Home Cronaca Acqua bene comune: se n’è parlato ieri in Consiglio provinciale

Acqua bene comune: se n’è parlato ieri in Consiglio provinciale

10
1

Si è svolta ieri in Provincia la seduta straordinaria del Consiglio provinciale dedicata al tema dell’acqua. Due i documenti messi in votazione. E’ stato approvato con 17 voti favorevoli (Pd e Italia dei valori) e 7 contrari (Pdl, Lega nord, Prc e Udc) un documento presentato da Pd e Italia dei valori nel quale si ribadisce che “l’acqua è un bene comune e un diritto umano, universale e inalienabile non assoggettabile a meccanismi di mercato”, si esprime preoccupazione per gli effetti del cosiddetto decreto-Ronchi” e si prevede un impegno, fra le altre cose, a sostenere la Regione Emilia-Romagna nel ricorso contro il provvedimento del governo; costituzionalizzare il diritto all’acqua riconoscendo nello Statuto della Provincia il “diritto umano all’acqua”, cioè l’accesso all’acqua come diritto umano, universale, indivisibile, inalienabile e lo ”status dell’acqua come bene pubblico”; promuovere l’utilizzo dell’acqua dell’acquedotto per usi idropotabili.

Respinto invece con 23 voti contrari (Pd, Italia dei valori, Pdl, Lega nord e Udc) e 1 voto favorevole del Prc un documento sottoscritto dal capogruppo di Rifondazione comunista Alberto Ferrigno, che aveva raccolto il testo avanzato dal comitato Acqua bene comune. Nel documento del Prc si sottolineava che “il Comune di Reggio avesse avallato la fusione Enìa-Iride, in cui è prevista la privatizzazione dei servizi e della gestione dell’acqua, privatizzazione che il governo sta accelerando”. Nel documento si chiedeva un impegno, fra le altre cose, a: “Dichiarare l’acqua un bene comune, essenziale ed insostituibile per la vita di ogni essere vivente; un diritto universale, inalienabile e indivisibile dell’uomo”; a “definire nello Statuto della Provincia il servizio idrico integrato un servizio pubblico locale privo di rilevanza economica” e a “promuovere in Provincia un dibattito pubblico finalizzato a rivedere il processo di privatizzazione in essere a seguito della fusione Enìa-Iride”.

Ilenia Malavasi, capogruppo del Pd
Siamo convinti che la proprietà debba rimanere pubblica. Il Servizio idrico integrato è un servizio di interesse collettivo e non può essere soggetto a privatizzazione. Siamo disposti a inserire questi principi nello Statuto della Provincia, attraverso modifiche a cui stiamo lavorando in sede di commissione consiliare competente. L’acqua è un diritto universale e inalienabile, è un bene comune e limitato, per cui occorrono tutti gli sforzi possibili per la sua conservazione e la sua accessibilità anche alle popolazioni più povere, entro il 2015 così come delineato dall’Unione europea. Ancora oggi ci sono 8 milioni di cittadini che non hanno accesso all’acqua potabile e 18 milioni che bevono acqua non depurata. Riforma dei servizi pubblici locali decreto Ronchi, blindato dal voto fiducia e impedendo così il confronto, porta alla privatizzazione dei servizi pubblici, acqua e rifiuti, mentre tale operazione non coinvolge il gas e l’energia elettrica. Riteniamo che sia stata violata ancora una volta l’autonomia locale, pertanto condividiamo il ricorso della Regione Emilia Romagna contro il decreto. Con questo processo gli enti locali si vedono costretti a vendere le proprie quote di partecipazione: questo non significa ‘aprire parzialmente ai privati’, ma è una vera e propria imposizione a vendere ciò che è proprietà pubblica. Manca inoltre uno strumento come può essere un’authority indipendente che possa garantire l’equità per i cittadini. Esprimiamo apprezzamento per gli sforzi dei comuni reggiani nell’ambito del servizio idrico integrato e per i 24 milioni di euro di investimenti dell’Ato per l’ammodernamento degli impianti di depurazione, a cui si devono aggiungere gli interventi per la realizzazione di nuove Case dell’acqua, la cui importanza, soprattutto per le famiglie in questo periodo di crisi, non va sottovalutata.

