Benvenuti alla puntata 82 di Let it rock!
Da questa settimana e fino a fine settembre Let it rock andrà in onda in formato "estivo", solo musica e niente chiacchiere!
Questa settimana mi permetto di proporvi tutti dischi di un anno per me molto importante, il 1980.
Basti dire che due dei miei tre dischi preferiti di sempre sono usciti in quell’anno: “The River” di Bruce Springsteen e “Remain in Light” dei Talking Heads.
Ancora ricordo una pagina di recensioni di un mensile musicale che allora acquistavo regolarmente, “Rockstar”, con nella stessa pagina questi due dischi e “Making movies” dei Dire Straits, altro disco che ho consumato all’epoca.
Il 1980 è stato un vero anno di confine tra il ‘classico’ suono dei 70 e i nuovi ritmi e suoni che prenderanno piede nel decennio appena iniziato.
Uscirono in quell’anno:
“The river” di Bruce Springsteen, l’ultimo disco legato alle sonorità dei successi dei 70, ovvero “Born to run” e “Darkness on the edge of town”; con “Nebraska” Bruce segnò un grande ritorno alla pura musica folk, e col successivo “Born in the USA” prese il volo per lo stardom.
“Scary monsters” di David Bowie, probabilmente l’ultimo grande album del Duca Bianco, e sicuramente l’ultimo ancorato alle sonorità della seconda metà dei 70;
“Hotter than July” di Stevie Wonder, certamente il suo ultimo grande disco, anche se (di poco) inferiore ai capolavori del decennio precedente.
“Closer” dei Joy Division, marcato dalla improvvisa morte del leader Ian Curtis, che segnò la fine del gruppo e la nascita, dalle sue ceneri, dei New Order.
“Back in black” degli AC/DC, primo disco senza Bon Scott e il loro più grande successo.
“Ready and willing” e il successivo “Live … in the heart of the city” dei Whitesnake
“Get happy” di Elvis Costello, il primo atto d’amore del cantante per il soul (soprattutto il Northern soul) dei 60s, rimarcato dalle covers di “I can’t stand up for falling down” di Sam & Dave e “I stand accused” di Tony Colton.
“Bass culture” di Linton Kwesi Johnson, che potremmo definire una sorta di Leonard Cohen giamaicano, per la sua continua commistione di poesia e musica, nel suo caso un puro reggae dub che si avvale della produzione del grande Dennis Bovell.
E fin qui siamo nel solco della continuità col decennio che si chiude.
Nello stesso anno escono però:
“Boys don’t cry” e “Seventeen seconds” dei Cure, il loro secondo e terzo album, che dimostrarono , insieme ai defunti Joy Division e ai loro eredi New Order, che la new wave dei 70 era ormai cresciuta e diventata ‘adulta’.
“Autoamerican” dei Blondie, in cui si trova “Rapture”, il primo singolo contenente un rap arrivato al n. 1 di Billboard (anche se questo successe nel 1981, dato che Rapture fu il secondo singolo ad essere estratto dall’album, dopo la cover di “The tide is high” dei Paragons.
Infine, “Remain in light” dei Talking Heads che ancora oggi suona provocatorio e fuori dal tempo come 35 anni fa, e per questo faccio fatica a inserirlo in una sequenza temporale, anche se è stato senza dubbio figlio di “Fear of music” del 1978, portando però le sue intuizioni a livelli mai più raggiunti da nessuno, oserei dire.
Ovviamente uscirono tantissimi altri dischi in quell’anno, ma per oggi mi fermo qua: buon ascolto!
Whitesnake - Fool for your loving (Live In The Heart of The City)
AC/DC - You shook me all night long
Bruce Springsteen - The price you pay
Talking Heads - Crosseyed and painless
Stevie Wonder - Happy birthday
Linton Kwesi Johnson - Street 66
Elvis costello & The Attractions - I can't stand up for falling down