocavallo, alla voce covo e Museo del Covo. Dopo la festa il covo resta esposto presso il Santuario per un paio di mesi.