Emiliano Codeluppi, comitato Acqua bene comune
L’acqua è emblematica del rapporto degli individui con le risorse. La privatizzazione dei servizi idrici intrapresa dal decreto Ronchi, mentre molti paesi europei ne hanno affermato la gestione pubblica, diventa una questione sostanziale, perché la forma giuridica di un impresa ne definisce gli obiettivi, che nel caso di un impresa privata è il profitto. Chi afferma che non si privatizza l’acqua ma la sua gestione, fa mera propaganda. In realtà questa operazione potenzialmente è in grado di sconvolgere le esistenze degli individui. L’acqua è un bene comune e vitale, il suo settore è strategico. Alla privatizzazione dovrebbe corrispondere un adeguato controllo, che richiederebbe però meccanismi sofisticati e onerosi. Il servizio idrico rappresenta infatti un monopolio naturale, per cui se la proprietà privata le conseguenze diventano inevitabilmente gravi, soprattutto dal punto di vista sociale, in primis l’aumento generalizzato delle tariffe, che peraltro si cerca di vendere come una strategia per un uso parsimonioso della risorsa, cosa che non può accadere. Abbiamo depositato un ordine del giorno, volto a definire l’acqua un “bene privo di rilevanza economica”.

Paolo Roggero, consigliere provinciale della Lega nord
A proposito della famosa fusione Enìa-Iride, a cui la Lega nord si è opposta vivacemente, non sono questi i privati nell’ambito di una logica di mercato, così demonizzati dagli interventi di chi mi ha preceduto. Non sono questi i monopoli di gruppi privati? Noi della Lega nord siamo a favore dell’acqua pubblica, è evidente che si tratta di un bene primario che non può essere privatizzato. A questo proposito vorrei ricordare che grazie alla Lega nord le reti restano dei cittadini e i comuni se vorranno potranno continuare a gestire i servizi. L’intervento del governo di fatto serve a meglio tutelare l’attività delle aziende municipalizzate, promuovendo l’iniziativa privata affinché si possano alleggerire i costi per le pubbliche amministrazioni, tant’è che il soggetto privato deve partecipare ad una gara pubblica e vi è un tetto stabilito a questa partecipazione. La posizione della Lega è che quanto la gestione pubblica è efficiente non è da ritenere discorsiva delle dinamiche di mercato, perché l’importante è che il risultato, quindi tariffe favorevoli, sia a beneficio del cittadino. In sintesi, l’acqua è e resterà un bene inalienabile e di tutti, a partire da quanto viene demagogicamente affermato anche in funzione della campagna elettorale. Gli enti locali potranno scegliere di continuare a gestire il bene acqua in tre modi:
- attraverso un soggetto privato individuato nel mercato tramite gara pubblica;
- società mista pubblico-privato, individuando il privato anche qui attraverso gara pubblica;
- gestione diretta attraverso le cosidette “in house”, quando il contesto territoriale non consenta un’efficace ricorso al mercato.
Questo perché siano premiati i comuni virtuosi e non si lasci alcun margine di azione, laddove ad esempio si rischiano infiltrazioni malavitose

Fausto Giovanelli, presidente del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano
Ritengo che il tema a cui prestare attenzione sia quello del controllo pubblico, più che inquadrare la questione in una contrapposizione fra pubblico e privato. Il problema vero sia l’inserimento di una maggioranza privata, magari quotata in borsa, che difficilmente credo possa ben rispondere ad una gestione efficiente della risorsa in questione. L’acqua, proprio per sua natura, è strettamente legata ai singoli territori locali e ritengo che solo a questo livello possa davvero esserci una gestione efficiente. Diversamente l’affidamento su scala internazionale, che si tratti di municipalizzate o meno, diventa problematica. Francamente non è vero che l’acqua oggi è privatizzata, o almeno non ancora. E’ invece vero che non è previsto parallelamente un adeguato controllo pubblico. Controllo e ottimizzazione dei costi sono fondamentali, ma non sono sinonimi di privatizzazione. Forzare alla privatizzazione sarebbe sì turbativa del mercato. Quindi penso che l’obiettivo principale debba essere quello di garantire e rafforzare il controllo pubblico.

