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Alla fiera di San Michele

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Verino è orgoglioso della sua mucca.Qualcuno mi ha chiesto con insistenza: “Voi, da piccoli, cosa facevate per la fiera di San Michele?”

Purtroppo la mia risposta è deludente perché la prima volta che ho potuto presenziare aveva già dodici anni. Mi pare fosse la fiera del 1947. L’anno dopo entravo in Collegio e addio fiera!

I miei compagni di scuola e di giochi avevano avuto sorte migliore. Loro vi erano andati coi genitori qualche anno prima di me. E i loro racconti, mirati ad illustrare le bancarelle piene di giocattoli, mi riempivano di invidia.

Quando nonno ventilò l’idea di portarmi con sé in fiera non subodorai il motivo vero. Immaginarsi se mi arrischiavo a dire di no. Anch’io avrei potuto esporre una descrizione minuta dei tanti articoli esposti a fare gola ai bambini. La scuola allora iniziava in Ottobre, per cui avrei avuto tutto il tempo per elaborare le sensazioni e, magari, ingrandire un tantino il racconto in modo da creare quella invidiuzza che si radica così bene tra i ragazzi.

Ero invece stato ingaggiato per uno scopo ben preciso: stare di guardia alla manza che il nonno intendeva vendere fino a quando il contratto non fosse stato stipulato e la proprietà passasse ad altra persona. Tra l’altro non era neppure una bella giornata. Non pioveva, ma c’era nebbia e un’aria fredda che, a chi era costretto a stare fermo per tenere calma la manza e osservare il comportamento dei colleghi, penetrava nelle ossa e non era affatto gradevole.

Intanto il nonno gironzolava qua e là, attaccava bottone con questo e con quello, e di tanto in tanto ritornava con un ipotetico acquirente a vedere, palpare e valutare la manza.

Quella manza io l’avevo vista crescere, ci avevo anche giocato finché la sua mole me lo permetteva, e oggi la dovevo tenere buona per poi vederla scomparire dalla mia vita. Quando questi pensieri, come le nuvole, rabbuiavano i miei sentimenti, le facevo una carezza per tranquillizzarla e trasmetterle quel senso di rassegnazione che provavo io.

Finalmente arrivò il nonno che, coadiuvato da diversi bicchieri di Toscano all’osteria del Moro, aveva agganciato un acquirente interessato. Mio nonno in casa non era molto loquace. Perciò la sorpresa fu tanta quando iniziò a tessere gli elogi della manza. Quante doti e quali pregi avesse la manza non l’avevo neppure sospettato. In breve io ero rimasto di guardia ad un campione di bovino di razza svizzera, senza rendermi conto del valore di quel capo. Le lodi si accavallavano e non facevo in tempo a valutare se erano vere che già arrivava un’altra ondata di elogi per quella rarità di animale. A quell’essere io avevo dato da mangiare, lo avevo accarezzato, lo avevo provocato come sanno fare i bambini, e quel giorno gli avevo fatto la guardia per ore e ore. E non mi ero reso conto di quale tesoro avevo tra le mani: un condensato di tutte le qualità che una mucca, all’epoca, potesse avere. Bella esteticamente, brava da tiro, buona da latte, dolce di carattere! Potenza dell’oratoria! E anche sorpresa nello scoprire che il nonno, quando c’erano in ballo gli affari, ci sapeva davvero fare.

L’acquirente, con un gesto che intendeva essere magnanimo, estrasse dalle tasche alcune monete e me le allungò pronunciando la parola fatidica: “Bendîga!”. Significava che quella specie di elemosina era mia, esclusivamente mia. Nonno mi autorizzò a fare un giro in fiera, dandomi però appuntamento sotto l’orologio, nell’angolo della piazza, dove, a quel tempo, iniziava la strada per Vetto. Dovevamo riprendere il cammino prima che scendesse il buio.

Potevo, secondo voi, rientrare a casa senza un qualcosa che testimoniasse la mia presenza in fiera? Così, con quei pochi spiccioli, comperai alcune caramelle e una “castagnola”, un petardo che, lanciato con violenza per terra o contro un muro, produceva il rumore di uno sparo ravvicinato.

Ma la soddisfazione di produrre qualcosa di diverso è stata maggiore al momento di comperare la castagnola di quando l’ho lanciata contro il muro credendo di terrorizzare i miei fratellini.

 

 

 

3 COMMENTS

  1. La fiera a Castelnovo è da sempre un avvenimento tanto atteso da tutte le generazioni. Riunirsi in questi giorni di festa è da sempre un modo per ritrovare i ricordi degli anni innocenti. Da bimbo l’attesa della fiera era snervante perchè dava anche l’addio alle vacanze estive, le scuole, indistintamente, iniziavano il primo ottobre. Mi ricordo che con la mamma andavo da “Capanni”, drogheria e salumeria che sorgeva dove attualmente e ubicato il bar Torino, e lì accontentavo almeno gli occhi. Poi, come in una fiaba, appariva dietro al bancone “Marinel”, uomo di spicco nel locale,che in occasione della fiera con un gesto veloce mi riempiva le tasche di caramelle. Bei tempi, che vivo ora con nostalgia, ma si sa che la fiera, per i bimbi, anche se in modo diverso da allora, è sempre un’occasione di festa.

    (Alberto Boni)

    • Firma - alberto bni