Riceviamo e pubblichiamo.
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E’ sbagliato pensare che soltanto il rispetto delle regole stradali può garantire un’ottimale conduzione dei veicoli. Spesso, infatti, intervengono anche fattori prettamente soggettivi, a seguito dei quali nascono anche forti difficoltà capaci di tramutarsi in eventi infortunistici.
In questo senso, giocano un ruolo importantissimo le emozioni e tra queste quella di maggiore rilievo è rappresentata dalla rabbia. Basti pensare che già dieci anni fa, un’indagine effettuata dall’associazione inglese degli automobilisti, aveva messo in risalto come il 90 per cento dei conducenti intervistati avesse chiaramente confessato di essersi “arrabbiato” più di una volta alla guida della propria auto. Motivo di tale risentimento il verificarsi di episodi più o meno gravi legati ad altri conducenti o per il semplice fatto che ne veniva giudicata inappropriata la guida.
In Italia non esistono indagini di questo tipo, ma l’aggressività stradale è certamente la causa di un alto numero di incidenti stradali, almeno a giudicare da quelli dove la genesi dell’evento si verifica senza particolari violazioni al codice stradale. La psicologia viene poi in aiuto a questa tesi dimostrando come giocano un ruolo particolare le differenze di età, sesso, livello culturale e quant’altro sia di esclusivo appannaggio del soggetto.
La letteratura moderna che si occupa della materia, invece, indica tre tipi di comportamenti che possono provocare una maggiore aggressività stradale: quelli che vengono definiti di “ostilità”, quelli legati alle frustrazioni dovute al traffico ed infine quelli relativi ai comportamenti temerari di altri automobilisti.
Per quanto riguarda l’ostilità, questa è direttamente proporzionale al livello di privazione di un presunto o concreto diritto, come ad esempio avviene quando si attende che una vettura liberi il posto di un parcheggio e contemporaneamente un terzo veicolo se ne appropri improvvisamente eludendo chi aspettava diligentemente.
La seconda tipologia di comportamenti che provocano rabbia, invece, dipende dalle frustrazioni che nascono soprattutto per via della congestione del traffico: bloccati in coda, marciando lenti a causa del veicolo che precede, fermi per un tempo relativamente lungo ad un passaggio a livello, insofferenti per la tardiva manovra di un altro automobilista, sono soltanto alcuni degli episodi più frequenti che destano reazioni talvolta sproporzionate.
Il terzo tipo di comportamento rabbioso, infine, nasce dalla cosiddetta guida temeraria e la conseguente violazione delle norme stradali di prudenza da parte di un altro conducente (cd antagonista). Nasce così una sorta di reciproca sfida fra gli stessi o quantomeno un atteggiamento che intende “educare” il soggetto aggressivo, ma altro non fa che aumentarne l’imprudenza ed il mancato rispetto.
Non bisogna comunque trascurare le componenti individuali che influiscono sull’aggressività nella guida, come capita alle persone maggiormente impulsive o ansiose per natura, che interpretano taluni comportamenti come vere e proprie sfide o atti ostili rivolti a se ed agli altri.
Unico dato nazionale che ci può venire in aiuto è uno studio compiuto qualche anno fa all’Università di Torino – Dipartimento di Psicologia applicata, secondo il quale sono soprattutto i giovani ed in particolare i neopatentati ad esser maggiormente esposti a questo tipo di comportamenti. Pare, infatti, che i conducenti più “esperti” siano già abituati a situazioni di conflittualità stradale e dunque non perdano tempo in inutili atteggiamenti eccezion fatta per qualche rimprovero. Allo stesso modo, l’indagine rivela come siano soprattutto gli uomini, rispetto alle donne, ad avere atteggiamenti ostili e violenti e ciò per una presunta e maggiore confidenza con il veicolo a motore. Roba da uomini, tanto per intenderci…!
Curioso è anche lo studio effettuato da David Shinar e Richard Compton sulle probabilità dei comportamenti aggressivi che si è svolto nella città di Tel Aviv: furono osservate 7.200 persone (75% di sesso maschile) e venne misurata l’aggressività nell’uso sconsiderato del clacson e nel sorpasso azzardato.
Ebbene, il risultato finale mise in mostra come l’86 per cento dei soggetti si era lasciato andare ad almeno un episodio di aggressività, mentre la percentuale diminuiva notevolmente se a bordo dell’auto vi era almeno un passeggero. Nei veicoli utilizzati per il “car-pooling” (auto di gruppo), non venne rilevato alcun particolare fatto.
Rimedi per contrastare l’aggressività stradale, naturalmente, non sono stati codificati, anche se vi sono consigli pratici che possono venire in forte aiuto: ridurre la guida di un auto nelle situazioni critiche (ore di punta, giornate di esodo vacanziero, ecc…) e la ricerca di un maggiore autocontrollo che si lega all’incremento della propria stima possono essere di vero auspicio. Se a questo si affianca lo svolgimento di corsi di aggiornamento sul codice stradale (e per la prevenzione degli incidenti stradali) da realizzarsi all’interno delle autoscuole, si potrebbe per davvero cominciare a parlare di vera e propria prevenzione all’aggressività stradale.
Tuttavia, molto è rappresentato anche dal significato che ciascuno rivolge alla propria auto: da quanti si sentono “cavalieri” indomiti che contrastano i draghi del traffico, a quanti amano mostrare i “cavalli” di potenza, a coloro che - anche per poche centinaia di metri - non possono e non vogliono rinunciare all’uso della vettura. In questo senso bisognerebbe riscoprire una diversa e più sostenibile mobilità, che garantirebbe anche un maggiore rispetto tra le persone oltre che per se stessi.
(Roberto Rocchi, Ispettore Superiore della Polizia Stradale e componente della Consulta Nazionale Sicurezza Stradale presso il CNEL di Roma)