Alberto Ferrigno, capogruppo di Rifondazione comunista in Consiglio provinciale
Vediamo una parte politica che a parole si pronuncia a favore dell’acqua pubblica, negando quello che invece il provvedimento del Governo produce: la privatizzazione dell’acqua. Contrapporsi a questa operazione non rappresenta una battaglia di natura ideologica, ma è evidente che la gestione di un privato non può essere volta al bene collettivo, ma ad un interesse privato, dovendo produrre utili. Se si spendono parole egregie per il lavoro di quella che era Agac, perché il governo impone la privatizzazione? Perché poi, passando poi alla fusione di Enìa con Iride, a nessuno è stata data la possibilità di intervenire o conoscere i fatti. Nessuno ha nemmeno risposto alla richiesta fatta dai sindacati di un incontro, rivolta ai sindaci Delrio, Chiamparino e Vincenzi. Si tratta di un’operazione di cui nessuno conosce nulla e crea un vuoto intorno a questa operazione che andrebbe colmato. Non comprendo a questo proposito la posizione del Pd che ha di fatto permesso una quotazione in borsa di Enìa senza alcuna garanzia di una maggioranza pubblica, visto che lo Statuto non prevede il vincolo del 50 per cento. Così anche il Pd ha avallato la privatizzazione dell’azienda e non capisco come tale operazione si possa conciliare con l’avversione espressa in quest’aula al decreto Ronchi. Adesso questo provvedimento del governo - oltre a ricalcare un percorso che fa mettere le mani privati sulle aziende che finora erano municipalizzare - va a penalizzare ulteriormente la situazione dei lavoratori delle aziende in questione.

Emerenzio Barbieri, parlamentare del Pdl
Vorrei ricorda che con l’articolo 15 del Decreto Ronchi si è voluto dare esecuzione a diverse sentenze della Corte di giustizia europea, che ha sancito l’obbligatorietà anche per l’Italia di ricorrere alle gare pubbliche per l’affidamento della gestione dei servizi pubblici. Vorrei anche ricordare: lo stato di degrado in cui versano gli impanti di depurazione in Italia; l’assenza di metodi comuni di tariffazione; criteri delle nomine per la gestione delle municipalizzate alquanto discutibili. In questo quadro dobbiamo chiederci se può la privatizzazione migliorare l’efficienza del sistema? Ritengo che l’acqua sia un bene importante e necessario alla vita dell’uomo, per questo erogato nel migliore dei modi e a costi accessibili. Ma questo non si può tradurre in una gestione per forza pubblica.

Maino Marchi, parlamentare del Pd
Quello è avvenuto è stato alla faccia del federalismo, perché in questo modo Roma decide tutto, in primis si impone la privatizzazione ai comuni, definendo le quote di pubblico e privato e perfino i tempi in cui realizzare questo percorso. Questo significa una vera e propria svendita del patrimonio pubblico locale, visto che si parla di una cessione pari al 70 per cento entro pochi anni. Questa è una privatizzazione senza concorrenza, soprattutto senza che prima si sia fatta la liberalizzazione, con il rischio di passare così da monopoli pubblici a monopoli privati. Non esiste poi alcun filo rosso tra lo statuto di Enia-Iride e questo decreto. Alla Lega - che ha votato il provvedimento pensando di disfarsene al momento dell’attuazione - vorrei dire che il cosiddetto “in house” non rappresenta una soluzione, visto che è previsto, ma solo in deroga. Pertanto, occorre affermare alcuni principi imprescindibili, fra cui la costituzione di un’autorità indipendente a tutela dell’interesse pubblico.

Mario Poli, capogruppo dell’Udc in Consiglio provinciale
Le privatizzazione che finora sono state fatte e le gestioni da parte delle multi-utility hanno deluso le aspettative di convenienza da parte dei cittadini. Da questa riflessione bisogna partire ed evitare derive estremiste e politicamente poco coerenti, volte da un lato a voler riportare tutto in mano pubblico e, dall’altro lato, orientate al libero mercato. Ritengo che sarebbe più corretto domandarsi se effettivamente di fronte ad una società per azioni che agisse eventualmente in contrasto con gli interessi del territorio, i cittadini e le istituzioni non possano fare nulla. Non credo sia così, perciò non valuterei l’intervento privato in maniera drastica, non ritengo corretta una posizione contro a priori, perché ad esempio la concorrenza nel settore della telefonia ha portato enormi benefici ai cittadini. Abbiamo però fatto bene a non votare il provvedimento del governo, proprio perché non affronta un punto importante, non prevedendo una figura terza di controllo del settore.

Emanuele Magnani, capogruppo dell’Italia dei valori in Consiglio provinciale
Ribadiamo qui il “no” deciso alle iniziative attuate dal governo Berlusconi. Sosteniamo infatti che i servizi debbano rimanere in mano pubblica, senza se e senza ma. Non è possibile che multinazionali, addirittura quotate in borsa, possano decidere il destino dei cittadini. Perché è vero che l'acqua è un bene comune, ma "chi ha in mano i rubinetti decide se puoi bere o no". Vorrei ricordare come l’Italia sia peraltro in controtendenza con le azioni intraprese da molti paesi europei avanzati e come la mafia nasca proprio dal controllo di questa risorsa, che nel Sud è resa ancor più preziosa dalla peculiarità del territorio e dalle condizioni climatiche. Ribadiamo quindi per l'ennesima volta tutta la nostra contrarietà alla privatizzazione e alla politica portata avanti dal governo. Se andiamo avanti così si arriverà anche alla “tassa sull’aria”. Saremo inoltre promotori dei referendum popolari per l'abrogazione delle norme sul servizio idrico e anche sul nucleare.

Giuseppe Pagliani, capogruppo del Pdl in Consiglio provinciale
Nessuno pensa che si possa concentrare nelle mani private di qualcuno un bene prezioso come l’acqua, per cui la discussione andrebbe riportata sul reale oggetto del contendere. Innanzitutto, se di bene prezioso si tratta, la prima preoccupazione dovrebbe essere l’azzeramento degli sprechi e l’educazione ad un corretto utilizzo della risorsa. Il provvedimento di governo infatti non può incidere in maniera negativa, perché la previsione di un bando garantisce la rispondenza delle operazioni alle esigenze delle singole comunità. La nostra provincia in particolare, si caratterizza per un deficit idrico proprio laddove il prodotto principe della nostra filiera agroalimentare, il Parmigiano Reggiano, ha la sua culla, cioè la Val d’Enza. Le acque irrigue sono infatti direttamente collegate alla produzione agricola, peraltro fortemente in crisi: perché non costruire finalmente gli invasi necessari lungo il fiume Enza? Oggi in quella zona il problema della carenza di acqua si risolve pompando acqua del Po, con costi ambientali ed energetici spaventosi. Non si può affermare in maniera solo ideologica di essere dalla parte “dell’acqua” e non considerare queste questioni pratiche che interessano il nostro territorio.

Nel corso del dibattito sono inoltre intervenuti:
Romano Albertini, consigliere della Lega nord
Guido Ligabue, consigliere del Pd
Daniele Castagnetti, Lista sinistra Gattatico
Marino Zani, presidente della Bonifica Emilia Centrale
Antonio Senza, responsabile Ambiente e Territorio della Cia (Confederazione
italiana agricoltori
Davide Acerbi, consigliere comunale di Sant’Ilario
Tommaso Dotti, presidente del comitato Acqua Bene comune
Stefano Setti, consigliere comunale di Quattro Castella
Gianluca Sassi, Gruppo Val d'Enza
Giorgio Riccò, Gruppo Val d'Enza

1 COMMENT

  1. Acqua bene comune (finchè c’è)
    Andando oltre all’ovvio, e cioè che l’acqua è un bene comune e tale deve rimanere, il problema è proprio: deve RIMANERE. E’ da poco che risiedo in Appennino e faccio ammenda se quello che sto per dire non dovesse corrispondere a verità. Mi risulta che ogni pioggia, ogni nevicata, in poco tempo o in un periodo un poco più lungo vada inesorabilmente a valle; è nella legge della natura, daltronde. Passando per fiumi, fossi o canaletti vari quasi inosservata arriva al Po. Noi uomini evoluti ed istruiti al momento del bisogno attiviamo un sistema contorto, complicato e costoso e la riportiamo nelle campagne dove lei, quasi inosservata, poco tempo prima è passata in senso contrario. Penso che nessun politico o amministratore con responsabilità sulle acque si chiami LEONARDO, ma credo pure non sia il caso di scomodare tale personaggio per capire che è ora di fare invasi di acqua pulita, regimentarli a dovere attraverso dighe (si controllerebbe anche l’afflusso delle acque nei fiumi e in caso di piene si potrebbe intervenire a favore delle persone e del territorio) e lasciare nel PO quel liquido, che ancora ci si ostina a chiamare acqua.

    (Ivan Scaltriti)